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Racconti brevi

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La sposa

Da qualche anno ne parlava. Avrebbe desiderato realizzare il sogno.
Si sentiva pronta era già al trucco e successivamente sarebbe passata ad indossare il suo vestito bianco che aveva sempre desiderato. Le gambe tremavano, il suo viso non ancora truccato era già rosso per l'agitazione e il cuore batteva fortissimo al punto di sentirselo in gola. L'ora per realizzare il sogno era fissata alle 11:00 ma lei già molto tempo prima si stava preparando. Per lei era tardi. L'appuntamento si faceva sempre più vicino e lui era già all'interno della chiesa che cercava di nascondere l'emozione e le lacrime. Eccola arrivare accompagnata da suo padre. Quel giorno era più bella e nel suo vestito bianco sembrava un angelo. Lentamente entrava a passo leggero e lento con la musica che riempiva la chiesa già gremita di gente. Pochi passi ancora, e già si trovava vicino a lui. La cerimonia iniziava subito fino al momento di pronunciare il SI che avrebbe realizzato il sogno. Era il momento per lui di pronunciare quella piccola parola e subito arrivava il momento per lei. Ecco ora si sentiva realizzata, era diventata sposa e da quel giorno giurò di esserlo per sempre.

   2 commenti     di: Alessio Gatti


Uno, due, tre,... trenta!

"Di questo ne fai 3 da 20" , questo è il programma di uno dei 7 o 8 esercizi di fisioterapia che devo fare per tre volte alla settimana. La mia grande fortuna, fino a quest'anno, è stata di non dovermi confrontare con questo silenzioso contare la ripetizione degli esercizi assegnati, invece la mia "arto protesi di spalla sinistra con osteosintesi delle tuberosità omerali" mi ha costretto a conoscere il variegato mondo di questa rieducazione.
La frequentazione del centro mi è diventata abituale: tutti gli attori hanno qualche problema chi a un ginocchio, chi al piede, un giocatore di calcio al tendine, un anziano si sta riprendendo da una lussazione. E tutti mentalmente scandiscono la loro numerazione.
Io penso mentre enumero, alcuni giovani hanno gli auricolari dell'MP3, la maggioranza conta mentalmente e si guarda allo specchio. Lo specchio mi pare sia furbescamente dimagrante per migliorare l'ottimismo dei pazienti con un apparente aspetto più sano.
Disseminati ovunque ci sono i variopinti attrezzi di ausilio alla fisioterapia: palle colorate, materassini, un timone, vogatori, elastici e carrucole, bastoni. Alcuni volenterosi oscillano pazientemente una gamba zavorrata da pesi, altri stringono palloni variopinti fra le ginocchia, altri, che apparentemente sono inoperosi, stanno facendo scorrere fettucce colorate fra due dita della mano di cui devono rinforzare i muscoli e tutti immancabilmente e mentalmente contano e non sanno di quanto sia armonico e variegato il loro movimento complessivo, quasi un quadro di bizzarri danzatori.
E anche io conto e penso, penso al mio incidente quando in una meravigliosa giornata sulle piste da sci sono stata investita in pieno da un ragazzino inesperto che è partito a tutta velocità sul ghiaccio senza possibilità di controllo facendomi volare, penso a cosa fare a pranzo per i miei ospiti domenicali, penso a mia figlia che è a Roma e a mio marito in Brasile, penso a quanto sia invecchiata mia mamma, penso ai mie

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Leopardi dal parrucchiere

Ho sempre detestato il negozio del parrucchiere. Non è un ambiente in cui mi sento a mio agio, la stupidità ti investe non appena oltrepassi la soglia, sarà quell'odore di profumi, che sembra quasi aggredirti le narici o quei sorrisi stereotipati delle lavoranti, di solito tutte ragazze molto giovani dallo sguardo piatto. Pur rifiutando il cliché dell'intellettuale, definito sempre borghese dalla mia coscienza di classe, è indiscutibile che certi ambienti sembrano rappresentare la stoltezza per eccellenza ed è quasi inevitabile provare la sensazione di essere un pesce fuor d'acqua. Purtroppo i capelli bisogna tagliarli e ad una certa età bisogna pure tingerli, oddio nessuno ci obbliga però è difficile rassegnarsi all'evidente declino, così, ob torto collo, è necessario rivolgersi a mani capaci.
Sono talmente insofferente all'ambiente che dopo tre o quattro volte in cui ne frequento uno solitamente mi stanco. L'insofferenza e il disagio mi aggrediscono soprattutto quando, cercando di parlare di cose semplici e facilmente comprensibili, almeno credo sant' iddio!, gettando uno sguardo agli occhi della parrucchiera di turno, lo vedo vuoto quasi ceruleo e mi sento morire e penso: " Ma che cavolo avrò detto che mi guarda così? "
Sono talmente infastidita che spesso non mi piace neppure l'acconciatura ed esco incazzata per i soldi spesi.
Da quando abito in questa cittadina ne avrò cambiati più di cinque.
Poi un giorno una mia amica mi ha consigliato una negozio vicino casa sua, dove praticavano prezzi modici e sembravano molto competenti.
Vi sono entrata con il solito disgusto. Come ho superato la porta d'ingresso una donna ancora sufficientemente giovane mi ha accolto con un bel sorriso. Piccolina, ben proporzionata dai begl'occhi di un marrone scuro e scintillante, come i suoi capelli mi ha chiesto in cosa poteva essermi utile. Ero nuova e mi sono sorpresa dell'inaspettato calore, il quale mi ha messo subito di buon umore.
Mi sono seduta per aspet

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   1 commenti     di: silvia leuzzi


Eleman (capitolo1: Valentino)

Valentino era solo un bambino di dieci anni che correva libero e lontano da quella realtà provinciale nella quale era nato e che nonostante tutto l'aveva anche cresciuto, lontano da sua madre, da se stesso, anche se ancora non lo sapeva, non poteva saperlo.
Un bambino spensierato, come tanti, ancora ignaro di quello che potrà accadergli nell'intero arco della sua vita.
Spesso gli capitava di giocare presso un ampio campo pieno di erba alta e fiori selvatici, quando il tempo era quello tipico delle stagioni di una volta, ovvero quando la primavera era ancora la primavera.
Il gioco consisteva nel cercare di prendere, rincorrendolo, il suo affascinante vicino di casa Alfio, suo coetaneo.
Doveva riuscire ad acciuffarlo in un tempo massimo ben prestabilito. Ma Valentino non ce la faceva quasi mai e per questo era costretto a subire punizioni che di volta in volta cambiavano. Un giorno Alfio lo portò, a tale scopo, in un angolo discosto del campo, sotto una pergola carica di foglie d'uva neonate, e si lasciò cadere a peso morto contro le umide parati odorose di un muro di sassi.
La punizione riservata a Valentino consisteva nel fare all'amichetto una di quelle cose che Alfio aveva visto sui suoi giornaletti porno, in altre parole Alfio doveva solo tirarlo fuori e aspettare che il suo giovane amico s'inginocchiasse ai suoi piedi per prendergli in bocca il sesso. Al contrario di ogni previsione la punizione si trasformò in un "dolce" premio per entrambi.
*
Di Alfio si poteva assolutamente dire, senza timore alcuno di sbagliare, che era un ragazzo modello. Bello, slanciato, atletico, bravo a scuola quanto bastava, a sentir lui pieno di donne, un tipo "fico" insomma. Quando era a corto di materia prima, di "femmina", però amava ricorrere a quel suo strambo ed efebico vicino di casa, a Valentino.
Valentino e Alfio una volta, nella camera da letto di quest'ultimo si ritrovarono a sperimentare i primi "innocenti" piaceri del sesso, per questo

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   0 commenti     di: frivolous b.


Cristo... che opportunista

— E vattene via... mosca di merda... ché non bastano li romani?
Cosa mi è venuto in mente di prendere al volo 'sta opportunità?
Vatti a fidare degli annunci pubblicitari, anche se non si può dire che mentissero del tutto:

— Ottima vista su Gerusalemme
— Aria buona e nessuna casa vicina
— Struttura in legno massiccio
— Bagno esterno
— Vigilanza continua
— Ideale per meditare sull'esistenza... —

   1 commenti     di: massimo vaj


Eleman (capitolo 2: Eleman)

La sera che i due amichetti virtuali imprevedibilmente si sentirono per telefono non si dissero in realtà molto. Ma, anzi si limitarono più che altro a scambiarsi le loro impressioni sulle loro relative voci. Valentino trovava che l'amico avesse una voce particolare dall'accento strana, in una parola fantastica! Alessandro invece pensava che l'amico avesse una voce un po' da "tranvione".

Del resto le confessioni tra i due con il passare del tempo diventavano sempre di più e sempre più, come spesso le definiva Valentino, succulente!
Una volta Valentino si ritrovò a parlare delle sue saltuarie visite "intime" al suo vicino di casa Alfio, parlandone senza usare mezzi termini nel seguente modo: "Sega più pompino! Mi è venuto in bocca... niente di esaltante, è rimasto tutto il tempo sdraiato, senza toccarmi... ma sai com'è, ha diciotto centimetri in mezzo alle gambe?!!!"

Poi dall'oggi al domani, così, Alessandro decretò che da quel giorno in poi "Valentino" per lui era morto e che avrebbe chiamato l'amico "Eleman", cioè ragazzo elegante. Eleman a tale novità non ne fece tante, commentò solo: "Non so... più che altro mi ricorda molto Elephant man!"
*
Una fase simpatica di questo rapporto virtuale tra i due giovani fu quando Eleman si fissò di voler "affittare" un escort e dovette spiegare cosa mai fosse un "escort" ad Alessandro che fino a quel momento pensava semplicemente, o così gli pareva, che fosse una macchina! Ed Eleman glielo spiegò nel seguente modo: " Un escort è un ragazzo carino e muscoloso che si dà in affitto come accompagnatore..." e aggiunse: "Quasi quasi ne affitto uno..." ma, ovviamente, il ragazzino, che tra l'altro, era ancora minorenne, scherzava.
Ci fu "una fase" in cui Eleman in un certo qual modo "voleva" Alessandro. Ma nello stesso tempo lo "rifiutava" anche, in quanto, non trovava che esso avesse tutte le caratteristiche che doveva avere un maschio per piacergli. Per

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   0 commenti     di: frivolous b.


Passato presente lato A

Un anziano barbone davanti ad vecchia slot machine, aziona la leva e parte il gioco delle combinazioni. Al posto delle banane e fragole, ci sono le foto di tutta la sua vita. Le ruote si fermano, il tris è sotto i suoi occhi... Inizia a piangere. Nelle foto c'è lui, con la sua famiglia... Ora, a schermo intero la foto prende vita...


Lino e Silvia, sono uno di fianco all'altro, poggiano la mano sulla spalla di Claudio, che è davanti a loro con un arco. Un classico ritratto, dove il nipotino festeggia con i nonni la vittoria di una gara sportiva, se non fosse che loro non sono i nonni, ma i suoi genitori. Uno dei pochi momenti in cui Claudio sorride.


I suoi primi disegni sono banali e privi di senso. Si riscatta più avanti, quando comincia a giocare con le lego. Costruisce case in tutti i modi e forme. <Diventerà un grande architetto,> con orgoglio mormora Lino, senza immaginare, che il figlioletto già cercava un luogo a sua dimensione. Una casa dove sentirsi protetto.

Durante il periodo scolastico è timido e introverso. Partecipa ai giochi e si rende sempre disponibile con tutti, anche se ogni volta viene deriso e sopraffatto dalla prepotenza di quei pochi bambini che con la violenza e bullismo ne fanno la propria arte.


Soffre in silenzio e nasconde le difficoltà che incontra. Per Claudio sono periodi difficili, periodi in cui, un bambino non deve guardarsi alle spalle, ma sorridere e correre a testa alta.


Guardare i suoi genitori come il faro nella vita. Quei genitori, incapaci di vedere i limiti di un bambino vulnerabile, che si ritira subito in difesa senza reagire. Quei genitori cha ha loro insaputa, hanno azionato il freno fisiologico di un'età ormai avanzata. Proprio ora, che Claudio ha bisogno di cavalli da corsa e non di pony da passeggio.


Ma loro sono tranquilli perché al figlio non gli fanno mancare niente, ha una camera piena di giocattoli, ha tutto quello che può desiderare un bambino, si dicono. Sono rispe

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   1 commenti     di: cadoni angelo



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Questa sezione contiene una serie di racconti brevi, di lunghezza limitata all'incirca ad una videata