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Saggi

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Innamoratevi!

"Innamoratevi, se non vi innamorate tutto è morto!".
Questo è il tema centrale del monologo che Begnini recita nel suo film "La tigre e la neve". Ed è un buon consiglio, l'amore rende veramente vivi. Innanzitutto fa scaturire dei sentimenti e sono essi a guidare l'individuo nelle scelte di ogni giorno. Per capirne la forza e l'importanza basti pensare all'atteggiamento opposto all'amore, l'odio, che nei casi estremi spinge ad uccidere. È fondamentale che ogni persona ne faccia nascere di diversi tipi, dall'amicizia alla simpatia, dall'ostilità alla pietà. L'uomo deve sviluppare il proprio mondo interiore, altrimenti rimarrebbe soltanto una creatura facilmente controllabile dai governi e dal mercato.
Rivolgiamo la nostra attenzione al passato. C'è stato un periodo nella storia umana in cui venivano esaltati i sensi e i sentimenti. Si tratta dell'epoca del Romanticismo, momento in cui natura ed emozioni hanno avuto un ruolo centrale. Ha avuto il suo primo sviluppo anche l'idea di nazione, la quale ha acquistato da subito una grande rilevanza. Questo ideale è stato alla radice delle guerre risorgimentali, che avevano l'obiettivo di liberare un popolo italiano dal suo oppressore. Si sa, l'uomo è un animale stupido, ed è per questo che il concetto di nazione è stato enfatizzato fino al suo significato estremo, creando i diversi nazionalismi. In questo modo, al valore della patria si è affiancato quello dell'aggressività e ciò ha contribuito a creare attriti che, dalla Prima Guerra mondiale fino ai nostri giorni continuano a sfociare in guerre. Tralasciando la gravità di certi esiti, rimane il fatto che tante aspirazioni generate dal Romanticismo sono sopravvissute per oltre un secolo, fornendo la base per i moderni ideali.
Gli orientamenti estremistici ancora oggi sono molto diffusi per un semplice motivo: il Novecento non ne ha prodotti di nuovi. Unica eccezione è stato il movimento degli hippy, una "controcultura" che metteva completamente

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   3 commenti     di: vasily biserov


no alla biotecnologia avanzata malvagia

lo scrittore artur clarche nel 1979, descriveva il suo libro un ascensore per andare in orbita, al centro dei progetti della nasa ed negli anni 2000 se ne discuteva molto vi era la scoperta di materiali rivoluzionari i nanotubi di carbonio, sono aggregati che appartengono alla vasta famiglia dei fullereni molecole di carbonio in cui gli atomi non sono disposti su piani paralleli come nella grafite o tetraedi come nel diamante ma seguono geometrie più complesse come ad esempio i vertici di una cupola geodetica oppure sulle pareti di lunghi cilindri detti appunto nanotubi con questi materiali se sarebbe stato possibile costruire un cavo verticale di 36000 chilometri scriveva artur clarche siccome questi materiali sono 100volte più resistenti dell'acciaio e 6volte più leggeri!!! ai tempi 2000 all'universita di buffalo pensavano di utilizzarli per irrobustire il calcestruzzo e per costruire l'ascensore per andare in orbita ma negli anni 2000 si producevano appena un grammo di nanotubi al giorno al costo di migliaia di dollari e il progetto fu presto abbandonato, insieme a quello delle nanomacchine.
ma come spesso accade i progetti vengono anche a distanza di centinaia di anni ripresi e cosi nel 2997 william smalley un lontano antenato di richard smalley che nel 1996 vinse il premio nobel per la scoperta dei fullereni il quale aveva un sogno creare l'ascensore per andare in orbita! questo stabilimento doveva essere in grado di produrre migliaia di tonnellate annue di nanotubi ma fu sorpresso, william però aveva una mente genialmente perversa ed nel 2998 uni il progetto dei nanotubi a quello delle nanomacchine o nanorobot le nanomacchine dalle dimensioni di un milionesimo di millimetro ed si misurano in in nanometri nel 2999 fu pronto il primo nanorobot dalle dimensioni di un atomo che aveva tramite programmi sofisticati presente in se tutte le conoscenze umane nell'ambito di produzione di beni di ogni tipo, ed il nanorobot chiamato eva perche il primo si riprodusse

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   0 commenti     di: ELENA MACULA


Prenatalità - Infanzia

"Gen. 1-27: Dio creò l'uomo a sua immagine..."
Ciò ci informa che la nostra persona proviene dall'Eternità e che è opera della Onniscienza di Dio che ci ha voluti ottenere per mezzo della riproduzione umana, nelle sue infinite possibili combinazioni genetiche di ogni uomo con donna, viventi sulla Terra.
Nella procreazione quindi è presente l'Infinità di Dio ed anche la sua Eternità dalla quale tutti noi proveniamo.
Il microscopico ganglio che ciascuno di noi è all'atto della fecondazione, la Chiesa lo chiama "Persona", con tutte le relative implicazioni spirituali, materiali ed etiche che tale definizione comporta.
Sin dal concepimento l'embrione è persona, sebbene oggigiorno lo si possa ottenere per mezzo della manipolazione genetica che ha preso le distanze dall'atto procreativo dell'uomo con donna attuando la fecondazione al di fuori del loro atto unitivo.
La scienza ci dichiara invece che l'ovulo fecondato, ossia l'embrione, non è persona e che ne è quindi consentito l'uso, l'utilizzo ai fini di un più progredito benessere umano, potendo trarre dagli stessi, opportunamente sviluppati in laboratorio, le cellule staminali per la formazione di quei tessuti organici, atti ai trapianti.
Ciò comporta e determina una indiscriminata manipolazione degli embrioni, sia per l'ottenimento degli stessi che per la loro conservazione o distruzione a breve o lunga scadenza.
La Chiesa attribuisce all'embrione una identità, una dignità pari a quella dell'uomo nato; gli conferisce l'uguale valore, ogni diritto, primo fra tutti quello di poter nascere, poiché in esso sono presenti tutti quei presupposti fisici e morali virtualmente capaci di intendere e di volere.
Per la Scienza, o meglio, per alcuni scienziati, quando l'embrione è prodotto attraverso la manipolazione genetica e risulta prodotto in misura eccedente, anche la sua distruzione è consentita.
Il presupposto della Chiesa sancisce la presenza di un soggetto che già vive,

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   4 commenti     di: Verbena


Carlo Goldoni, avvocato

Scrivo queste notarelle un po'divertenti sul nostro Carlo Goldoni, grande commediografo veneziano del 1700, analitico e spietato ironico della borghesia mercantile e della aristocrazia taccagna e boriosa del suo tempo. Ancora molto rappresentato nei teatri di mezzo mondo, Goldoni esercitò l'avvocatura, e con un certo successo, sia in Venezia che in Pisa, dopo essersi laureato all'insigne università di Padova, università antagonista di Bologna, in fatto di studi giuridici. Goldoni abbandonò l'avvocatura per dedicarsi solo al teatro, con una commedia esilarante, " L'avvocato Veneziano" , con la quale egli diede l'addio alla toga. Ricordiamoci però ch'egli per tutta la vita si qualificò sempre come" avvocato veneziano". La commedia è assai curiosa perchè parla di un avvocato che si innamora della cliente avversaria, con tutto il traffico e i problemi deontologici che la faccenda poteva comportare anche in quei tempi. C'è una frase grandiosa, nel testo, che Goldoni fa dire al suo protgonista, con calcata serietà, ossia : "co l'avvocato xe in renga" - quando l'avvocato svolge l'arringa- "xe impiegà tutto l'omo", ossia tutto l'uomo è preso.
La toga, dunque, annulla e giustifica.
La commedia ha uno scopo didattico giuridico manifesto. All'epoca la scuola forense veneziana era tutta orale, anche per il diritto civile. E tanto era l'autorevolezza di questa scuola che gli avvocati del tempo potevano esercitare oralmente presso anche altre corti foreste, fuori del Veneto. Nel testo goldoniano l'avversario dell'avvocato veneziano è il dottor Balanzone, che rappresenta l'uso forense bolognese, ossia la difesa scritta, caricata e, visto il gusto dell'ironia goldoniana, messa in caricatura. Balanzone si dibatte in libelli scritti, trasudanti latino. Si confronta e scontra con l'avvocato veneziano che invece si prepara la difesa solo oralmente, per una causa di eredità da trattare davanti al tribunale di Bologna. Insomma una commedia assai gustosa e vivace, condita

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Arte o non arte. Questo

"Nessuno può spiegare come le note di una melodia di Mozart, o le pieghe di un panneggio di Tiziano producano i loro effetti essenziali: se non lo senti, nessuno può fartelo sentire."
( John Ruskin )
 
Una delle parole più difficili da definire credo che sia "arte". Arte. Non semplicemente come mestiere, abilità tecnica, ma come capacità di suscitare - attraverso tecniche e forme espressive diverse, motivazioni stravaganti, punti di vista inaspettati, talento e genialità - emozioni pure. Non mediate. Più o meno intense. Più o meno profonde. Più o meno durevoli. In parole povere: arte come capacità di far vibrare nell'uomo le corde meno razionali.  
        E adesso veniamo alle opere di Christò. Sgarbi si è pronunciato per il no. Non è arte,   pare abbia detto dall'alto della sua cattedra. Ed è senza dubbio un parere di cui tener conto. Perché, al di là della sim/anti/patia che suscita l'uomo, trattasi di persona qualificata. In ogni caso il suo è pur sempre un parere. Non una sentenza. Anche tanti non addetti ai lavori si sono espressi per il no.   Ma in loro il giudizio di merito spesso si confonde col giudizio di gradimento.  
        Io non mi sono mai appassionato alla Land Art, ma al contrario di Sgarbi, dalla mia bassa scrivania, direi sì. Quella di Christò è arte. Grande? Non so. Ma credo che le sue opere trasmettano qualcosa. E non solo a pochi discepoli. D'altronde, anche quando si parla di vera arte, che sia pittura o scultura, astratta o figurativa, prosa o poesia,   musica classica o leggera, ognuno ha i suoi gusti. Mica a tutti piace Brahms.
        Ma nel definire cos'è arte, parlo sempre a livello di non addetti, secondo me un elemento fondamentale è la prova  "soglia" ( come passaggio attraverso ). Di fronte a un'opera vi  sentite attratti?   Tirati  dentro? Sedotti? O, magari,   turbati? Se si, siamo gia a buon punto. Avete varcato la soglia. Perché non basta che un romanzo sia scr

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Binasco:Terra ospitale per gli Ebrei

Secondo quanto riporta il Mosaico, Bollettino della Comunità Ebraica di Milano: "La comunità di Milano risale all'Ottocento. In città, infatti, capitale del ducato dei Visconti, prima, e degli Sforza poi, era sempre stato concesso agli ebrei di fermarsi al massimo tre giorni consecutivi per sbrigare i loro affari. Per questa ragione essi risiedevano in località vicine, come Monza, Abbiategrasso, Melegnano, Lodi, Vigevano, Binasco, e andavano ogni giorno a Milano. Questo pendolarismo fu possibile fino al 1597, anno in cui furono espulsi."
Tale ospitalità confermata anche da una rapida "spigolatura" su internet digitando "Ebrei e Binasco trova poi degna segnalazione negli anni bui delle persecuzioni razziali e della "soluzione finale" nella storia e nelle vicende umane di Augusto Weiller, avvocato milanese, sfollato con la moglie, la figlia e il figlio in questo piccolo paese a metà strada tra Milano e Pavia.
Così, molti anni dopo, ne descrive il ricordo il figlio, ing. Guido nel libro autobiografico " La bufera. Una famiglia di ebrei milanesi con i partigiani dell'Ossola"-Edz. Giuntina:..." Nel tardo pomeriggio dell'8 settembre, aspettavo, a Binasco che papà, mamma e Silvana arrivassero da Milano"..." Milano era semidistrutta, le strade in cattive condizioni, molto gli "sfollati pendolari"..." Ero uscito dal nostro "monolocale con servizi ed angolo di cottura"..."Ad un certo punto sentii una voce lontana che gridava una frase, ripetendola più e più volte, che all'inizio non capivo. Poi le parole si fecero più chiare " La pace sia con voi! A ripeterla era un contadino, che avanzava, in piedi su un carro a pianale basso trainato da un cavallo al passo, tenendo in mano le redini e facendo gesti larghi con il braccio libero"..."Tre o quattro giorni dopo, non ricordo la data esatta, papà ascoltò alla radio, la piccola radio rimediata, sistemata sul comò, una trasmissione in tedesco. Non ho mai saputo se fosse la voce di Hitler o di uno dei suoi; a trasmi

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Il silenzio di Dio

Mi chiedo: come fa un credente ad accettare l’idea classica di Dio, se non riesce a capire come possa andare d’accordo questo “silenzio di Dio” con tutto cio’ che di Lui scrive e dice la nostra religione ufficiale, cioe’ quella cattolica?
È un controsenso cosi’ smisurato che, a questo punto, nemmeno la fede piu’ strenua e cieca puo’ accettarlo!
Madre Teresa di Calcutta accennava al “silenzio di Dio”senza entrare nel merito del problema, ma solo perche’ si trovava continuamente a dover lottare per i poveri, malato o non malati che fossero,
mentre dal suo subconscio(per quanto ne sappiamo) saliva forse l’enormita’ di questo concetto, cioe’ quello di un “silenzio” che, nella cultura corrente, non poteva avere una spiegazione, se non negando l’esistenza di Dio stesso; un Dio incomprensibile e totalmente sordo alle urla di dolore dell’umanita’ piu’ abbandonata della Terra, ed anche la piu’ estesa, come numero di persone.
Lo stesso papa ne ha parlato per bocca di uno dei suoi cardinali nel settembre 2007…

E allora come è sempre accaduto, è logico porsi la domanda: perche’ Dio non ascolta, e soprattutto, “non interviene” presso il popolo della terra, e nemmeno “scende” in aiuto per il popolo, cosiddetto “cristiano”, a suo tempo tanto amato dal “Figlio” nominato Gesu’ il Cristo?
È evidente che io non voglio essere blasfemo, mentre pongo questo grave interrogativo sull’ ”assenza” di Dio, che sembra verificarsi soprattutto nel momento delle maggiori calamita’ terrestri.
Desidero soltanto, umilmente, richiamare l’attenzione, se non l’interesse, degli esseri umani (e soprattutto dei cosiddetti “credenti”), su questo infinito controsenso, che oppone l’estrema miseria di gran parte della razza umana, ad un devastante e “irrazionale” silenzio della divinita’, tra i cui attributi è sempre solennemente conclamato quello dell’ “Amore”, cioe’ della compassio

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   17 commenti     di: Phil Ethasimon



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