All'anagrafe Ciro Scapece, dagli amici chiamato Ciro o'bello, per tutti gli altri semplicemente don Ciro.
Il soprannome se lo era guadagnato per via di uno sfregio sotto la mascella destra, dovuto ad un duello fatto con la famosa "Molletta" ( Coltello con apertura a scatto ). Quando si ha 15 anni e facile perdere la testa, soprattutto se si permettono d'infamarti con epiteti riservati a quelle persone che hanno la madre che di professione intrattiene uomini a pagamento. " Figl'è zoccola" per colpa di questa frase si fece due anni di riformatorio.
La madre nonostante tutto era persona perbene, faceva quel mestiere solo per dare da mangiare ai suoi 5 figli. Dopo la morte del marito avvenuta in un campo di lavoro in Germania, dove fu imprigionato dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale, la signora si trovo sola, con un'unica scelta possibile. La donna capi subito che per Ciro stare sulla terrà ferma era pericoloso, per il suo carattere ribelle, ecco perché decise di mandarlo a lavorare su di un peschereccio.
Il giovane Pescatore era un ragazzo sveglio, i fratelli Scognamiglio proprietari dei 5 pescherecci della flotta, gli volevano bene, dopo pochi anni lo misero a capo di un'imbarcazione. Si era guadagnato la stima dei propri capi, tra tutte le imbarcazioni la sua era quella che tornava con più pesce a bordo. A nulla servivano le lamentele dei colleghi che l'accusavano di sabotaggio, infatti più di una volta si erano trovati con grossi problemi da dover affrontare: reti tagliate, mancanza di gasolio, guasti improvvisi. I Capi avevano fiducia del giovane, che oltre dalle soddisfazioni lavorative, venivano gratificati ulteriormente dalle conoscenze femminili del ragazzo
Don Ciro però di tutto questo non era completamente appagato, apri anche qualche pescheria per sistemare il resto dei fratelli, ma sentiva di valere di più. In pieno boom economico, Napoli divenne il crocevia del contrabbando di sigarette, ecco l'occasione di una vita: per lui persona
“Hey Calh, che mi dici dei peperoni?”
Calh non risponde, ma muove appena l’angolo destro della bocca, socchiudendo contemporaneamente gli occhi, e la signora che ha posto la domanda capisce, unica nel negozio, che è meglio lasciar perdere, i peperoni li comprerà la prossima volta.
Sono passati solo cinque anni da quando Calh ha rilevato il suo negozietto, ma la clientela è già ben delineata e lui sa bene che la signora alla quale ha appena fornito l’informazione circa i peperoni da non acquistare è una cliente fissa, una buona cliente, ed il mancato guadagno di oggi si tradurrà in un doppio guadagno domani, quando lei, gratificata dal trattamento riservatole, tornerà, e spinta dal senso di riconoscenza metterà nella sua borsa un quantitativo di merce doppia rispetto a quello che aveva intenzione di portare a casa.
Calh conosce bene queste dinamiche, anche i suoi erano nel commercio, pur se in un settore diverso, e certe cose funzionano allo stesso modo un po’ dappertutto.
Il ricordo di quelle mattine trascorse in quello squallido mercatino, (ma che era squallido Calh lo capisce solo ora che è a contatto con questa realtà nuova), a vendere roba sostanzialmente inutile come quelle collanine confezionate da sua madre con ciò che si trovava in spiaggia e canestri intrecciati alla meno peggio da suo padre a gente sostanzialmente bisognosa di tutto, era uno dei più vividi nella sua memoria e, seppure in maniera più naturale, senza un calcolo dietro, anche i suoi invogliavano la sparuta clientela nello stesso modo in cui Calh aveva fidelizzato al suo esercizio la signora dei peperoni.
Lui sa bene che le sorti di quel piccolo bugigattolo da fruttivendolo sono fondamentali per sé e per la propria famiglia nucleare venuta qui assieme a lui, senza contare i tanti parenti rimasti in patria - primi fra tutti i genitori?" e dipendenti in larga parte dalle sue rimesse monetarie.
No, il negozio, (chiamato semplicemente “Da Calh”), è troppo im
UNA STORIA ANIMALE
Qualche anno fa, durante i lavori per la metropolitana in piazza Cavour, mi è capitato di conoscere due “bande “di cani randagi.
La prima era composta da tre esemplari che io ho nominato (io ho la mania di dare a tutti e a tutto un soprannome identificativo e personale) Nerina, Neretto e Nerone facile intuire il loro colore.
Tre cani sempre uniti, sia nella ricerca del cibo o nella mendica di una carezza o nel fronteggiare la “banda “ rivale, composta da tre esemplari tipo Labrador, rigorosamente marrone chiaro, tipo il saio di alcuni frati, da cui i nomignoli Frà Grande Frà Medio e Frà Piccolo; mentre per Nerina sono sicuro del sesso(l’ho vista gravida) non potrei determinare il sesso esatto dei tre frati.
Comunque, per alcuni anni li ho visti spesso,(passo di la 4 volte al giorno in media) e in più di un’occasione ho assistito a delle vere e proprie battaglie “acustiche”, nel senso che le due “bande” si schieravano contrapposte (all’incirca dove c’era l’Ufficio Postale) e giù a latrare selvaggiamente, le labbra tirate sui denti, il pelo del collo e della schiena arruffato, e tutti i segnali di guerra del momento.
Fortunatamente, devo dire che non li ho mai visti azzuffarsi davvero, il loro odio è sempre stato esclusivamente “verbale” sebbene profondo e radicato.
Posso capire come ognuna delle due etnie fosse gelosa del proprio territorio e ne rivendicasse il possesso anche con la violenza, del resto noi “gli umani” facciamo questo da tempo immemorabile.
Fate questo in memoria di me? È questo che intendevano? Ma non voglio aprire una querelle.
Comunque, il tempo passa, e dopo alcuni anni un po' per fine naturale (credo) un po' per infame intervento umano (temo) dei 6 cani ne sono rimasti in vita solo 2.
C’è Nerina, unica superstite dei Neri, e c’è Frà Medio, sopravvissuto dei Marroni.
Ed ora il motivo di questo mio racconto, sapete cosa è successo? Ora stanno insieme! Hanno dimenticato l?
Esistono manifestazioni di volgare inintelligenza politica, che partono dai presupposti ideologici e spesso opportunistici (direi più di presunzione e vanità ed astuzie varie) le quali considerano le cose della politica estranee alla “petulante” richiesta di onestà sia intellettuale che morale . I nostri governanti paradossalmente, come diceva Cicerone”quibusdam destinatis senten consacrati quae non probant coguntur defendere” Vincolati a certe opinioni sono costeretti a difendere idde che non condividono. Benedetto Croce diceva “L’ideale che canta nell’anima degl’imbecilli prende forma nelle non cantate prose delle loro invettive e declamazioni e utopie”. Trovo che le scelte politico-partitiche assomiglino molto al principio Crociano “dell’ideale degli imbecilli”. Prendiamo ad esempio i radicali. Essi elevano ad una sorta” religio civilis” tutto cio che si contrappone ai valori del cristianesimo. E cosi diventa lecito tutto cio nel nome dell’egocentrismoche egoistico e consequenziale relativismo. Diventa palese come piccole minoranze composte da uomini e donne accomunati dal interesse di soddisfare le proprie esigenze e talvolta i propri capricci riducano i valori morali e civili alla base delle moderne democrazie ad semplice gioco delle parti. Tutto è relativo dal concetto di famiglia, all’ embrione, all’eutanasia, la pena di morte, all’aborto, la pace, lo sviluppo l’ambiente, tutto è giustificato nel nome della grande religione laica dell’economia di mercato” della globalizzazione. La nostra società tra sfrenato consumismo ed opportunismo elettorale si puo salvare grazie, secondo gli epigoni del Macchiavelli, grazie ai nuovi principi (leader politici ed economici) le cui ambizioni personali o come dice Pera “ per i loro “caprici laici” salvaguardano il bene comune. Una visione neomaterialista legata ai beni di consumo. Basti pensare alla legge sulla legittima difesa dove uccidere un uomo per sa
[continua a leggere...]Quando varcai la soglia della Casa di Riposo dove ero deciso ad affrontare la sfida col volontariato (e con me stesso...), devo confessarvi che ero emozionato.
La baldanza e la sicurezza che da sempre mi hanno caratterizzato erano svanite in un nano-secondo.
Presentatomi alla responsabile dell'animazione molto affabilmente mi mise al corrente del "percorso" che ci sarebbe stato da affrontare con gli "ospiti" della Casa.
Indubbiamente aveva notato il mio iniziale riserbo (che chiamerei imbarazzo...), ma mi mise a mio agio col suo sorriso accattivante che spalanca ogni cuore.
L'indomani era la festa della mamma, celebrazione questa molto sentita e partecipata da molti.
Andai e un altro responsabile dell'animazione, con una naturalezza che mi disarmò, mi porse un microfono dicendomi: "Dai, cantaci una canzone", e diede inizio lui stesso ad intonare la prima dando il via a quel che poi fu un vero e proprio karaoke con tutti i partecipanti.
Non è stato facile "tenere" la tonalità, specie vicino a dieci, venti persone che cantano ognuno nella propria intonazione e a modo loro. Ma tutto andò per il meglio e la festa si concluse allegramente.
Poi mi fu fatta visitare la struttura nei suoi vari reparti.
Camerette pulite, ampie sale per l'animazione, ordine e pulizia regnante in una struttura moderna e ospitale dove quel che ti cattura è il sorriso degli operatori.
Quel che mi colpì maggiormanete è che gli ospiti non sono trattati da malati, ma da esser umani, da persone che hanno bisogno d'aiuto, anche da noi volontari, che dobbiamo dare il nostro personale grazie e il nostro sorriso perché ricordiamo che, come disse Padre Faber:
"Nessuno ha più bisogno di un sorriso come colui che ad altri non da donarlo".
Questo è quello che ho potuto osservare in tutti i reparti che ho visitato: il sorriso.
L'accompagnamento, una carezza, l'imbocco, il porgere un braccio per un contatto umano più familiare, il provvedere ai più piccoli bisogni,
Toc toc, toc toc…Il rumore della pioggia che cade fuori mi tormenta… È un rumore implacabile, senza fine, come quel tarlo che ormai alberga nel mio cervello, quella voce che non tace mai, che inesorabilmente continua a parlarmi… Alcuni la chiamano coscienza… Io non so darle un nome, non so cosa sia, so solo che mi rende impossibile vivere questa vita… Continua a ripetermi che quello che faccio è sbagliato, che causa solo sofferenza, in me e nelle persone che mi stanno attorno, che mi amano, o che almeno credono di amarmi, nei miei genitori… Riesco quasi ad immaginarmi i loro sguardi attoniti, colpevoli se sapessero tutto, se sapessero come la loro amata figlioletta passa le giornate… Se solo sapessero come la loro innocente figlia irretisce gli uomini, solo per guadagnare quegli sporchi soldi che poi le servono per procurarsi un’altra dose di veleno, da spararsi nelle vene senza pietà, senza alcuna remore, con l’unico desiderio di dimenticare tutto, di non pensare più, di cancellare dalla propria mente quel tormento, quella tristezza… E funziona, sì funziona, almeno fino alla prima crisi di astinenza…
E quindi ho deciso… Eh sì cari genitori, per la prima volta nella propria vita la vostra cara figlioletta ha preso una decisione... Siete fieri di lei?
Ho deciso, questa volta farò quello che occorre fare, quello che è giusto…
Questa sarà l’ultima volta che mi farò, che mi inquinerò con quella porcheria… Ho preparato tutto con cura… Ho comperato la dose, e mi sono rifugiata nella mia cameretta, consapevole di essere da sola in questa casa, almeno per le prossime due tre ore… Attorno a me oggetti di un’infanzia lontana, che mi sembra di non aver mai vissuto… In una mano una siringa, che vaga sul braccio alla ricerca della vena, di quel collegamento fra me e la morte… Lentamente il liquido va giù, sento come una scarica di adrenalina, all’ennesima potenza, come risvegliarsi all’improvviso da un terribile incubo
La medicina ha fatto molti progressi ma forse più la tecnica. Un giorno potremmo ritrovarci con tanti uomini incurabili sdraiati in un letto di dolore attaccati a macchine fatte dall' uomo che non possono raggiungere l'aldilà perchè la nostra tecnica glielo impedisce. Quando un male è incurabile ed il paziente implora come Welby di essere staccato da una macchina dobbiamo rispettare la sua volontà perchè Dio lo avrebbe fatto già morire se non si fosse messo di mezzo l'uomo con i suoi macchinari che, se fanno del bene li accettiamo, ma se portano al male, alla sofferenza bisogna fare la volontà di Dio. Dio è più misericordioso dell'uomo! Vogliamo una morte naturale non una vita artificiale!
La pagina riporta i titoli delle opere presenti nella categoria Problemi sociali.