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Racconti brevi

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Francesco

Ci fu un lungo scambio di messaggi sul cellulare tra loro; al principio lo vide troppo interessato a decantare ciò che aveva, una posizione, un buon lavoro, una macchina potente; ma lei lo fermò , gli fece capire che elencava cose di nessun valore per lei e come un galletto lui abbassò la sua cresta. Lui provò con la carta della moglie che non comprende, della moglie insoddisfatta e calcolatrice ed anche in questa occasione lei gli fece capire che delle mogli degli altri non le importava nulla. A Franco rimase l'ultima carta da giocare, quella delle lusinghe, e fu fino il suo lavoro, riuscì ad entrare nel cuore di Lucia. Franco la incoraggiava, le diceva che il suo lavoro era eccezionale, le diceva che mai aveva incontrato una donna del genere, la fece sentire importante, la fece sentire desiderata, la fece sentire unica.
Lucia ascoltava con interesse le sue telefonate, lei era una persona sensibile, fu rapita da quel modo di fare, guardò per benino la scheda che il meeting le aveva dato, pareva una persona a posto, si lei ricordava le tattiche che lui aveva usato, ma volle pensare ad un eccesso di amore, non calcolò un eccesso di amor proprio. Ma Lucia non vide nel cuore di lui. Controllò le sue caratteristiche, gli anni andavano bene, ma c'era un qualcosa che Lucia non riusciva ad afferrare in quel suo amico del meeting ; e decise di rischiare, decise di incontrarlo, gli diede un primo appuntamento sotto alla Torre degli Asinelli, a Bologna. E quella mattina di gennaio, fredda ma soleggiata, si incontrarono, lei arrivò per prima, lui quasi subito dopo. Si guardarono, risero entrambi, si strinsero la mano, ma poi subito dopo sentirono il bisogno di un abbraccio, furtivo, veloce, ingolfati com'erano nei loro giubbini. E si incamminarono per la via, trovarono un bar, vi entrarono, si sedettero ad un tavolino, ordinarono dei caffè, si tenevano teneramente per mano, e lui parlò, parlò tanto di se, dei suoi traguardi, delle mete raggiunte, e quando lei cerc

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   0 commenti     di: bruna lanza


Non voglio rimanere solo

C'era una volta un uomo
questa persona penzava di avere una vita splendida e di avere tutto sotto controllo.
Aveva una bottega meravigliosa in qui gli piaceva fare affari tutto il giorno,
aveva degli amici con cui si divertiva, e godeva di un enorme rispettabilita.
Si puo dire insomma che quella bottega era la sua vita..
Si sentiva un re la dentro
poteva fare tutto cio che desiderava e passarsi ogni sfizio.
Un giorno pero dei ladri gli rubarono tutto e lui fu costretto a chiudere.
La sua vita cambio drasticamente perche improvvisamente si ritrovo solo per la prima volta
non aveva piu niente e le persone per strada lo deridevano
quest'uomo cominciò ad aver paura e si scoraggio.
Un giorno mentre pingeva tre grandi maghi che avevano saputo della sua triste vicenda
gli fecero visita.
IL primo mago gli disse:
io ho il potere di farti ritornare al passato e riavere tutto
bada bene pero
qualcosa e cambiato per sempre.
L'uomo accetto subito l'offerta non curandosi delle stupide parole che il mago stava dicendo.
L'indomani si sveglio nella sua grandissima bottega
e felicissimo comincio a occuparsi degli affari,
si accorse pero che l'unica cosa che era cambiata adesso era lui stesso,
tutto era rimasto identico, gli affari, gli amici, i divertimenti
ma quest'uomo era cambiato, non riusciva piu a godersi queste cose come un tempo.
Non riusciva piu ad essere il re della sua bottega piuttosto aveva una paura strana che era rimasta e non riusciva a spiegarsi
si sentiva inspiegabilmente solo, e a disagio.
Nonostante tutto fosse ritornato com era il bottegaio ora odiava se stesso e le cose non andavano piu bene.
Si rivolse allora al secondo mago e questi gli disse io sono in grado di farti ritornare la persona che eri ma bada bene gli disse non sono in grado di farti rivivere le tue esperienze passate
l'uomo accetò subito inebriato
ora egli era diventato di nuovo spavaldo e spregiudicato
ma ben presto la sua persona fu trovata fuori luogo
ovunque a

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   0 commenti     di: gianlu3295


La merea sta passando

Il vecchio stava ritto sulle rocce taglienti della riva.
Il calcare, reso cattivo dal vento e dal mare aveva indurito le piante dei suoi piedi. Adesso sembravano di corteccia d’albero, rugose e seccate dal sale, dure e insensibili a quella roccia così viva e aggressiva. Una corteccia che nessun calcare avrebbe più tagliato
La piccola barca a remi, con la chiglia d’un celeste passato, attaccato dal mare e scrostato dal tempo, beccheggiava, poco lontano dai suoi piedi, legata al solito leccio. I sacchi di cozze ancora nella barca, gocciolavano stancamente. Più in la, i primi turisti, con le loro scarpette di gomma, aprivano i loro teli da mare e li stendevano sulle rocce più piatte, meno aguzze, o nelle minuscole spiagge di ghiaia grossa.
Il vecchio li guardava mentre il sole, già abbastanza alto, illuminava impietoso ogni ombra dimenticata dalla notte.
Con una mano afferrò il primo sacco e se lo caricò su una spalla, il secondo invece lo tenne per la iuta arricciata al di là dello spago che lo chiudeva, e si avviò lungo il sentiero nel bosco dietro la riva, verso il paese.
Il paese a quell’ora, dove lui era già stanco mentre tutti erano svegli da poco, non gli piaceva. Sembrava un luna park, una girandola di colori e grida, e bambini che correvano, e teli da mare, palloni e ombrelloni, canotti e ancora grida.
Tutti lo guardavo e si voltavano per vederlo passare, lui, con la sua barba vecchia, la sua faccia bruciata dal sole, i suoi piedi nudi, i suoi muscoli asciutti, sotto una pelle troppo stanca, per essere bella da guardare. Lui, con il suo odore di mare, i suoi sacchi gocciolanti, uno sulla spalla, e l’altro quasi trascinato per terra, lui guardato come un corpo estraneo, lui che era a casa sua.
Percorse a passo lento il paese fino al ristorante, girò subito per il vicolo che conduceva sul retro. Davanti alla porta, bussò.
- Marco.- lo salutò il padrone del ristorante appena lo vide.- Cos’hai di buono per me oggi? –
- Cozze.-

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Amica al 98%

Cresce così la storia della nostra vita: nutrendosi della storia della vita degli altri e comincia proprio dal sorgere del giorno; come quando ti accompagna un certo desiderio di caffè o di latte che non sai mai da dov' è partito, forse ci ha lavorato sopra il sonno e la fantasia o, semplicemente, perché la nostra vita è fatta anche di cose che non si conoscono e che quotidianamente accettiamo per fede o per non complicarcela più del necessario. Il giorno si vede dal mattino e siccome la vita è fatta di giorni...
Un giorno conobbi Ivana e di conseguenza suo fratello Ettore, il suo sorriso acchiappò il mio e ne fece un nodo. Il caso volle, o lo volle qualcun Altro, che il socio del mio amico si dovette separare per iniziare una nuova attività con la moglie. Il commercialista, uomo noto nel commercio delle liste, gli consigliò di non cambiare forma alla ditta, né nome; sarebbe stato meno costoso cambiare semplicemente socio. Per cui, quel sorriso che per molto tempo era rimasto teso tra un incontro e l'altro, si smollò. Una socia all'uno per cento che con l'andare dei giorni avrebbe colmato il vuoto del novantanove per cento. Un affitto di tremilioni e cinquecento mila lire all'anno per un locale che io chiamai ex- stalla, ma che s'intonava perfettamente con il nome dell'azienda: TAMPO STAR SNC DI ETTORE T. & C. Io ero la "C" Come Cara Compagna Contabile... ECCCC!
Lire tremilioni e cinquecento per un fienile abbandonato da ogni animale, a parte i ragni! Scrivania di cartone, scatole interscambiabili da cm 40x60x80 usate come seggiole, praticamente sempre nuove, divanetti improvvisati con le cassette della frutta, un po' meno versatili delle sedie ma più resistenti, per gli amici che di tanto in tanto, molto di tanto in tanto, passavano a salutarci. È superfluo dire che era vietato, severamente, l'accesso a clienti e fornitori; consegne e ritiri a nostro carico! Nel bel mezzo della convinzione di essere le stelle della tampografi

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Una vita per amore

Penso ad una ragazza, Lisa, che conosco da quando aveva 14 anni.
Il padre era con un'altra famiglia e altri figli, la madre era triste e pensava solo al marito che l'aveva lasciata.
Lisa era timidissima, introversa, non parlava mai.
Il primo anno delle superiori fu invitata da un gruppo di compagni a fumare gli spinelli.
"Tu sai che fanno male?"Gli dicevo. "Certo", mi rispondeva. "Ma ho fumato perché temevo di perdere la prima compagnia della mia vita".
Dagli spinelli a droga più pesante il passo fu breve, frequentando molte altre compagnie di aspetti malavitosi, Lisa si avviava verso l'autodistruzione credendo di liberarsi da quella sofferenza della separazione dei suoi genitori quando era una ragazzina adolescente.
È proprio quella sofferenza che nasceva dalla famiglia divisa, la portava ad emergere nella società sbagliata.
Una vicenda durata tre anni, ricordo.
Io gli fui sempre molto vicino e rischiando la mia vita non l'ho mai lasciata da sola, seguendola anche a volte in quei posti terribili dove si facevano festini e droga party;
ma non mi importava perché il mio intento era di liberarla da quella prigione in cui viveva e cercavo in tutti i modi per farla uscire.
Oggi Lisa è moglie e madre felice;
ma solo perché la aiutai con un incontro avvenuto un giorno con una suora in gita ad un monastero, mi parlarono di suor Anna alcuni amici, mi dissero che aiutava ad uscire i ragazzi dal tunnel della droga, così presi la palla al balzo e tentai questa strada e grazie a Dio fu quella sperata.
Non fu facile convincere Lisa ad entrare in una comunità, ma grazie a questa donna fu possibile.
Purtroppo oggi suor Anna non c'è più ma Lisa non dimenticherà mai quell'angelo che le ha salvato la vita e fatta rinascere a quella di oggi.
Lisa oggi si può dire veramente felice ha una bellissima bambina Sara di cui si prende cura giorno per giorno con tanto amore.
Che la droga voglia dire morte, non c'è tossicodipendente che non lo senta come fatalità

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L’AVARO

Se un uomo, a più di settanta anni, è ancora, come dicono alcuni, “oculato” dopo aver condotto un’esistenza solitaria e misera in campagna, in una specie di stalla senz’acqua e luce per non deteriorare o comunque sporcare il suo villino nuovo, arredato ma mai abitato, credo che non possa essere assolto o perdonato per questa mancanza grave contro la dignità della vita umana. Se questa mancanza viene aggravata da un caratteraccio che gli ha precluso la gioia dell’amicizia e degli affetti parentali, e lo l’ha portato, vecchio e malato, a morire lontano dalla sua casa (meglio detta stalla) in una città sconosciuta, dove si era recato per fare accertamenti medici. .. e se, infine, arrivando, ormai defunto, al paese, dal carro funebre fosse sceso l’autista solo, senza nessun parente, nessun amico ad accompagnarlo nell’ultimo viaggio, cosa avreste detto?
Forse non avreste avuto lo spirito pronto per eguagliare una donna umile che è riuscita paradossalmente a tradurre con parole semplici la sua pietà
“Che vita miserabile! Fino alla fine!… Non s’era mai visto un morto tornare solo!”

   1 commenti     di: patrizia chini


I fori nel muro

“Se non smette con il trapano io vado su e l’ammazzo.”
“Come sei esagerato,” disse la moglie.
“Ogni domenica è la stessa cosa, qui si diventa matti.”
“Chissà: cosa sta trafficando? Va su vedere.”
“Impazzisco; ora ci vado!”
“Controllati, promettimelo.”
Conrad prese le scale e salì un piano. Bussò alla porta. Il trapano cessò, la porta si aprì.
“Sì?”
“Scusi, ma sono già tre domeniche che non smette di trapanare. Non crede che la cosa possa infastidire?”
“Oh mi scusi, ma entri un attimo.”
“Non vorrei,”
“Si figuri, le mostro cosa combino.”
Conrad entrò nell’appartamento.
“Vede,” disse l’uomo, “riempio il muro di fori.”
“Lei sta riempiendo di fori il suo muro? Mi vuole spiegare?”
“Niente, a me piace di più così. Mi capisce?”
“Lei non può semplicemente riempire il muro di fori!”
“?”
“C’è gente che abita qui!”
“Presto avrò finito.”
“Senta, se non la smette sarò costretto a chiamare la polizia.”
“La polizia?”
“Mi dispiace, e ora se mi permette,” Conrad si stava dirigendo alla porta.
“Aspetti solo un momento per cortesia, guardi qui.”
“Cosa vuole?”
“Sono soldi.”
“Soldi?”
“Quanto vuole per il disturbo?”
“Lei mi sta offrendo del denaro?”
“Io la capisco, vede, voglio pagare per il disturbo che le reco.”
“Non saprei.”
“Mi dia una cifra, su via.”
“Facciamo 100 per foro?”
“100 per foro, affare fatto.”
“Ha bisogno di una mano?”
“No, no grazie, preferisco lavorare da solo.”




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