Sempre più spesso si parla delle situazioni di disagio e di malessere che vivono molti ragazzi oggi…
Spesso sono portata a riflettere sul ruolo che deve avere un genitore e spesso mi confronto con tanti genitori che come me hanno l’abitudine di mettersi in discussione per cercare di migliorare…anche se poi risulta sempre molto difficile trovare la strada giusta.
Sono convinta che fare il genitore sia in assoluto il compito più difficile. Non esistono ricette, istruzioni per l’uso, manuali validi.
Ogni figlio poi è diverso dall’altro e, quanto è facile sbagliare!
Spesso gli errori non sono fatti con consapevolezza;spesso li commettiamo per il troppo amore e per il desiderio di dare loro quello che a noi è stato negato.
Purtroppo così facendo subentrano una serie di problemi, e, quando ce ne rendiamo conto, talvolta è tardi.
Perché?
Spesso tendiamo ad accontentare i nostri figli (grandi o piccoli che siano) nei loro richieste(oserei dire talvolta capricci…);spesso è proprio la stanchezza che ci porta ad assecondarli…È più facile dire di sì…
Purtroppo però non prendiamo nella dovuta considerazione le conseguenze del nostro frequente accondiscendere a tutte le loro richieste…..
Assecondandoli in tutto e per tutto non li aiutiamo a crescere perché avere tutto e subito significa non fargli capire ed apprezzare il valore di ogni singola cosa….
1) Quante volte i nostri bambini non riescono a giocare con i giocattoli per più di pochi minuti e poi si annoiano?
2) Perché tante volte capita che loro stessi non sanno più esprimere un desiderio?( hanno tutto, troppo, non sanno più che cosa chiedere..)
3) Perché sono spesso insoddisfatti ed annoiati e talvolta aggressivi?
4) Perché hanno difficoltà a relazionarsi con i loro coetanei?
5) Perché i nostri figli, in particolare gli adolescenti, sono spesso in crisi e sono particolarmente fragili emotivamente?
Queste sono solo alcune delle do
Io sono l'Addetto alla Registrazione delle Entrate, Ufficio 5, Sottosezione 3, ma tutti qui mi chiamano Addetto all'entrata. Non ricordo da quanto tempo lavoro nella Grande Azienda: i giorni si susseguono tutti uguali, come i mesi e gli anni fiscali.
Alla fine di ogni giornata il Presidente mi da una pacca sulla spalla e mi sorride, soddisfatto.
Alla fine di ogni mese il Presidente mi da 1100 euro in una busta bianca e mi sorride, soddisfatto. Alla fine di ogni anno fiscale il Presidente commenta con me l'andamento dell'Azienda, i progressi e i recessi e mi sorride, soddisfatto. Mi dice di pensare a riposarmi, di andare a sonnecchiare su qualche spiaggia tropicale come lui sicuramente farà con la segretaria, all'insaputa della moglie.
Ma io non posso mica. E poi non ne ho mica bisogno. Mia moglie comincia, ogni primavera, la sua tiritera per convincermi a portare i bambini da qualche parte. Ma io non posso mica. Non me la sento di lasciare la città, non voglio allontanarmi dall'ufficio, dalle mie carte tutte in ordine, dal pessimo caffè della macchinetta, dal Presidente che sorridente mi promette un aumento che non arriva mai, prima di darmi una pacca sulla spalla e chiudersi nell'ufficio con la segretaria.
Io sono l'Addetto alla Registrazione delle Entrate, Ufficio 5, Sottosezione 3, e ogni mattina, puntuale, alle 8 sono seduto alla mia piccola scrivania bianca, poggiata su un pavimento bianco, nel mio piccolo cubicolo bianco vicino all'ingresso. Afferro la mia penna bianca, allargo un po' il nodo della cravatta, e rimango in attesa. Rimango in attesa di un cliente o di un collega, di qualcuno che voglia entrare nell'Ufficio 5, Sottosezione 3. Quando arriva qualcuno, gli occhi mi si riempiono di gioia: finalmente posso fare la mia parte, far roteare il mio ingranaggio in quel complesso macchinario che è la Grande Azienda. "Prego identificarsi" chiedo con la voce monotona più giusta, con la voce che ci vuole, dice il Presidente, per dare un'idea di profes
“Non è il caso di fare nomi, sei Fatima, Fatima e basta”.
Certo, non è il caso di fare nomi, la donna lo sa bene, ormai i controlli sono serratissimi, ed anche un piccolissimo, insignificante errore, una parola detta in pubblico, ad esempio sull’autobus o al mercato, senza contare i delatori, può vanificare la buona riuscita di una operazione pianificata da molti mesi, ed a cui si sono dedicate molte persone.
Fatima infatti non è che l’ultimo, decisivo ingranaggio di una catena umana il cui fine ultimo è uno solo: portare l’esplosivo sul ponte, avvicinandosi quanto più possibile al posto di blocco costituito da un carro armato e due autoblindo con i relativi soldati, (dodici in tutto, l’operazione è preparata minuziosamente), e fare saltare tutto, cosciente del fatto che a saltare potrebbe essere anche lei, ma non importa.
“Sei pronta”?
La domanda le giunge dopo qualche secondo, ed a porgliela è stato Fez, l’organizzatore dell’operazione - chiaramente anche questo un nome di copertura?" ed il sentirsi chiedere se è pronta a compiere un’azione così incredibile, così inumana, un’azione a cui solo pochi mesi prima non avrebbe mai pensato, accende in lei la zona cerebrale deputata alla memoria, e fa in modo che Fatima riveda come dalla poltrona di un cinema le immagini della sceneggiatura che l’ha portata ad indossare, sotto il vestito, l’esplosivo che si prepara ad usare.
Solo pochi anni prima Fatima era ancora una donna normale, con una vita normale?" per quanto possa esserlo la vita di una giovane di questa zona arretrata del paese, ancora legata rigidamente alla divisione arcaica dei compiti tra uomo e donna, ed al seguire ossessivamente i precetti religiosi che gli addetti al culto non mancavano di ricordare giornalmente a tutti i fedeli?" un marito, dei figli, una casa.
Poi, dapprima a dispetto di quanto assicurato dal dittatore tramite tutti i mezzi di informazione possibili, successivamente come quasi auspic
Eccoli stanno entrando, ARRIVANO GLI ZINGARI
la gente si scosta, ha paura Paura del diverso
Forse perché non usano miss dior o gucci e non hanno gli stivali
All'utimo grido? Forse per questo sono ultimi..
Eppure quest'estate quando ci avevano chiuso i rubinetti
E dovevamo rinunciare alle nostre scontate comodità
Forse non eravamo un po' così?.
Eppure di diverso non vedo proprio nulla due mani, due occhi
C'è quella donna piccolina che si mette davanti all'ospedale
E trema, ora ha smesso di tremare
Quello che al semaforo trascina la gamba, adesso sembra
Che lo regga
Quella alta dinoccolata giubbotto sulle spalle e gonna lunga
Fino ai piedi calzetti di lana colorati e ciabatte
Una ragazza di una bellezza selvaggia che lascia senza fiato
Penso se avesse quello che hanno tutti sarebbe una miss
Ma forse è questo che la rende bella esserlo senza saperlo
E poi c'è quello che suona la fisarmonica davanti alla chiesa
Qualche volta ho sentito alzare la voce contro le donne e avrei
Voluto dire qualcosa intervenire
Ma loro erano umili come non sono io e pronte ad obbedire
La legge del capo branco quello che difende gli altri
E per esserlo deve dimostrare i denti
Nella loro libertà hanno leggi anche loro e vanno
Sempre rispettate
Come l'anziana del gruppo, cammina trascinando il vestito
Ha un fazzoletto in testa e due giovani a fianco
Sono qui forse di passaggio, fino a quando non gli daranno lo sfratto
Da qualche casa abbandonata, si nascondono come cinghiali braccati
Sono qui e qualcuno si è convertito alla cosiddetta civiltà
Ha indossato abiti diversi ed è riuscito ad avere una casa popolare
Tranquilli... quelle che nessuno di noi abiterebbe
sono lontano e non sono servite sono quattro pareti
e un soffitto che fa da cielo
Fuori città ma è difficile trovare da lavorare
Una viene giù da trasanni con la corriera ma costa di più
Delle monetine che riesce a rimediare dalle persone che
Le sono ormai affezionate, io per esempio
Q
Son passati 13 anni da quando la notizia della morte di Fabrizio De Andrè, tuonava su tutte le pagine dei quotidiani, il cantautore genovese che con la sua musica, e prima ancora con i suoi testi costruiti intrecciando parole meravigliose, riesce a far penetrare nelle vene la speranza, faber è sempre stato dalla parte degli oppressi, degli umili, degli ultimi... l'album storia di un impiegato, parla ad esempio di un impiegato che sentendo un canto, quello del maggio, stanco delle sue condizioni disagiate decide di ribellarsi, di prendere una posizione, per farsi ascoltare, per ricordare a se stesso che lui è vivo e che lui conta e ha dei diritti, e lotta per questi diritti. Giorni fa su "il fatto quotidiano", è stato pubblicato un articolo a proposito di questo, il quale diceva che è proprio in un momento di crisi, come quello che stiamo affrontando che è fondamentale essere positivi e sperare in un miglioramento, nonostante vada tutto male, nono arrivare alla fine del mese è sempre più un'impresa, purtroppo però la vita è cattiva, vuole metterti alla prova, e allora le cose iniziano ad andare male, il paese si blocca, la gente lavora ma non riesce a portare i soldi a casa per pagare l'affitto, o per preparare il pranzo, mai una vacanza, lavoro, fatica, senza nulla in cambio, ogni giorno è uguale, fino a quando non si riceve la lettera di licenziamento e ci si ritrova senza nulla... queste vicende sono vere, sono molte.. e andare a parlare a queste persone di speranza è davvero difficile, ma perdere la vita perché non c'è un sistema che funziona, perché governano dei ladri che pensano solo alle loro tasche non si può, sarebbe come dargliela vinta, è difficile, difficilissimo, ma bisogna stringere i denti e trovare la forza, magari aiutandosi con qualche frase di de andrè e convincersi che l'uomo ha bisogno di speranza.
Primo levi scrisse che la battaglia che consiste nell'aiutare l'umanità a diventare migliore e quindi ad essere felice non è m
erano le sei, pieno pomeriggio, estate.
le persone non si preoccupano di ciò che fai, quando sei in un certo modo tutti ti evitano.
cambiano lo sguardo, e se guardano, guardano con disprezzo.
è brutto da dire ma meno brutto da vivere, anzi non si sente nemmeno la presenza dell'ignoranza delle persone verso chi si distingue dalla massa.
"mi servono tre grammi"disse lei.
"tieni".
" ci si vede presto."
eccola, incamminarsi verso i giardini pubblici, prendere in mano il necessario, e prepararsi.
2 giorni dopo.
ragazza sedicenne morta per overdose.
il bello, qual'è? beh che non c'è niente di bello. tutto si ripete, solo con persone diverse.
Quella che sto per raccontarvi è la storia di una ragazza di non molte pretese. Avrei desiderato semplicemente una vita normale fatta di comuni banalità come avere l'acqua calda con cui fare un bagno o dormire su di un materasso che non puzzi di umido.
Vivo a Boston, in periferia, in un quartiere dove mancano i colori, ogni cosa appare grigia, come il carbone che ogni giorno siamo costretti ad estrarre dalle miniere.
La mia casa è uguale alle altre: una lugubre costuzione dalle tristi finestre che non sorridono. Alle volte, ritornandoci, mi capita di "rientrare" dai miei vicini perchè le loro abitazione è identica alla mia. Perfino le tendine si somigliano: mostrano, crude, l'emblema della povertà, non un riccetto, un merletto, che denotano il lusso di una vanità di che non possiamo permetterci. Mio padre è un intelletuale costretto al lavoro di miniera per mantenere me e i miei quattro fratelli. Le sue idee scintillano di libertà e ugualianza fra le classi sociali, così, dopo gli sfruttamenti della della classe dirigente nei confronti degli operai, si è messo in sciopero ad oltranza insieme ad un gruppo di colleghi disperati, per le condizioni disumane in cui si lavora.
Infatti il lavoro in miniera è il più brutto al mondo, il cunicolo è stretto, buio, non si respira e si rischia di cadere perchè è molto ripido e ci si arrampica un po' avunque, alle viscere di quella terra umida e viscida, che ci castiga, ci umilia; nel profondo di quegli abissi ci sentiamo abbandonati dal mondo intero.
A questo punto vi chiederete perchè parlo al plurale mentre descrivo la miniera, è perchè anch'io ci lavoro, di nascosto a mio padre mi intrufolo nella folla degli operai che non partecipano allo sciopero e contro i quali il mio papà lancia grida di insulti come "venduti!". MI fa male la voce di mio padre che libero come un gabbiano che vola su un mare in tempesta urla a quella folla grigia e triste senza sapere che proprio li, ci sono anch'io, ch
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