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Racconti su problemi sociali

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In una piccola città

erano le sei, pieno pomeriggio, estate.
le persone non si preoccupano di ciò che fai, quando sei in un certo modo tutti ti evitano.
cambiano lo sguardo, e se guardano, guardano con disprezzo.
è brutto da dire ma meno brutto da vivere, anzi non si sente nemmeno la presenza dell'ignoranza delle persone verso chi si distingue dalla massa.
"mi servono tre grammi"disse lei.
"tieni".
" ci si vede presto."
eccola, incamminarsi verso i giardini pubblici, prendere in mano il necessario, e prepararsi.

2 giorni dopo.
ragazza sedicenne morta per overdose.

il bello, qual'è? beh che non c'è niente di bello. tutto si ripete, solo con persone diverse.



Forse un giorno

Sono sbagliato. Non c’è altra spiegazione. Sono un errore genetico. Il mio DNA è stato trascritto male al momento del concepimento. Sono certo sia una cosa del genere.
Dio ha detto che la donna è affidata all’uomo ed essi amandosi dovranno procreare, il matrimonio stesso è concesso solo fra uomo e donna…a parte in poche nazioni che fanno eccezione.
Dunque io non sono normale. Io come tutti quelli come me.
La normalità esiste, mia madre mi ha insegnato che normale è tutto ciò che fa la maggior parte della gente e ciò che non crea scandalo. Quindi poiché io creo scandalo ovunque vada e non faccio cose che la maggior parte degli altri fa, io non sono normale.
Quelli come me vengono puniti, guardati male, discriminati, maltrattati, sfottuti…ed è giusto perché non sono cose che si fanno quelle che la gente come me fa.
Forse con le punizioni la smetterò un giorno.
Forse un giorno in questo modo potrò diventare normale e guarire da questa malattia.
Forse un giorno riuscirò a diventare quello che dovevo diventare da piccolo.
Forse prima o poi non mi ecciterò più guardando i ragazzi, forse i sogni smetteranno, forse il mio corpo risponderà ai miei comandi…chissà.
Forse un giorno smetterò di essere omosessuale.
Lo spero. Non ho scelta, devo sforzarmi e far di tutto affinché sia così…altrimenti se mia madre lo scopre muore. Piuttosto che accettarmi si ucciderebbe.
E poi come posso pretendere di farmi accettare da qualcuno se prima non mi accetto io?
Ma come posso?
Voglio dire…è inaccettabile essere così mostruoso.
Sento spesso i discorsi di mia madre, dice che i gay sono peggio degli animali. Quando sento certi discorsi da mia madre è come se venissi pugnalato mille volte.
Vorrei andare da lei e piangendo chiederle in ginocchio perdono per quello che sono, dirle anche che non è colpa mia…e supplicarla di non considerarmi peggio degli animali…pregarla di amarmi lo stesso.
Ma poi non ce la faccio mai.
Sono solo un vigl

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   1 commenti     di: Astrid Basso


Carne da galera.

Il sistema la vuole debole, ubbidiente e portata all'autodistruzione; la rende eroica per ripulire i confini, martire per sostener le croci.
Al momento opportuno diventa crocevia di voti e per meglio conservarla nel tempo, viene imbalsamata con il mutuo soccorso che l'avvolge dolcemente in una rete d'illussione e fedeltà.
Poi finiti i comizi il sistema torna tale, la carne nuovamente sola, diventa pallida percorsa dal tempo, un improvviso sbalzo di temperatura le ridona la vita, confusa si agita contorcendosi tra il sangue e le viscere ormai nauseabonde, ribellandosi così in un vuoto di rabbia incolmabile.
Il sistema impaurito la inchioda il più in alto possibile,
il macellaio travestito da giustizia, la divide in tante piccole parti distribuendole alla folla che sbavandone il sangue grida:
Carne da galera! Carne da galera!
Il macellaio osservando il sistema risponde:
Tranquilli ne abbiamo a volontà...

   12 commenti     di: ALESSIO SANNA


Questa è la mia prigione

Lo so, Padre, ho sbagliato.
Sono stato ingenuo, vigliacco, bugiardo, ma non sono mai stato un violento.

Qua dentro l'aria puzza di sangue e merda, di lacrime.
L'odore di Cif sul pavimento non basta a coprire questa puzza metifica.

Solo un alito di vento.
Solo un alito di vento può cambiare l'aria qua dentro.
Aria fresca, aria pulita, in questa periferia dimenticata da tutti.
Forse anche te, Padre, ti sei dimenticato di noi?

Un alito di vento sta entrando tra le sbarre della finestra nell'atrio, di fronte alla mia cella.
Mi metto la sciarpa, per difendere quella salute che, qua dentro, è un vestito da signori.
Mi può fare male, il vento, ma lo invidio lo stesso.

Il vento può entrare e uscire da questa cazzo di prigione quando vuole.
Come un Robin Hood coi superpoteri ruba la mia prigionia, elude le guardie, porta il mio sguardo lontano, oltre quelle nuvole che, dietro alle sbarre e alla porta

blindata, non posso che intuire, imaginare là, nel cielo.

Qui dentro nessuno ride, nessuno canta, nessuno ama.
Sono tutti prigionieri, i carcerati quanto i carcerieri, e il vento è il solo che esce leggero da qua dentro.

Lo so, Padre, che sei con me, ma a volte la tentazione di uscire da questa vita, aprendomi una porta sui polsi, si fa davvero sentire.

Dopo una vita passata nel lusso, capisco che LUSSO non significa RICCHEZZA.
Io per questo fraintendimento ci ho rimesso un'infanzia, una giovinezza, e adesso anche i primi anni di un matrimonio insperato.
E ho un cuore debole, malato.

Quale direzione? Quale strada prendere?
Quale, tra una che riporta al gelido inferno della Camorra, alle vane certezza di una vita al servizio della morte, e una che, dopo un lungo cammino, porta al fallimento del Golgota?

Questa è la mia prigione, tiepida, grigia, nauseante.
La mediocre prigione di chi si ferma.

   2 commenti     di: Desio Sicario


Troppo Occupato

Sono occupato…. maledettamente occupato…. e lo sono ormai da più di quattro anni.
Appena sveglio, e dopo una rapida doccia, (inutile svegliare mia moglie quando posso fare io, inoltre Mariella è sempre debole, stanca, depressa, no…meglio di no), sveglio dolcemente il bambino, lo lavo, lo vesto, facciamo colazione insieme e poi, scherzando come sempre, lo porto a scuola.
Di certo non mi azzardo a lasciarlo nei dintorni dell’edificio scolastico, se ne sentono di tutti i colori di questi tempi, e come ogni giorno mi godo il cenno di compiacimento della bidella verso questo padre così attento.
Tornando a casa mi fermo a comprare il necessario per oggi, ormai esercito con maestria l’arte del fare la spesa e già da lontano valuto e soppeso con precisione melanzane, pomodori, zucchine, arance; conosco i prezzi di mercato a memoria e supero senza degnarli di uno sguardo quegli esercizi che hanno prezzi troppo alti per puntare con sicurezza verso quelli con quelli più convenienti.
Sono molto occupato.
Torno a casa per le nove, e mentre comincio a pensare alle faccende domestiche ascolto in sottofondo il respiro regolare di Mariella, so già che si sveglierà intorno a mezzogiorno, del resto perché dovrebbe alzarsi prima? No…meglio lasciarla dormire, forse in queste ore mattutine riuscirà a riposare per davvero.
Mi muovo con consumata sicurezza e millimetrica precisione per casa, ed impiegando il miglior rapporto possibile tra sforzo fisico e tempo impiegato nell’arco di due ore ho lavato i piatti rimasti dalla cena, spolverato, messo a mollo i vestitini che Marco ha sporcato giocando con la terra nel parco, pulito il bagno e stirato, (a stirare per la verità non sono molto bravo, ma sto migliorando anche se molto lentamente; non ho molto tempo da dedicare a questa attività perché si sa…sono sempre molto occupato).

Prima di uscire per prendere Marco  da scuola preparo anche il sugo, per risparmiare tempo, e mentre soffriggo le cipolle pens

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Il vecchio Leone e gli amici di Wamba

Conosco un "Vecchio Leone". Lngatuny Arary, così si traduce in maasai vecchio leone ed è con questo nome che una tribù Samburu ha voluto condividere la propria africanità con un uomo che africano non è ma che si dedica con coraggio e passione a curare gli abitanti di un villaggio molto povero, nel nord est del Kenya.
Questo "Vecchio Leone" è il Dottor Oscar Sola, primario di ginecologia e mio caro amico che, insieme alla sua équipe medica di Legnano, lavora da oltre trent'anni come volontario in un ospedale missionario, situato nel distretto di Samburu, a circa 400 chilometri da Nairobi, in mezzo al nulla più assoluto. Qui si trova la culla del mondo, il luogo dove avrebbe avuto origine l'Uomo e, paradossalmente, questa è rimasta una delle zone più povere della Terra.
La popolazione, divisa nelle etnie Samburu e Turkana, appartiene ai Nilo-Camiti ma al ceppo originario si mescolano altre etnie minori, ognuna con la propria lingua, il che rende ancora più difficile la comunicazione tra loro e con gli stranieri. Essendo oltretutto nomade, per via dell'asprezza del territorio, questa gente non ha mai avuto il tempo per dedicarsi ad alcuna forma di cultura, costretta a migrare perennemente in costante lotta per la sopravvivenza.
Oscar, il Vecchio Leone, lavora qui, a Wamba, dove nel 1965 fu progettato il Catholic Hospital di Wamba, pensato e fortemente voluto dai Padri della Consolata. Non fu facile, allora, vincere le resistenze e ottenere le autorizzazioni del governo locale, che era inspiegabilmente ostile alla messa in opera del progetto umanitario, ma la tenacia dei padri missionari alla fine vinse. In pochi anni, sotto la direzione del Dottor Silvio Prandoni, medico missionario di Castellanza ma soprattutto uomo di grande generosità e forza di volontà, il progetto divenne realtà. Uomini di fede e uomini di scienza hanno unito le proprie energie in vista di un unico obiettivo: l'amore per la vita.
L'ospedale nacque inizialmente per curare malatti

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   2 commenti     di: Paola Cerana


Economico ma pur sempre buono

Spense la sveglia e si alzò. James ricordava piccoli frammenti della sera precedente, solo che era andato a casa di Frank. E che bevvero una bottiglia di whisky molto economico. Si era ubriacato, pensò. Ma erano le 8, le otto di un nuovo giorno, la mattina di una nuova possibilità e... sì, aveva una terribile emicrania. Prima di far colazione decise di andarsi a fare una doccia in modo da riuscire ad arrivare preparato agli incontri che lo aspettavano quel giorno. Mentre si stava sbottonando i pantaloni ci pensò un attimo. Nulla, la sua mente era totalmente annebbiata. Come camminare nel buio, scommettere 1000 euro al casinò di Monaco. Ne sapeva qualcosa James, era proprio questo uno dei motivi per cui beveva. L'acqua calda iniziò a bagnarli la pelle e lentamente, una dopo l'altra, stava riattivando le sue cellule. Focalizzò il suo sguardo su una goccia. Seguendo il suo moto iniziarono a riaffiorare i ricordi, come se fossero conservati dentro ad una palla di vetro che aveva bisogno soltanto di spannarsi per rivelare il passato. Era stato Frank a invitarlo a casa sua e offrirgli del whisky. Economico ma pur sempre buono. Ci doveva essere un motivo, ci dovrà essere stato un motivo pensò.
James e Frank erano stati buoni amici al tempo delle superiori, ottimi compagni di banco, poi le loro strade si erano divise: James si iscrisse alla facoltà di filosofia mentre Frank ad economia. Il giorno prima le circostanze li avevano riavvicinati. Il primo disoccupato, l'altro in veste di banchiere. Si erano seduti al tavolo della cucina e avevano riempito i bicchieri, e... James ebbe un brivido, un brivido come quelli che ti assalgono quando sbadatamente frantumi una bottiglia di Jack Daniel's. Un frammento della sera precedente lo aveva praticamente lacerato.
E quindi adesso pensi di restare senza lavoro? - mi chiese Frank.
Ma no, sono alla ricerca di un lavoretto. Ma per adesso non ne ho bisogno più di tanto, i miei genitori non mi fanno mancare nulla.
Ma c

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   1 commenti     di: vasily biserov



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