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Racconti sulla pace

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Relax

Le due del pomeriggio.
Il sole brucia sulla pelle, ma ti piace.
Era parecchio che aspettavi di sentire il caldo irradiarsi dalla pelle ai muscoli, alle ossa, alla mente.
Le mattonelle di porfido che pavimentano la piazza aumentano questa piacevole sensazione, aiutata dai pantaloncini corti di lino turchese, la canotta bianca, e gli infradito a fiori, bianchi e turchesi. Seduta sul bordo del marciapiede, usando le ginocchia per appoggiare i gomiti, lasci ciondolare gli occhiali da sole che hai appena tolto, e ti guardi attorno, con tranquilla curiosità. Un turista straniero cerca di farsi spiegare la strada da un barista svogliato, una ragazza s'impegna a far sì che il gelato, sciogliendosi, non finisca tutto per terra. Una cascata di gerani inonda il muro dalla finestra di un palazzo centenario, quasi a cercare di mitigare la boriosa austerità dei mattoni scuri, che sembrano voler dire "ne abbiamo visto di cose noi, che voi non potete nemmeno immaginare" Allunghi le gambe e appoggiandoti all'indietro sulle mani, offri il viso ai raggi di quel sole che ami. Una gatta esce da uno dei vicoli stretti e scuri che sbucano sulla piazza e si avvicina, prima annusandoti guardinga, poi, dopo averti strofinato addosso il suo profumo, sale con un agile salto sulla panchina di pietra al tuo fianco e cominciare a lavarsi. Con gli occhi chiusi, lasci che i pensieri si muovano, lentamente, dolcemente, per non disturbare questo tuo momento di tranquillità, ne scacci uno troppo pesante e chiassoso, e sorridi ad uno che ti solletica la mente, dolcemente provocatorio e malizioso. La piazza ricomincia a svegliarsi, dopo la siesta pomeridiana di chi non sopporta il caldo, di chi segue quasi maniacalmente i consigli che la tv propina da giorni per difenderci dal caldo torrido ( dicono loro) che, quasi a voler stravolgere le abitudini climatiche di questo pianeta (guai a stravolgere le abitudini, poi diventano tutti nervosi e non sanno più come fare..) è scoppiato inaspettatam

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Il lumino 3

Lo portò fino a casa quel piccolo e ostinato riverbero di luce.
Aveva superato indenne la salita sul pullman, il breve viaggio, e anche il vento gelido e insistente che da sempre soffia sull'ultimo tratto di strada che era costretto a fare a piedi: uno sterrato, un po' scosceso dal piano leggermente conico e con parecchie buche che lui oramai conosceva a memoria e che paradossalmente, contandole, lo aiutavano a trovare il passo che lo portava fino al cancello della sua abitazione.
Riuscì a difenderlo perfino dalle manifestazioni festose e un po' troppo esuberanti dei suoi due cani e dall'ultima, tremenda raffica di vento prima di chiudere il portone di casa.
Strada facendo si era quasi affezionato a quel cero tanto dal pensare di affidargli l'unica cosa a cui teneva veramente : la vicinanza dei suoi figli.
Questo pensava seduto davanti al crocefisso, a quanto gli mancava la sua famiglia e in qualche maniera quel Rossi glielo aveva ricordato amplificando il rumore della sua solitudine.


" È un ragazzo difficile e imprevedibile, ha superato le medie con difficoltà proprio per la sua vena da ribelle. Voglio che studi, che non resti uno zuccone! Te lo affido Valerio... te lo chiedo in nome della nostra amicizia."
Entrando in classe lo riconobbe subito il figlio del suo amico, non tanto per la straordinaria rassomiglianza, quanto per lo sguardo attento e aperto proprio del padre, capace di carpire con guizzi di acume ogni minimo movimento degno di nota.
Perché così era Giannetto: silenzioso e sempre presente anche troppo alle volte tanto che la sua vicinanza poteva sembrare per alcuni versi perfino appiccicosa.
Si era trasferito con sua madre al suo paese da poco tempo, il papà era altrove, non capì mai bene dove e proprio per questo nutriva quasi un senso di protezione verso quel bambino più piccolo di lui e questo Giannetto lo aveva intuito da subito, perché gli stava sempre alle costole e quando lo scacciava pe

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   2 commenti     di: loretta zoppi


Una giornata di relax

Il lago di Castello, uno specchio d’acqua dolce, azzurro intenso, come il cielo che vi si riflette.
Odo le voci allegre dei bambini che giocano nell’acqua schizzandosi.
Chiudo gli occhi e dopo qualche minuto la mia mente si rilassa, allontanando ogni preoccupazione.
Non c’è più nessuno, ci sono solo io e il lago, mio dolce amico.
Il rumore dell’acqua sul bagnasciuga è musica per le mie orecchie.
Distesa sul lettino lascio che il sole, con i suoi raggi, accarezzi la mia pelle donandole un colore dorato.
Una lieve brezza di vento rende ancora più piacevole l’abbraccio del sole per il mio corpo. Ogni tanto apro gli occhi e guardo dinanzi a me. Vedo la splendida cupola del palazzo papale che sovrasta la collinetta di fronte al lago.
Che spettacolo stupendo!!
Mi piace tantissimo il contrasto del verde degli alberi, che spingono i loro rami verso l’alto, con l’azzurro del cielo e dell’acqua.
Mi sento invasa da una sensazione di serenità che mi fa sentire bene con me stessa e in pace col mondo intero.
È questa la felicità? Credo di sì.
È saper cogliere attimi di gioia e lasciarli penetrare nella profondità della propria anima, assaporandoli lentamente.
Sono pillole di serenità che mi rimarranno per sempre dentro e si scioglieranno nella mia anima nei momenti bui regalandomi la giusta positività per affrontarli.
Adoro il lago di Castelgandolfo che ho visto specchio del sole che sorge, del sole che tramonta, della luna e delle stelle e complice delle coppie di innamorati.
L’ho visto a tutte le ore e sempre l’ho amato per la pace, la serenità, la dolcezza e il languore che risveglia dentro di me.

20/08/2007



Le case

Le case sono le tane degli uomini. Ci sono da quando esiste l'uomo. Erano grotte, prima, poi palafitte. Erano e sono rifugi. Sono calde nicchie d'amore, ma possono essere anche luogo di scontri, qualche volta di tragedie.


Mi piacciono, le case. Le guardo con l'occhio di un'appassionata dell'architettura. Le case rinascimentali di Firenze, armoniche nelle linee e nei volumi, mi trasmettono serenità e la gioia della bellezza. Quelle erano le case dei ricchi. Le case dei fattori non erano case di ricchi, ma nemmeno di poveri. Avevano ( oggi molte si sono trasformate ) un fascino particolare. Sobrie ma eleganti. Nella cucina c'era sempre una vecchia madia dove la fattoressa impastava la farina per il pane e per le sportelline da servire agli ospiti con il vinsanto.
Dalla preistoria ad oggi, l'uomo ne ha inventati di tipi di case! Ville, condomini, villette a schiera, case in montagna e case al mare. Ed ha moltiplicato il suo desiderio di case. C'è chi ha una casa in città, una al mare e un'altra in montagna. E c'è chi ha otto o dieci case. Esagerato! Qualcuno le case in eccedenza le affitta, altri preferiscono tenersele tutte,
magari per lo sfizio, una volta ogni tanto, di farci una bella festa elegante, con signore e signori eleganti, un buffet ricco ed elegante. Tutto elegante. Qualcuno ha case anche all'estero, nella Grande Mela o nel mitico Brasile. Case eleganti a Manhattan o a Rio de Janeiro.
Ma le case non si possono moltiplicare senza toglierle a qualcuno oppure deturpando splendidi paesaggi. Nella Grande Mela è crescente il numero degli Homeless, i senza casa e in Brasile, a Rio e non solo a Rio, ci sono le favelas. ( Che bel nome! Evoca le favole ). Ma le favelas non sono favole, sono incubi. Accatastate sulle colline, sono costruite con materiale di fortuna: cartoni, pezzi di lamiera, tetti strani che non proteggono niente. E fogne a cielo aperto. Quelli che abitano nelle case eleganti forse non alzano mai lo sguardo alle colline e, se lo alzano,

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Il fascino delle città : Firenze

"Com'è bella la città! Com'è grande la città!" - cantava
Giorgio Gaber. Io amo la campagna e amo le città.
Specialmente alcune città...

Com'è bella la città!, Com'è grande la città!" cantava Giorgio Gaber. Io amo la campagna e amo le città. Specialmente alcune città. Firenze è razionale e magica. Le linee, i volumi, la struttura dei suoi palazzi rinascimentali trasmettono una serena razionalità, ma se si entri nel Convento di S. Marco dalle celle e dai muri si sprigiona la magia degli affreschi del Beato Angelico che irradiano luce e poesia. La corona di angeli che danzano leggeri nel verde denso di un giardino comunica una gioia estatica inesprimibile.
Se si prende il viale che passa davanti al sereno, armonico cromatismo di S. Michele al Monte, ad una cinquantina di metri, a destra, inizia via di S. Leonardo, una strada romantica, stretta tra muretti di pietra dai quali si affacciano vecchi ulivi.
La strada è silenziosa. Con dolci tornanti che svelano sempre nuovi panorami, giunge fino all'Arno, fiume modesto che qualche volta resta quasi a secco, ma che, nel 1966 fece disastri. L'amore dei fiorentini per la loro città, con l'aiuto di volontari forestieri e stranieri, riparò in fretta i danni come li aveva riparati subito dopo la seconda guerra mondiale che aveva distrutto tutti i suoi bellissimi ponti, tranne Ponte Vecchio.
Il ponte Santa Trinita è esattamente come era prima e immette in via Tornabuoni dove si riassapora la rasserenante armonia rinascimentale. Amo, di Firenze, le molte tracce del suo periodo comunale con le molte corporazioni di laboriosi artigiani: lanaioli, calzaioli...
Una volta, in uno dei miei molti soggiorni fiorentini, passeggiavo in via dei Calzaioli.
Vidi l'ingresso di una chiesa gotica. Vi entrai... ed ecco la magia: un interno gotico, dominato dal Tabernacolo dell'Orcagna e immerso in una mistica penombra rischiarata da lampade ad olio che fanno brillare i mosaici del Tabernacolo.
I

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Profeti di speranza: Arturo Paoli

Nel suo libro "Prima che l'amore finisca" R. La Valle ha detto che la minaccia dell'estinzione del genere umano a causa della tragica situazione planetaria dominata dalla violenza, dal culto del denaro e del potere, dalla militarizzazione dei territori, dai conflitti in atto e dalla devastazione ambientale, non si realizzerà fino a che ci sarà l'amore, l'amore per tutta la comunità umana.

Di donne e uomini colmi di un amore che li spinge a vivere con i poveri, come i poveri, ce ne sono tanti. Io li chiamo Profeti di speranza e vorrei trovare le parole adeguate per parlare di uno di loro: A. Paoli D'accordo con l'economista Susan Geoge, Paoli è convinto che il neoliberismo è un sistema che uccide milioni e milioni di persone e che uomini e donne di buona volontà, credenti e non credenti, debbano unirsi per opporsi e sconfiggere, con la nonviolenza attiva, questo mostro che si traveste da progresso, da portatore di benessere. Benessere di chi? Di un quinto dell'umanità. E gli altri quattro quinti? È stato documentato che questi quattro quinti valgono meno di una mucca il cui allevamento ha un costo che varia (da Paese a Paese) dai 2 ai 5 dollari al giorno. La stragrande maggioranza dei quattro quinti vive con 1 dollaro o meno di 1 dollaro al giono. Ma torniamo ad Arturo Paoli. È nato nel 1912 a Lucca. È stato dirigente dell'Azione cattolica giovanile; poi ha conosciuto i Piccoli Fratelli della Congregazione di P. Charles de Foucauld ed è diventato uno di loro. Ordinato sacerdote nel 1938, nel 1959 parte per l'America del Sud. Vive in comunità in Argentina e in Venezuela e infine si ferma in Brasile, a Foz de Jguacu, un luogo bellissimo che attira molti turisti. Ma Arturo non è un turista, Non ama la beneficenza. Vuole giustizia. Per realizzarla si mette subito all'opera, sostenendo le lotte dei contadini che reclamano la fiforma agraria. Ha condiviso con loro momenti molto duri quando hanno occupato le terre ed hanno dovuto fronteggiare i poliziotti sc

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Croci di guerra

La neve scendeva fitta a imbiancare l’altopiano; a tratti il vento sollevava dei mulinelli e finiva con l’accumularne di più in certi punti piuttosto che in altri. Si creavano così dei veri e propri cumuli, o meglio…
- Tumuli, sono tumuli!
Il Dottor Fritz Wiener si scosse a quel grido e volse subito il capo all’indietro.
- E lei chi è?
- Come chi sono? Io sono me.
Chi aveva detto quella frase senza senso era un uomo sulla cinquantina, di bassa statura, tozzo e anche un po’ panciuto.
- Ovvio che lei è lei. Forse è meglio che mi presenti io:
mi chiamo Fritz Wiener e vengo da Graz.
- Ostrega, parla bene l’italiano per essere un todesco.
- Sono austriaco e mia madre era italiana, di Brescia.
- Un mezzo sangue, allora.
- Non proprio, perché mio padre, che non ho mai conosciuto, era di Salisburgo e là sono nato.
- Venuto a sciare? La neve non manca.
- No, sono venuto a cercare.
- A cercare?
- Sì, una persona e per questo ho bisogno di una guida. All’albergo mi hanno detto di chiedere di Tony.
- Questa è fortuna! Tony sono me.
Wiener rimase non poco perplesso a questa affermazione, perché chi gli era davanti, più che una guida, dava tutta l’aria di essere lo scemo del paese.
Tony parve rendersi conto della titubanza del suo interlocutore e lo prevenne: - Sì, non mi presento bene. Sono sempre stato così fin da piccolo; anche mamma diceva che ero un po’ strano e me ne accorgo pure io, ma sono serio, onesto e sgobbo per mantenermi.
Nel dire così allungò la mano destra a cercare quella di Wiener; questi esitò, ma quando sentì la stretta calorosa e la voce ferma del suo interlocutore che si presentava - Piacere, Tony Balcher?" non poté fare a meno di contraccambiare.
- Signor Wiener, perché ha bisogno di me?
- È una storia lunga e, come le dicevo, sono alla ricerca di una persona. Mi hanno detto che lei conosce tutti i cimiteri di guerra della zona. Se potesse accompagnarmi, le sarei grato e, ovviamente, la ricomp

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