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Saggi

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Uomini e Dei

La centrale elettrica Montemartini a Roma, fa parte di quelle preziosità che bisogna scoprire perché fuori dal classico giro turistico.
Il film " Le fati ignoranti" inizia con una scena girata in una di queste sale affascinanti.
Un ambiente luminoso in cui sono tenuti in perfette condizioni macchinari e meccanismi d'inizio secolo, in contrappunto statuarie, opere musive ed oggettistica varia provenienti dalle viscere di una Roma che fu e venute alla luce nel tempo per farsi ammirare.
Non sento stridio fra il nero metallo ed il bianco del marmo; è come se non fossero passati millenni ché sempre lo stesso uomo ha modellato a suo piacimento, con genialità ed arte due materie così diverse.
In contrasto armonioso neri motori diesel, giganteschi stantuffi ed il marmo pario di Polimnia, il lunense di Giove, Antinoo, Eracle, Atena.
Perfino un bullone grande quanto un melograno mi è sembrato bellissimo.
Operai hanno lavorato qui con tanta forza nelle braccia ed intelligenza su pavimenti di mosaico.
Chicca per chi ama sorprese.

   2 commenti     di: Chira


Un'altra appassionante e affascinante lettura

Quando cominci a leggere un libro e ti prende talmente tanto, ne sei così coinvolta da provare incessantemente il desiderio di proseguire nella lettura della storia, credendo che non riuscirai mai ad arrivare alla fine.
E quando finalmente sei lì, agli ultimi capitoli, agli ultimi istanti decisivi che chiudono il libro, improvvisamente ti viene l'irrefrenabile nostalgia di dispiacerti del fatto che abbia un termine. Ti accorgi che una volta finito ti mancherà, ti mancheranno quei personaggi, quello stile, quella ambientazione, ti mancherà l'essere avvolta in quella dimensione raccontata da qualcun'altro, vera o surreale che sia perché un libro per quanto sia impegnativo ti fa compagnia come se tutto fosse catapultato nella tua piccola realtà tanto da prenderne forma come in un film e realizzi che non c'è niente di meglio di un libro per accompagnare i tuoi istanti solitari per poi continuare la tua foga letteraria in un'altra appassionante e affascinante lettura.

   0 commenti     di: Aluna Morrison


L'estate nel villaggio dell'anima

Oggi quando vedo una pietra ascolto una poesia, quando vedo un uomo mi consolo, quando incontro una donna m'innamoro.
Sulla sabbia, divina armonia, nel battito celeste del pianeta ascolto la melodia dei tuoi passi, le dolci azioni dei fiori che come versi di dolcezza e di abbandono esprimono la bellezza della tua esistenza.
Sulla sabbia contemplo il deserto e il dono della sua essenza, il soffio vergine del vento che trasporta l'onda sublime dei tuoi passi per incontrare l'oceano dell'anima.
Dormi ora, se sei stanca tra le mie braccia di vento e di mare e lascia che il mio amore ti trasporti sull'isola perduta del tuo corpo, su villaggi di pietre antiche a conoscere la poesia della tua bellezza.
Stenditi infinite volte laddove non ci sono ricordi, memorie distanti, scene, situazioni di uomini e donne, eventi e destini che ti hanno allontanato dalla tua anima di pietra.
Distenditi laddove il vento soffia con dolcezza e permea di bellezza la soffice tela delle tue labbra.
Scriviamo insieme la nostra poesia sull'onda silenziosa della vita e lasciamo che la primavera nel villaggio non guardi ai doni che la tempesta ha lasciato ma contempli i doni che gli angeli della bellezza e della luce hanno sparso sulla terra.
Doni che contemplo quando cammino in ogni istante della mia vita, che raccolgo come un viandante felice sul suolo fecondo dell'esistenza. Anche il mio respiro per quanto affannato dalle ciccatrici del tempo è un dono, come un dono è il respiro delle piante, della sabbia e di ogni pietra la cui anima misconosco, e di ogni cosa che nel cielo percorre intere distanze come un canto di grazie e di magnifico abbandono.
Ho visto una pietra quest'oggi all'alba, nella quiete delle prime luci. Una pietra ho visto e l'ho salutata con un grazie, con un canto che proveniva da lontano, da un luogo distante e che sembra così accanto al mio corpo, un luogo in fondo così nascosto ma che abbraccia posti inesorabili e mete calde e senza forma e che ci mostra che anc

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   0 commenti     di: salvatore


Gli stadi della vita (l'evoluzione della specie umana, dal buio alla luce e dalla polvere alla verità)

1 stadio - vita vegetativa-solare (fotosintesi clorofilliana)
2 stadio - vita animale-istintiva ( midollo, cervello primitivo)
3 stadio - vita animata-emotiva (sistema limbico, cervello intermedio)
4 stadio - vita cosciente-riflessiva (corteccia cerebrale, cervello superiore con il raziocinio della ragione)
5 stadio - vita illuminata-intellettiva (corteccia associativa, cervello eccelso con l'idealismo dell'intelletto e la luce della sapienza).



Gli altri Apologhi di Ulisse

Guido delle Colonne, Historia destructionis Troiae, l. XXXIII passim

"È vero, signor re, che dopo la conquista di Troia della quale evidentemente io sono stato autore, con le mie navi onuste di molte ricchezze d'oro e d'argento sottratte ai Troiani e con la compagnia di molti amici mi affidai al mare e navigando felicemente per più giorni approdai sano e salvo in un porto comunemente chiamato Mirna, dove sbarcai con i miei per godere della terraferma e lì al sicuro per qualche giorno indugiai senza che nessuno molestasse me e i miei. Poi mi allontanai da quel porto e con il vento favorevole arrivai sano e salvo nel porto detto Calastofago, dove insieme con i miei mi fermai per alcuni giorni. E poiché venti fallaci mi facevano pensare a tempo bello, lasciai il porto e navigai felicemente per i tre giorni successivi. Poi d'improvviso prese vigore una tempesta di venti e il cielo da sereno si fece subito oscuro: e con incerta navigazione mi sbattè ora qua ora là con una violenta tempesta. Alla fine mi costrinse a deviare malvolentieri in Sicilia, dove ho patito moltissime sofferenze e fatiche. C'erano infatti in Sicilia due re fratelli, dei quali uno si chiamava Stregone e l'altro Ciclope. E questi due re assalirono me e i miei. Vedendo le mie navi piene di tante ricchezze ne fecero bottino e si presero tutto quel che vi trovarono, numerosi e violenti come erano. E anche peggio, perché sopraggiunsero i loro due figli, molto valorosi e bellicosi, che si chiamavano Allifan e Poliremo. Questi assalirono i miei soldati, ne uccisero cento, catturarono me e Alfenore, uno dei miei compagni, e gettarono me e lui in carcere in un castello. Questo Poliremo aveva una sorella, bella e vergine, e Alfenore appena la vide ne arse di passione e fu preda totale di questo amore. Per sei mesi dunque Polifemo mi tenne prigioniero in Sicilia. Ma alla fine ebbe compassione di me e mi liberò con Alfenore. Questo Poliremo poi mi diede anche benefici e onori. Ma Alfenore per la viol

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La Napoli di Bellavista

Sono del 1979 gli scatti d'autore di Luciano De Crescenzo, nell'insolita veste di fotografo che pubblicò nel suo libro di immagini, ora quasi introvabile: "La Napoli di Bellavista" edito da Mondadori. Lo scrittore, poeta, regista e attore raccontava con l'obiettivo le numerose facce e contraddizioni della sua città. Un viaggio ironico e nostalgico tra i chiaroscuri partenopei, Luciano insinua nel libro la sua "napoletanità", autoironica, mai sciovinista e dal riso amaro, che può riassumersi nella foto grottesca di due addetti alle pompe funebri che mangiano un panino mentre trasportano la bara di un caro estinto. L'ex ingegnere della IBM fotografava gli aspetti curiosi della sua città, le scene di vita di strada che possiamo ritrovare ancora oggi a Napoli. Un bel viaggio tra luoghi unici con immagini oramai storiche, entrate nell'immaginario collettivo come quella su San Gennaro, invitato a fregarsene, "Futtenenne" quando la Chiesa tentò di "declassarlo" o quella di "Fortunato" venditori ambulante di taralli ed altri cibi immortalato anche nella musica di Pino Daniele "Furtunat ten' a robba bella".

Esilaranti anche i brani che accompagnano le foto, per farci un'idea leggiamo insieme:

Quanto volete per questo fondale di presepe?"
"Dottò, perché siete voi, ottomila lire"
"Ottomila lire? Ma fusseve asciuto pazzo? Io l'anno scorso, tremila lire e non me lo sono voluto comprare!"
"A parte il fatto che io l'anno passato questo fondale qua non lo vendevo per meno di cinquemila lire, avete fatto male voi a non comprarvelo. E già perché adesso per fare un fondale di questa posta ci vogliono tremila lire di materiale e tre giorni di fatica. Metteteci pure 'e stellette 'argiento, 'a cumeta e 'a farina azzeccata pe fa 'a neve e poi fatevi il conto"
"Va bè, va, voglio fare una pazzia, eccovi le cinquemila lire"
"Dottò, mi dispiace per voi, ma non vi posso accontentare: qua se non escono settemila lire, una sopra all'altra, io il fondale dal muro non

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   0 commenti     di: Giacomo Nigro


Parole e parolacce

Uno dei temi più discussi e dibattuti di questi tempi è quello delle "parolacce" che vanno sempre più diffondendosi, dopo aver rotto i muri dell'ambito confidenziale, familiare, amicale. Non vi sono distinzioni ne di età ne di luogo, così l'epiteto volgare, l'insulto, l'ingiuria, vengono espressi sia in pubblico che in privato senza ritegno, in ogni rapporto, ad ogni livello e, cosa più dolorosa, persino tra genitori e figli.
Ho sempre ritenuto che la parolaccia fosse un modo indegno di scaricare le proprie tensioni, un piccolo retaggio di inciviltà che l'uomo si è trascinato dietro nel corso dei secoli, senza riuscire mai a liberarsene, nonostante gli altissimi livelli di conoscenza e di civiltà raggiunti.
Ha imparato a mettere il freno alla propria istintività, con l'aiuto dell'esercizio educativo che viene impartito fin dalla tenera età; tuttavia non v'è chi non si accorga che pur mettendo tappi ben saldi sulla bocca, a tempi e luoghi alterni, la parolaccia riaffiora.
Ora io non voglio mettere a fuoco il cammino che l'uomo ha compiuto per raggiungere l'attuale grado di civiltà; mi pare eccessivo e non pertinente; però non è difficile capire che essere civili è faticoso, comporta un impegno costante di apprendimento e di controllo su di sè che richiede uno sforzo senza tregua, a partire dalla nascita e durante tutto il percorso esistenziale.
Rapportarsi civilmente, evolversi comporta una costante attenzione per la ricerca della giustizia, controllando la propria intolleranza, cercando sempre di mantenere il dialogo chiarificante a proprio favore, senza annientare l'altro come a volerlo cancellare con una sola parola perché l'insulto uccide la dignità ed ottenebra l'onore della persona, anche se per un breve istante.
La parolaccia è una sintesi, un concentrato d'accusa e di calunnia, espressi senza pudore e senza misurarne la portata.
Con vari eufemismi l'espressione "figlio di..." l'ho sempre sentito dire, anche da

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   1 commenti     di: Verbena



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