Un interrogativo ultimamente mi ha tenuto occupato ed ora ve lo presento: cos'è la prescienza divina? È possibile accostarla al libero arbitrio? E per ciascuno esiste veramente una predestinazione?
Credo che l'argomento susciti un certo interesse, perché intuire il rapporto che Dio ha con noi e ricostruire il fine ultimo dell'esistenza, sono dei temi che ci riguardano tutti, anche se con gradi ed intensità diverse.
Naturalmente sarebbe tutto più semplice se Dio concedesse una intervista o se ci autorizzasse a fare una ripresa, purtroppo questo non è possibile e quindi temo che dobbiate accontentarvi della mia povera e scarna spiegazione.
Forse per chiarire l'onniscienza divina dobbiamo immaginare la storia di ciascuno come ad una pellicola cinematografica che una volta frazionata in più fotogrammi e disposti in ordine sopra un grande tavolo, si riesce ad avere un'organica sequenza d'insieme.
Così facendo gli eventi ed il loro corretto significato, si presentano in una prospettiva molto più chiara, finalmente liberata dallo spazio temporale, per cui: il passato, il presente ed il futuro si mostrano indistinti e simultanei.
La similitudine ci fa comprendere la visuale di Dio per il quale ogni fatto che si svolge, si compie nel presente. Eppure qualche teologo sostiene che la prescienza di Dio va oltre la fantasia e lo scibile umano. Secondo costoro Dio sarebbe in grado di conoscere persino lo sviluppo dei fatti mai accaduti, vale a dire l'evoluzione degli "eventi futuribili".
Con il libero arbitrio l'uomo può scegliere il Male anziché il Bene e anteporre la corruzione alla virtù, indipendentemente dalla prescienza di Dio. Nel reciproco esercizio della libertà Dio non viola lo spazio vitale dell'uomo, anzi gli lascia la libera strada alla sua evoluzione.
Il passo evangelico: "fa levare il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti" (Mt. 5, 45) significa che ciascun uomo in vita riceve il medesimo trattamento,
L'opera "Filumena Marturano" del 1946 di Eduardo De Filippo è forse la più conosciuta del grande drammaturgo napoletano. Ha in sé la rottura di diversi schemi che caratterizzano il teatro del dopoguerra e pone le basi ad un modo diverso di concepire il teatro come premessa di sviluppo della vita sociale e non già come intrattenimento piacevole davanti ad un fatto di cronaca oppure rispetto ad un dramma dai contenuti e dall'intreccio interessante ed avvincente. Entra nel tessuto sociale dell'Italia di quel tempo dal momento che sia le autorità ecclesiastiche che politiche ne fecero parte attiva. Pio XII ospitò la compagnia in San Pietro per una breve rappresentazione (la preghiera alla Vergine) esponenti governativi e parlamentari assistettero ad una rappresentazione. Da dove nasce questa attenzione per quella che era solo un'opera teatrale? L'idea non era neanche troppo originale, tutto in teatro si ripete e si rinnova: storie di prostitute mantenute e riabilitate si hanno ne "La signora delle camelie" da cui si ispirò Verdi per La Traviata" in Pirandello ne "L'abito nuovo" ed anche De Filippo stesso aveva utilizzato il tema nella piece "Sarà stato Giovannino" da cui si trasse anche un film del 1935 dal titolo "Sono stato io". Il dramma nasce da una consuetudine cattolico-perbenista di perfezionare un matrimonio in extremis di una donna perduta, anche questo argomento già visto in cinema nel 1942 con "Stasera niente di nuovo" in cui il pathos e la commozione per una donna che muore munita dai conforti religiosi viene salvata e riscattata da una vita aspra. Ma Eduardo rivolta le consuetudini sceniche e rinuncia alla scena madre e rende la malattia finzione ma porta la scena al momento immediatamente successivo: quando tutto è già accaduto e Filumena si è già alzata ed è già il tempo di litigi e recriminazioni. La storia in breve è questa: Domenico Soriano, figlio di un commerciante proprietario di una pasticceria e che a sua volta ha incrementato la
[continua a leggere...]Come spiegare ad un bambino cos'è l'infinito? Un concetto troppo difficile, troppo grande. Ero bambino e mi chiedevo come potesse qualcosa essere infinito. Pensavo, in particolar modo, all'universo. "L'universo è infinito", questo mi dicevano. Non lo capivo, ma nemmeno lo discutevo. Aspettavo in macchina un giorno d'inverno, il vetro era appannato. Pensando all'universo cercai di disegnarlo, volevo vedere l'infinito coi miei occhi. Disegnai un cerchio piccolo, la Terra; intorno, feci un cerchio più grande, il sistema solare. L'universo è infinito... ma se non lo fosse? Provai allora a confutare l'assioma. Facciamo finta che l'universo sia finito. Ecco, dunque, un altro cerchio. Ma se l'universo ha un confine, cosa ci sarà dopo? Il nulla? La non-esistenza? Se fosse stato così, mi resi conto che il nulla sarebbe stato infinito. Ipotizzai, allora, che ai confini del nostro universo, potesse cominciarne uno nuovo. Aggiunsi un altro cerchio. Ma, finito anche quell'universo, cosa poteva esserci? Un altro universo oppure il nulla infinito? Capii, in quel momento, che avrei potuto andare avanti a disegnare cerchi, racchiusi in altri altri cerchi. Oppure rassegnarmi all'idea del nulla infinito. Capii, insomma, che l'infinito non era una scelta, un opinione. Era inevitabile. Che fosse il nulla, o un'infinità di universi, c'era qualcosa di necessariamente infinito. Quel giorno capii l'infinito.
Anni dopo capii di non aver capito fino in fondo.
L'infinito non esiste, la penso così.
Nemmeno i numeri sono infiniti. In teoria si potrebbe andare avanti "all'infinito" aggiungendo una cifra dopo l'altra. In teoria... ma ciò non è realmente possibile. Ad aggiungere una cifra dopo l'altra, prima o poi si finisce l'inchiostro, prima o poi finisce lo spazio sul foglio, prima o poi si esaurisce l'intera scorta mondiale di carta, prima o poi si finisce il foglio di excel, si finisce la memoria del computer, si finiscono i centimetri di terra su
Tanto tempo fa, una bambina bionda, con gli occhi curiosi e luccicanti si trovò a dover affrontare il mondo, tutto d'un tratto diventato serio, monotono, rigido. Dovette adattarsi a quel nuovo mondo che la incuriosiva, ma che la reprimeva. La bambina adorava giocare, uscire e andare alla scoperta delle cose, guidata solo dal suo spirito di avventura. Sentiva come un qualcosa che le nasceva da dentro, le riscaldava il petto, arrivava alle braccia e poi alle gambe che da sole andavano, correvano, viaggiavano. Questa sensazione la guidava tutti i giorni, facendoli diventare un'avventura sempre diversa, una continua scoperta di se stessa e del mondo che la circondava. Ma presto capì che con quel mondo avventuroso non poteva più entrarci in contatto perché i genitori, gli amici, gli affetti, vivevano nel mondo rigido, vivevano in quel mondo chiuso, inscatolato in continue etichettature. Un carcere fatto solamente di aria. Non le fu lasciata scelta: dovette adattarsi a quel mondo che esigeva troppo da lei, che imponeva cose che lei non era pronta a fare, una delle quali lasciare il mondo avventuroso in cui era cresciuta. Promise a se stessa che non lo avrebbe mai lasciato quel suo lato fantastico, che non avrebbe abbandonato quella conoscenza dettata dall'anima, avrebbe provato a conciliare le due cose, a farle combaciare. Ma si accorse che era come cercare di avvicinare due calamite della stessa carica. Così pian piano la bimba vide la sua anima, sempre pronta ad entusiasmarsi per ogni cosa e alla costante ricerca di un avventura, addormentarsi. Sentì come se qualche pezzo che faceva di lei la persona che era, le fosse stato strappato via con prepotenza. E con il tempo si dimenticò la sua anima, che riposava in un angolo buio, freddo e spento del suo cuore. La sua vita andò avanti, veloce, inesorabilmente veloce. La bambina diventò una ragazza e continuò a vedere il mondo inscatolato. Si era dimenticata chi fosse veramente e cominciò a convivere con il perenne
[continua a leggere...]"Siamo tutti schiavi perché ci è impedito di fare quel che più ci piace"
È una spiegazione molto semplice, ma abbastanza esaustiva.
Nonostante la schiavitù sia abolita da diverso tempo, la condizione dell'uomo oggi, di tutti i cittadini, è quella di persone negate della propria libertà. E, cosa peggiore, il nostro padrone oggi non è una persona in carne ed ossa, ma è rappresentato da alcuni concetti astratti, come il mercato, i soldi, la società.
Tutto ha avuto inizio con un sintomo, il nichilismo, che ha bussato alle coscienze degli esseri umani in seguito alla Rivoluzione Industriale. Da allora tutto, le persone, i sentimenti, i valori, gli oggetti hanno perso il loro significato più profondo per essere considerati esclusivamente per il loro valore pratico, perché funzionano. Vennero prosciugati i sogni, le speranze, i desideri degli individui, e trasformati in oggetti vuoti. Ed è su questo che contano le industrie che, grazie a programmi televisivi, pubblicità, mode, mirano a creare dei desideri insite alla massa che l'individuo cercherà di soddisfare acquistando quel vestito, quel prodotto, quell'oggetto. Quindi è chiaro che tutti, la maggior parte della gente perlomeno, sono schiavi del mercato.
"Per i soldi, le persone sono disposte a uccidere
sì, per i soldi le persone uccidono..."
Questo è un passaggio della mia poesia "Attesa simile alla mela". In questa lirica parlo dell'importanza del nuovo oro, il petrolio, che può essere la causa scatenante di una nuova guerra, ma nel seguente saggio riporterò il concetto centrale del testo poetico per avanzare delle considerazioni riguardo al rapporto umano con la moneta. L'attenzione rivolta verso questi fogli di carta è sicuramente eccessiva. Il meccanismo è molto simile a quello delle droghe: i soldi provocano dipendenza, non se ne hanno mai abbastanza, e le crisi di astinenza possono essere, nel vero senso della parola, mortali. L'unica differenza è che queste 'sostanze stupefacenti'
Esiste una bellezza che và al di là del semplice soddisfacimento dei sensi e che coinvolge l'ambito intellettivo e spirituale?
Coloro che hanno conosciuto santa Teresa d'Avila, raccontano che era una donna molto bella; aveva i capelli neri e le mani bellissime, il viso proporzionato, la carnagione bianchissima, il sorriso amabile e quando parlava di Dio si animava di una forza incantevole.
Nella sua autobiografia, Teresa, dice: "Dio mi ha dato la grazia di piacere a chiunque". Ai nostri giorni leggere o ascoltare una simile affermazione, ci induce a pensare che Teresa d'Avila fosse guarnita di un'avvenenza universale ed avesse dei modi gradevoli e arrendevoli al punto da suscitare la simpatia e l'ammirazione di coloro che la avvicinavano.
Chi ha letto le sue opere, vi scorge un linguaggio di una semplicità infantile, ma illuminato di Sapienza e di Verità che segnato dalle esperienze mistiche, approdano alla teologia spirituale, usando il metodo della narrazione.
Teresa d'Avila conferma la strada della "teologia narrativa" come rilevato nei Vangeli e in gran parte dei libri sacri, poiché sopra ciò di cui non si può tacere, si deve narrare.
Teresa d'Avila racconta le sue esperienze soprannaturali, ma il suo primo libro autobiografico viene sequestrato dall'inquisizione senza che questa però, vi ravvisi alcuna traccia di eresia. Su santa Teresa d'Avila è stato detto e scritto di tutto: una persona allucinata e suggestionabile, una femmina sessualmente repressa, una indemoniata, una donna indecisa e ipocondriaca, una masochista.
Sembra che a parlare dell'Amore trasformante di Dio, si venga etichettati, perseguitati, diffamati, ma mai dimenticati, perché altrimenti come spiegare l'interesse dell'uomo contemporaneo verso una mistica vissuta nel pieno rinascimento spagnolo?
Considerando che la donna in quel periodo storico non aveva accesso all'istruzione e che le era negata qualsiasi forma di autonomia, poiché il lavoro della donna era
Quante volte abbiamo pensato alla morte come all'ultimo capitolo dell'esistenza, trascurando o peggio dimenticando che il fine dell'uomo non è di certo la solitudine o la sofferenza, ma l'irragionevole (razionalmente parlando) bagliore della resurrezione che sovverte il nostro ordine mentale e apre interrogativi e speranze verso la realtà incorporea, percepibile per intuizione, ma accessibile solo per volontà divina.
I Vangeli raccontano della resurrezione del Nazareno, ma parimenti ci illustrano altri tre prodigi simili compiuti in vita da Gesù e sono: la resurrezione del figlio della vedova di Nain e quelle della figlia di Jairo e di Lazzaro. Dentro una bara, sopra un letto o dentro una tomba, Gesù ridona la vita in qualsiasi luogo, indipendentemente dall'arco temporale in cui è avvenuta la morte o dal tipo di infermità del beneficiato.
Per noi Dio compie grandi meraviglie e talvolta a qualcuno affida un incarico eccezionale. San Francesco d'Assisi e Santa Caterina da Siena, compatroni dell'Italia, aderendo perfettamente al progetto salvifico di Dio, si sono resi protagonisti di eventi che hanno oltrepassato i confini della fisicità e del comune senso della razionalità, lasciando stupefatti i testimoni delle rispettive epoche.
Fra' Tommaso da Celano contemporaneo e biografo del poverello d'Assisi racconta nel trattato dei miracoli che una nobildonna originaria di Monte Marano presso Benevento, molto devota a San Francesco a seguito di un male, muore. A tarda sera, davanti ai parenti ed ai rappresentanti della Chiesa sopraggiunti per una veglia di preghiera, la nobildonna già defunta da alcune ore, si solleva dal letto e chiede di essere confessata tra lo stupore generale. Agli increduli astanti, lei spiega che grazie all'intercessione di San Francesco le è stato permesso di tornare in vita, perché dichiari nella segretezza della confessione un peccato non dichiarato. Terminata la confessione, la donna lascia nuovamente questo mondo, stavolta per
Questa sezione contiene un insieme di opere di saggistica