Dietro ogni grande uomo c'è una grande donna.
E non solo. Mettendo sullo stesso piano i due sessi e ricordando che la rivoluzione è femmina si potrebbe trasformare così questa espressione: dietro ogni persona, ogni uomo, ogni donna, ogni cittadino, c'è un grande popolo. Infatti riprendendo l'aforisma di Socrate, so di non sapere, potremmo dire che un individuo, per raggiungere la verità assoluta, deve necessariamente collegasi con altri suoi simili e solo attraverso l'unione egli diventa in grado di raggiungere questo obiettivo. E qual è il luogo per eccellenza dove potersi confrontare, arricchirsi reciprocamente, se non nell'agorà, nella piazza?
Sembra un fatto di poco conto, senza nessuna importanza, ma sempre rifacendosi al filosofo greco (e non è un caso se la vera democrazia, quella reale, è nata proprio lì) il dialogo è l'unico strumento per raggiungere la verità assoluta. E non è una coincidenza se quello che vogliono i governi è proprio l'opposto, tenere gli individui separati, diffondendo l'illusione di vivere nel benessere sfruttando soprattutto le televisioni, i media che per eccellenza abituano alla passività, dove è soltanto possibile scegliere tra un programma scadente e un altro che lo è ancora di più.
Ma oggi, dopo il primo decennio del ventunesimo secolo, si apre un'era nuova per l'umanità, che sicuramente passerà alla storia. La gente ha intuito le potenzialità dei media informatici, soprattutto di internet, e li utilizza a suo favore, unendosi, dandosi appuntamento nelle piazze, facendo veicolare notizie censurate da tutte le altre fonti d'informazione, omesse non perché di poco conto, ma per il semplice fatto di risultare pericolose per il mantenimento dell'odierno ordine di cose, dannose perché ostacolerebbero la riproduzione della società secondo il paradigma della struttura, caro a tanti sociologi. E queste voci umane diventano estremamente pericolose se unite nel contestare il potere. È il caso degli indignados,
La famiglia, sicuramente l'istituzione più importante e da salvaguardare nella nostra società. Ma oggi come funziona? Da che parte la facciamo andare tra giornali che parlano di successi facilissimi tra copertine pettegole di attricette in carriera e televisioni che ci spiattellano la puntata odierna e i possibili sviluppi del reality di turno? Non mancano i riferimenti ai talent-show: tutti sono bravi, tutti possono provare: a cantare, a recitare, a creare opinione. Quanta confusione! Mi sono chiesto se questo disorientamento sia di oggi oppure abbia radici più profonde. Ebbene già nel 1955 Eduardo De Filippo ne parlava (il '68 era di là da venire). Il grande drammaturgo napoletano aveva messo in scena "Mia famiglia" commedia in tre atti che parla delle vicissitudini di Alberto Stigliano, speaker di professione che tenta, senza successo, di tener testa alle smanie di sua moglie Elena che non lavora ma ama la vita comoda e agiata, fatta di belle macchine che guida e sfascia e circoli di canasta per "un poco di svago di cui una signora maritata ha diritto". Alberto Stigliano perde la fiducia nella famiglia come istituzione e cerca una vita per conto suo nonostante abbia due figli: Beppe e Rosaria entrambi alle prese con le stesse insoddisfazioni espresse in modo diverso: il ragazzo si sente bello (o glielo fanno credere) e tenta il successo nell'ambiente cinematografico. Nulla di male ma cresce il contrasto generazionale con il resto della famiglia che critica aspramente rivendicando la voglia ed il diritto di "farcela da solo". La sorella ha invece atteggiamenti spavaldi e controcorrente che, al contrario, nascondono una fragile ingenuità. La commedia si snoda e velocemente la situazione precipita: la moglie Elena contrae un forte debito di gioco, il figlio Beppe viene coinvolto in un omicidio (è innocente ma la difficoltà è dimostrarlo) e la figlia Rosaria a causa dei suoi atteggiamenti (solo apparenza) trasgressivi viene lasciata dal marito appena sposato
[continua a leggere...]È una vergogna!... Non ne posso più.. Tutti i giorni e in qualsiasi momento diventa sempre più difficile capire il linguaggio di giornalisti ed in genere, di tutti gli "Insigni impiegati della televisione." Cerco, inutilmente, di tenermi informata sui fatti che accadono; dopo pochi istanti sono costretta a spegnere il televisore, per la pedanteria di due parole, voce verbale e nome, che ricorrono in tutti i canali e, a mio avviso, sono gratuite e gravemente lesive della dignità dell'uomo, in quanto individuo. Le voci in questione sono: "Verifica e verificare." Facendo un calcolo approssimativo, in cinque minuti ricorrono più di cinque volte. Sono esacerbata... Amici poeti, spero di trovare la vostra comprensione.
In quale società ci muoviamo, ammesso ancora che ci si riesca a muovere. Siamo tutti sottoposti a verifiche... Ma, ironia della sorte la Verità non emerge. Altre voci verbali che non ledono alla dignità della persona, sono, invece, passate sotto la cesoia, esempio: accertare, appurare, analizzare, comprovare, constatare, controbattere, disquisire. I maldestri dittatori continuano spudoratamente ad espandere le loro voci, e, purtroppo, spesso incorrono nell'errore di usarle, persone moralmente irreprensibili.
La medesima accusa rivolta alla Televisione, rivolgo alla scuola: a scolari e studenti vengono imposte le Verifiche. Or bene: che cosa sono? La parola è lesiva in quanto inficia la buona fede dello studente. Quando sussisteva ancora un po' di buon senso, le verifiche venivano chiamate dai docenti, semplicemente, compiti oppure oneri scolastici.
Per finire, a coloro il cui frasario abbonda di parole oltraggiose, come verificare e verifica, rivolgo una domanda: avete provato a verificare, quanti bernoccoli avete?
Intelletto, ragione, sentimento.
Di queste tre "cose" una sola ci differenzia dal resto degli animali, e neppure completamente. Perché un minimo, un barlume di ragionamento, è presente anche negli animali più evoluti, o in quelli più "addestrati".
Ora, si pensi a quanto "addestramento" c'è nella nostra educazione, che dura ormai un numero di anni pari a un terzo, o più, dell'intera vita. E che non termina completamente neppure dopo, se si è percettivi ed attivi.
Si pensi a quanto è sviluppato il nostro cervello, in confronto al resto degli altri animali. Io non credo sia un disegno divino, ma semplicemente un'abnormità diventata regola, come quella che ha portato al gigantismo delle balene o alla super specializzazione dei colibrì.
La nostra cosiddetta intelligenza non è altro che questo, una specializzazione affinata ed esponenzialmente ingigantita da migliaia, se non centinaia di migliaia di anni, di evoluzione.
Accadde lo stesso con mille, o milioni, di altre specie animali, che spesso finirono estinte proprio a causa della loro eccessiva specializzazione. E della loro non più sufficiente capacità di adattamento.
Potrebbe succedere anche a noi, in un futuro non troppo lontano, se continueremo a non accorgerci di quello che ci sta succedendo. Le avvisaglie ci sono tutte. Già da un bel pezzo. E sono raggruppabili in un lento, ma progressivo, allontanamento di gran parte del genere umano dalla capacità logica del pensiero. La stessa che ci ha così incredibilmente sopraelevato rispetto al resto della vita presente sul pianeta.
La capacità logica del pensiero è il plus che ci ha permesso di sviluppare sistemi e tecnologie le quali, dopo averci consentito di spadroneggiare a livello competitivo con tutti gli altri animali, ci hanno consentito di arrivare a modificare addirittura il nostro ambiente naturale, adeguandolo e subordinandolo, in maniera irreversibile, alle nostre esigenze. Al contrario di ciò che era sempre successo finora.
La
Secondo quanto riporta il Mosaico, Bollettino della Comunità Ebraica di Milano: "La comunità di Milano risale all'Ottocento. In città, infatti, capitale del ducato dei Visconti, prima, e degli Sforza poi, era sempre stato concesso agli ebrei di fermarsi al massimo tre giorni consecutivi per sbrigare i loro affari. Per questa ragione essi risiedevano in località vicine, come Monza, Abbiategrasso, Melegnano, Lodi, Vigevano, Binasco, e andavano ogni giorno a Milano. Questo pendolarismo fu possibile fino al 1597, anno in cui furono espulsi."
Tale ospitalità confermata anche da una rapida "spigolatura" su internet digitando "Ebrei e Binasco trova poi degna segnalazione negli anni bui delle persecuzioni razziali e della "soluzione finale" nella storia e nelle vicende umane di Augusto Weiller, avvocato milanese, sfollato con la moglie, la figlia e il figlio in questo piccolo paese a metà strada tra Milano e Pavia.
Così, molti anni dopo, ne descrive il ricordo il figlio, ing. Guido nel libro autobiografico " La bufera. Una famiglia di ebrei milanesi con i partigiani dell'Ossola"-Edz. Giuntina:..." Nel tardo pomeriggio dell'8 settembre, aspettavo, a Binasco che papà, mamma e Silvana arrivassero da Milano"..." Milano era semidistrutta, le strade in cattive condizioni, molto gli "sfollati pendolari"..." Ero uscito dal nostro "monolocale con servizi ed angolo di cottura"..."Ad un certo punto sentii una voce lontana che gridava una frase, ripetendola più e più volte, che all'inizio non capivo. Poi le parole si fecero più chiare " La pace sia con voi! A ripeterla era un contadino, che avanzava, in piedi su un carro a pianale basso trainato da un cavallo al passo, tenendo in mano le redini e facendo gesti larghi con il braccio libero"..."Tre o quattro giorni dopo, non ricordo la data esatta, papà ascoltò alla radio, la piccola radio rimediata, sistemata sul comò, una trasmissione in tedesco. Non ho mai saputo se fosse la voce di Hitler o di uno dei suoi; a trasmi
Gli tornavano insistentemente alla memoria le parole di Tiresia(1), che parevano così diverse dalle spiegazioni degli indovini. Quando Ulisse e i compagni erano stati obbligati da Circe a partire per il regno dei morti, sulle sponde dell'Oceano, non gli era sfuggito il vero significato di quell'ordine: andare nel regno dei morti significava morire, e la promessa di tornarne vivi non bastava a tranquillizzarli. Infatti, i suoi compagni erano comunque morti tutti, e lui era ancora vivo forse perché Ermes, il suo avo materno, gli aveva trasmesso con l'erba prodigiosa una briciola d'immortalità(2).
"Morte dal mare ti verrà, molto dolce, ad ucciderti, vinto da una serena vecchiaia. Intorno a te popoli beati saranno. Questo con verità ti predico". Ulisse aveva sempre pensato che Tiresia si riferisse a uno dei tanti viaggi per mare, quando egli sarebbe stato vecchio e magari stanco di vivere: per un qualche naufragio, magari. La morte, insomma, più naturale per uno come lui, abituato al contatto, dolce e amaro insieme, con Poseidone.
E allora, che senso poteva avere quel sogno ricorrente e la spiegazione datane dagli indovini?
Un simulacro a metà tra umano e divino, di straordinaria bellezza, gli appariva venendo dal mare: egli se ne sentiva attratto e cercava di toccarlo e magari abbracciarlo, ma quello si sottraeva dicendo che una congiunzione tra loro sarebbe stata innaturale, perché erano dello stesso sangue, e soprattutto perché era destino che l'uno uccidesse l'altro; e d'improvviso una freccia venuta dal mare come per un suo ordine sfiorava Ulisse...(3)
Ulisse all'inizio aveva cercato di scacciare quell'oscuro presagio: "i sogni sono vane fantasie", si ripeteva per cancellarlo, e anche Penelope lo aveva detto quando egli, turbato ormai dall'ossessivo ricorrere di quel sogno, si era deciso a parlargliene. Lei stessa però aveva alla fine suggerito di chiamare i migliori indovini e interpreti, ma era rimasta come tutti incredula e scettica: essi a
Quando mettiamo i comportamenti in relazione con delle regole per esaminare se un'azione è giusta o meno, oppure quando cerchiamo di tracciare un confine invalicabile entro il quale l'altro può esercitare la sua libertà, senza portare offesa al nostro io, vuol dire che stiamo applicando alla realtà la ragione dell'Etica. In sostanza l'etica è la Scienza del dovere che impiegata nel campo del lavoro ci spiega "come dovrebbero essere" i comportamenti del datore di lavoro, delle Organizzazioni Sindacali e del lavoratore che, in questo ultimo caso assume il nome di: deontologia professionale. Man, mano, l'Etica ha assunto sempre più una connotazione sociale e sempre meno filosofica.
I vari codici deontologici approvati e successivamente aggiornati lo comprovano. In Italia a ridosso delle privatizzazioni c'è stato un fiorire di codici deontologici per molteplici professioni, quali ad esempio per: gli avvocati 1997, gli infermieri 1999, gli psicologi 1997, i medici chirurghi e gli odontoiatri 1998 e gli ingegneri 2007 oltre ai codici etici entrati in vigore per i dipendenti della Croce Rossa 2010, Rai 2002, Poste Italiane 1999, Ministero dell'Economia e delle Finanze 2009, Pubbliche amministrazioni 2000, Commissione Nazionale per le Società e la Borsa(CONSOB) 2010 e Ferrovie dello Stato 2005. Possiamo dire che nell'arco temporale di una decina di anni c'è stata una massiccia invasione di eticità. Ma perché?
A causa della crisi economica, le aziende che producono beni e servizi per poter battere la concorrenza, hanno puntato sull'eticità sventolandola come una bandiera pur di guadagnare nuove quote di mercato. Le aziende hanno intuito che l'eticità si traduce operativamente parlando in una maggiore produttività a costo zero. Qualsiasi codice deontologico o etico salvaguardia l'attività del datore di lavoro, perché vincola il dipendente ad un legame di fedeltà con l'azienda. Il lavoratore sa che deve mantenere la segretezza delle informazioni acquisite,
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