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Racconti brevi

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Kim e Borg - quinta parte

Le escursioni in città andarono decisamente meglio.
Borg aveva fretta: prima che il fratello tornasse a casa voleva vivere insieme a Kim le sue prime, decisive impressioni sulla città eterna.
Decise di evitare musei e mete scontate quali Colosseo e Fontana di Trevi e la scarrozzò invece da una panoramica all'altra per farle avere visioni d'insieme: dallo Zodiaco di Monte Mario, dalla terrazza del Pincio, dal belvedere del Gianicolo, Roma infatti si mostra in tutto il suo fascino maestoso per poi svelarsi mano a mano come uno scrigno dai variegati e ineguagliabili tesori.
Il Foro Romano glielo fece vedere dalla terrazza del Campidoglio, al tramonto, quando i ruderi sembrano d'oro antico e la brezza stempera la calura e ti solletica lieve la pelle.
Pensò poi di presentarle la basilica di San Pietro in modi particolari: prima la condusse a via Piccolomini dove, per uno straordinario effetto ottico, più ci si avvicina alla cupola di Michelangelo più la si vede allontanarsi, poi andarono sull'Aventino, dove c'è il celeberrimo "buco di Roma". Si tratta del un buco della serratura di un portone, da cui si vede in tutto il suo splendore il Cupolone incorniciato dalle romantiche siepi del giardino del priorato dei Cavalieri di Malta cui il portone in questione appartiene. Kim, che era incantata di tutto, qui rimase addirittura esterrefatta e, a sentirla ripetere "Incredibile! Non me lo dimenticherò per tutta la vita!", Borg pensava, soddisfatto: "Touchèe! Era quello che volevo, bambina!".
Più passavano i giorni più gli piaceva: non era solo bella, era anche simpatica, alla mano e sapeva preparare dolci da brivido. In quattro e quattr'otto impastava gli afghan, biscotti a base di cornflakes, cocco in polvere, cioccolato, panna e noci. Mamma Franca, che non aveva peli sulla lingua, li definì un vero e proprio attentato alla linea e alla salute(preferiva di gran lunga gli anzac, più leggeri e digeribili), ma papà Mariano ne fu conquistato e incomin

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Piero si trucca da pallone

Sera, circa le 18:15, sul frigo dei gelati, su cui appariva ancora qualche prezzo in lire, c'era appoggiata una gazzetta dello sport sgualcita da tutte le mani dei "mangia-pallone" che l'avevano consultata dal mattino...
Alfredo vi teneva gli occhi puntati che a vederlo sembrava ipnotizzato, ma con la mente era ancora sul posto di lavoro perché il padrone l'aveva trattato di merda...
Spostando lo sguardo un po' più a destra, seduto su di un sofferente sgabello che pareva potersi infilare fra le sue superbe natiche, si poteva vedere Gervasone che se la prendeva col video poker perchè fino a qualche minuto prima l'aveva illuso di intascarsi una sommetta degna di nota e al tavolino sotto la tv c'era Piero che sgranocchiava dei Fonzies in attesa che cominciasse la partita...

(fra le varie impronte digitali sulla gazzetta non mancavano di certo le sue che nel "mangiare" pallone non era secondo a nessuno)

Si era recato al bar per vedere la sua squadra del cuore in quanto a casa sua non aveva la parabola, era uscito prima dal lavoro e deciso di rimandare la cena anche se la partita in questione non era di certo un incontro di cartello, come si suol dire...
Bologna-Albinoleffe, valida per il primo turno di coppa Italia.
Mentre sullo schermo passavano le immagini delle varie pubblicità la Luisa che se ne fregava altamente dell'incolumità dei video-game, ma non aveva nessuna voglia di richiamare il tipo che li riparava e li forniva perchè quest'ultimo non perdeva occasione per importunarla con i più banali e tamarri tentativi di abbordaggio riprese Gervasone...
-Gervaso hai stancato con quei pugni al video poker! È la
seconda volta questo mese che devo chiamare il tecnico per
sostituirlo!
-Luisa guarda, non è aria, stai zitta e non rompere le palle..
Piero infastidito dal battibecco molesto intervenì...( il calcio d'inizio era già stato battuto)
-ragazzi fate piano che voglio sentire!
-(il telecronista) ... i felsinei attaccano da dest

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Vita da cartomante-Tradimenti-

Io non sono una che si fida facilmente. Specialmente degli uomini. Non è per la solita storia 'aaah hai sofferto, ti hanno delusa è normale che non ti fidi'... no è qualcosa di più profondo, ancestrale direi. Non mi fido per natura ma poi pretendo che gli altri lascino nelle mie mani le loro vite, perchè di me ci si può fidare... che egoista che sono. Senza divagare troppo nei perchè e nei per come, ascoltare dalla mattina alla sera di tradimenti fatti subiti o sospettati non era proprio il mio sogno nel cassetto. In quel caso avrei fatto l'avvocato divorzista o semplicemente sarei diventata una pettegola, di quelle che spiano dalla finestra e chiamano le amiche per sparlare. Invece eccomi qui, catapultata nelle vite segrete di queste persone... che in realtà non hanno veri problemi.. ma cavolo, se li creano! Per forza cara Marta (nome di fantasia) se vai a darla in giro come se non fosse tua tuo marito s'incazza! Su 200 telefonate ricevute nel mese di luglio, 198 erano di donne o uomini che tradiscono il partner; le altre due avevano sbagliato numero. Ma allora io vivevo in una favola rosa, dove le persone si amano, si sposano, stanno insieme e si rispettano... non credevo che ci fossero così tante persone infelici e così tanti cornuti. Credevo fossero una minoranza ma mi sbagliavo. Credevo anche che le donne fossero vittime di mariti troppo allegri e laboriosi che innaffiano i fiori della vicina di casa... ma qui i ruoli si sono ribaltati! quei pochi maschi che chiedono consiglio lo fanno perchè le mogli li tradiscono. Siamo diventati questo? io non voglio entrare in questa setta, è un giro che non mi piace. E lo dico da ragazza di 25 anni che ha intrapreso da pochi mesi una convivenza e ha paura di vedere tutto crollare all'improvviso... per cosa? dai, parliamo seriamente, i problemi sono altri, sono le malattie, i soldi che non bastano mai, i figli che prendono brutte strade, la depressione, le dipendenze... non esistono più gli amori profondi, visc

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   11 commenti     di: denise


Un'altra vita

Fumava aspirando lunghe boccate: il tabacco bruciava velocemente consumando in fretta la carta della sigaretta. Steve, appoggiato al bancone del bar, beveva una birra assorto nei suoi pensieri. Era un uomo d'aspetto gradevole con i capelli biondi e arruffati. Stava cercando di rilassarsi dopo una giornata dura: lavorava come magazziniere in un centro commerciale nel reparto elettrodomestici. Quel lavoro non gli piaceva: da giovane aveva cercato di inserirsi nell'ambito musicale come chitarrista blues. Passava gran parte della giornata attaccato alla sua chitarra come una chiocciola al suo guscio, e pensava che quello sarebbe stato il suo futuro. Si estraniava completamente dalla realtà quando, immerso nelle note, trascorreva ore senza rendersi conto del tempo passato a tirare fuori un'idea coinvolgente. Aveva cominciato a suonare nei pub con un gruppo, e si divertiva. Da poco aveva ricevuto un'offerta interessante da parte di un produttore discografico. La gente apprezzava la sua musica, le ragazze non gli mancavano e la vita sembrava andare per il meglio. Era solo un inizio, sapeva che avrebbe dovuto lavorare sodo per ottenere qualche buon risultato; ma quella era la sua passione e voleva metterci tutto il suo impegno perché diventasse la sua vita. Steve accese un'altra sigaretta mentre il barista gli porgeva la seconda birra. Il locale si stava animando, continuava ad entrare gente e la musica di sottofondo ormai aveva raggiunto un livello sonoro molto più alto. Il locale in stile anni'50 aveva i divani in finta pelle, poster e foto dell'epoca e una serie di oggetti che riportavano la mente a quel periodo. Il classico juke-box stava in un angolo in attesa che qualcuno inserìsse una moneta e un distributore di Coca-cola, dalle forme morbide di un rosso acceso, attirava sempre l'attenzione. Mentre un vecchio brano di Muddy Waters riscaldava l'atmosfera, Steve prese la birra con la mano sinistra e inevitabilmente i suoi occhi lo riportarono indietro nel tempo.

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Il cacciatore di storie

Ho bisogno di conoscere la tua vita, per riuscire a dare un senso alla mia.
Mi servono le tue emozioni, la rabbia, la gioia, devo vedere le tue ferite, voglio provare lo stesso tuo dolore.
E l'amore.
Insegnami le regole dell'amore.
Come si fa ad amare qualcuno, se non si conosce nessuno.
Voglio costruire una spiaggia usando le tue parole, dove i miei pensieri, dopo aver attraversato come le onde il mare, come queste si sciolgano in spuma con un inchino. Voglio danzare come aria alla luce del sole, e suonare come il vento quando attraversa le canne.
Voglio vedere la nascita. E la morte.
Voglio aver paura della morte.
Libera le tue storie, ti prego.



Breve storia di Simone e del suo dio

Come quando si aspetta qualcosa che non si sa quando arriverà, se nel giro di un minuto o tra decine di anni, Simone guardava fuori dalla finestra. Non aspettava nulla, in realtà. Guardava. Osservava. Studiava.
Sapeva vivere solo così, Simone, guardando la vita.
In piedi su uno sgabello -perché la finestra era troppo alta per lui- Simone guardava la vita, immaginava, sognava, viaggiava.
Era come nelle favole: poteva scegliere chi essere, ogni giorno una vita diversa, un personaggio diverso. Anzi, era anche meglio delle favole. Quelle che gli raccontava mamma Nellie duravano sempre troppo poco, e non lo facevano sognare. Non danzavano, non sorridevano. Anche mamma Nellie, a dire la verità, sorrideva molto poco. Anche papà Vin.
In compenso, urlavano sempre. Urlavano con lui, urlavano tra loro, sempre. Urlavano molto più di quanto non sorridessero.
Simone non capiva perché. Una vita in cui si urla, come può essere felice? Simone pensava che ci fossero delle cose che andavano dette piano, sussurrate, lasciate cadere come cade la prima neve dell’anno, discreta, gentile. Ma i suoi genitori non le avrebbero mai dette.
In fondo, a Simone non importava molto se i suoi non capivano. Un po’, sì, gli dispiaceva. Perché poi, diciamolo, i grandi sono così bravi ed esperti e sicuri nelle cose loro, da grandi appunto, che i bambini non capiscono, e si smarriscono invece in quelle più semplici. Non sanno cosa fare, non riescono a decidersi, e quando si decidono, alla fine, sbagliano. Forse non erano proprio tutti così, ma questo Simone non poteva saperlo. Certo gli sarebbe piaciuto poterli aiutare, in qualche modo, ma gli avrebbero mai dato retta? Simone pensava di no. E probabilmente aveva ragione.
Doveva essere difficile, la vita, per i suoi genitori. Ma la sua, pensava Simone, era bellissima. Dalla finestra vedeva una grande strada e il parco, e più oltre le colline, e una, in particolare, una collina che a Simone sembrava altissima, la più alta del

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   2 commenti     di: Stella


Uno strano caso

Da un po’ di tempo a questa parte stavo conducendo una vita grama. Passavo le giornate seduto su una panchina a leggere il giornale. Vestivo sempre più trasandato, avevo gli abiti sempre maltrattati e pieni di macchie di ogni genere. In ufficio le cose non andavano bene, la mia segretaria se ne era andata perché da molto tempo non la pagavo … e come potevo se il lavoro non c’era.
Le dicevo di avere un po’ di pazienza, che prima o poi qualche cliente sarebbe arrivato. Ma dopo solo sei mesi che non percepiva lo stipendio, mi dice che si è scocciata e mi manda al diavolo. Mi ero ridotto proprio male, a stento riuscivo a comprare un panino e del vino … rosso naturalmente. Il cibo per me non era importante, quello che contava veramente era il vino, l’unico che riuscisse a tirarmi un po’ su.
La sera la passavo in ufficio, se si può ancora chiamare così, era diventato pieno di polvere e ragnatele con gli schedari tutti in disordine. Ah dimenticavo io faccio il detective, e ogni tanto mi piace andare con la memoria e le mie documentazioni indietro nel tempo. Rivivo tutti i miei casi quelli risolti e quelli no, sempre con un bicchiere di vino in mano naturalmente.
La mattina mi ritrovavo disteso per terra sotto la scrivania e riuscivo a svegliarmi solo quando il sole che entrava dalla finestra mi illuminava il viso. La finestra rimaneva sempre aperta per tutta la notte così oltre a prendermi qualche malanno avevo anche una discreta abbronzatura sul lato sinistro del viso. Ma quella mattina mi sarei alzato lo stesso anche se c’era mal tempo.
Infatti da un po’ di tempo sentivo un gran rumore, come se volessero buttare giù la porta dell’ufficio. Mi alzai dal pavimento e vidi dalla porta-vetro che c’era qualcuno. Andai ad aprire per dire il fatto suo al tizio che faceva tutto quel baccano. Appena aprii la porta rimasi a bocca aperta, era la visione di una splendida donna, con tanto di borsetta e cappellino, che se non avesse parlato avrei creduto

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   3 commenti     di: Rosario Zingone



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Questa sezione contiene una serie di racconti brevi, di lunghezza limitata all'incirca ad una videata