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Saggi

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La giovinezza

Il passaggio dall'adolescenza alla prima giovinezza non è quasi avvertito né dal soggetto né dagli educatori. Senza soluzione di continuità il procedimento educativo segue un percorso già tracciato da coloro che poco tempo prima vi sono passati e che già occupano i banchi dell'Università, che hanno una fidanzata, che già hanno viaggiato da soli all'Estero. Le due esperienze si intersecano a causa della precocità moderna con la quale i ragazzi vivono protesi al raggiungimento della maggiore età.
Vogliono anticipare tutto, sapere tutto, provare tutto: "bruciare le tappe", sospinti da una voluttà misteriosa suscitata dal divenire grandi, cioè capaci, affermati, potenti, compiuti.
Man mano che il giovane si addentra nell'età adulta, il suo bisogno di conoscenza gli suggerisce imprese pionieristiche ed il tempo non gli basta mai poiché le cose da scoprire sono sempre di più: luoghi nuovi, gente nuova, nuove culture, nuovi ambienti; tutto in un progressivo ed avido bisogno di impatto con le novità che gli tengono l'animo sospeso e sospinto, in posizione ascendente.
Ma i primi ostacoli si fanno sentire presto. Soltanto nell'età matura si capisce quanto le difficoltà contribuiscano all'assestarsi della personalità e che imparare a superarle edifichi la persona, sia quando lo si ottenga con le proprie capacità sia quando si riesca con l'aiuto di qualcuno che ama.
Già tra i banchi di scuola iniziano le prime delusioni, le prime amarezze tra le quali campeggiano le sofferenze amorose. Se il giovane scopre che la persona di cui si è innamorato è già attratta da altro, soffre e se ne sente ferito. Quel bisogno di possesso che si accompagna all'amore viene ad essere mortificato e provoca il bruciante dolore del rifiuto.
In aiuto allo stato d'animo prostrato dall'esperienza negativa, possono essere utili altri successi personali come ad esempio il buon andamento degli esami, nuovi interessi, nuove conoscenze.
Nello scenario di vita più a

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   0 commenti     di: Verbena


La scala della conoscenza (la scala dei fantasmi con il gradiente di luminosità)

Il corpo è il fantasma della materia
(Il grigiore del cogito, esistenza passiva!)

Lo spirito è il fantasma del corpo
(Lo splendore della ragione)

L'anima è il fantasma dello spirito
(Il bagliore dell'intelletto)

La luce è il fantasma dell'anima
(Il fulgore della sapienza)

La verità è il fantasma della luce
(L'immacolato candore della contemplazione)



Recensione di Un giorno perfetto di Melania G. Mazzucco

Le coincidenze, il traffico, la metro e il chiacchiericcio di fondo, un bar all'imbrunire, credo che domani sarà un giorno migliore. Perchè questa perfezione è provvisoria, un attimo di fredda lucidità e atemporalità che dura ventiquattro ore. Il mondo di Roma che ruota attorno ai personaggi di questo libro è caotico e confusionario, è fatto di vetro e cemento, di lampioni accesi e antichi monumenti, ricordi spettrali di una felicità perduta. Si, perché in tutti i protagonisti di questa frenetica corsa c'è un risveglio forzato, subito, ricercato. Come se la quotidianità sorda della grande metropoli li scuotesse improvvisamente e, ognuno a suo modo, li portasse a decidere delle loro vite. C'è chi deve cancellare la città drasticamente per rimuovere la perpetua presenza di un amore ormai diverso, chi procede spavalda tra vicoli e uffici, senza compromessi, conscia che la vera libertà non è la presenza dell'altro ma il sentirsi uniche e realizzate nell'assenza di lui. Alcune si sentono strette nei loro panni di mogli amorevoli e fidate, troppo giovani per scendere a compromessi, con una scelta di vita strozzata dalle convenzioni. Poi l'infanzia e il suo subire sconfitta un dolore non proprio, un mondo soffocante che la comprime, le impone un cammino scontato. Sono tanti i mondi che si confrontano, in maniera spesso violenta e distruttiva, è il cadere delle maschere, il loro bruciare e scoprire il nostro lato più oscuro. Emma, questa grande figura femminile, forte e bella, ma donna nella sua interezza e nella sua sensualità consapevole del passare del tempo, del ruolo di madre, delle scelte conservative a cui è costretta. E Antonio, marito e padre di ieri, ancorato a un passato che non esiste, che per lui soltanto si è fatto presente. Non è solo uno scontro tra generi, tra crescite interiori differenti ma è anche un grande affresco del tempo che passa, di come trascina avanti drammi accennati, poi nascosti e subiti in silenzio. E il tempo racchiuso

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Binasco:Terra ospitale per gli Ebrei

Secondo quanto riporta il Mosaico, Bollettino della Comunità Ebraica di Milano: "La comunità di Milano risale all'Ottocento. In città, infatti, capitale del ducato dei Visconti, prima, e degli Sforza poi, era sempre stato concesso agli ebrei di fermarsi al massimo tre giorni consecutivi per sbrigare i loro affari. Per questa ragione essi risiedevano in località vicine, come Monza, Abbiategrasso, Melegnano, Lodi, Vigevano, Binasco, e andavano ogni giorno a Milano. Questo pendolarismo fu possibile fino al 1597, anno in cui furono espulsi."
Tale ospitalità confermata anche da una rapida "spigolatura" su internet digitando "Ebrei e Binasco trova poi degna segnalazione negli anni bui delle persecuzioni razziali e della "soluzione finale" nella storia e nelle vicende umane di Augusto Weiller, avvocato milanese, sfollato con la moglie, la figlia e il figlio in questo piccolo paese a metà strada tra Milano e Pavia.
Così, molti anni dopo, ne descrive il ricordo il figlio, ing. Guido nel libro autobiografico " La bufera. Una famiglia di ebrei milanesi con i partigiani dell'Ossola"-Edz. Giuntina:..." Nel tardo pomeriggio dell'8 settembre, aspettavo, a Binasco che papà, mamma e Silvana arrivassero da Milano"..." Milano era semidistrutta, le strade in cattive condizioni, molto gli "sfollati pendolari"..." Ero uscito dal nostro "monolocale con servizi ed angolo di cottura"..."Ad un certo punto sentii una voce lontana che gridava una frase, ripetendola più e più volte, che all'inizio non capivo. Poi le parole si fecero più chiare " La pace sia con voi! A ripeterla era un contadino, che avanzava, in piedi su un carro a pianale basso trainato da un cavallo al passo, tenendo in mano le redini e facendo gesti larghi con il braccio libero"..."Tre o quattro giorni dopo, non ricordo la data esatta, papà ascoltò alla radio, la piccola radio rimediata, sistemata sul comò, una trasmissione in tedesco. Non ho mai saputo se fosse la voce di Hitler o di uno dei suoi; a trasmi

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Richiami di Metallurgia nella Letteratura

" Fragile è il ferro allor ché non resiste/di fucina mortal tempra terrena/
ad armi incorrottibili ed immise/d'eterno fabro)..."
T. Tasso ( Gerusalemme Liberata-Canto VII-vv )


"Ecco Rinaldo con la spada adosso/a Sacripante tutto s'abbandona;/
e quel porge lo scudo, ch'era d'osso/, con la piastra d'acciar temprata e buona./
L. Ariosto ( Orlando Furioso-Canto II)


La scoperta dei metalli, delle leghe metalliche e il loro uso, dall'età del ferro all'era moderna, quella degli acciai inossidabili e delle superleghe, hanno accompagnato ed accompagnano l'evoluzione e la storia dell'umanità nonché il suo modo di vivere. Nella pratica quotidiana, per limitarci al loro impiego in casa, in ufficio e nei mezzi di trasporto, i metalli, sotto forma di oggetti e di manufatti, i più disparati, ci sfiorano e ci sono a portata di mano anche tale continua familiarità lo fa spesso dimenticare e porta alla ingrata indifferenza. Tuttavia non solo nella praticità e nel campo della scienza e del mondo industriale ma anche nel campo delle arti i metalli hanno dato e danno direttamente un significativo contributo all'appagamento di altri bisogni e necessità dell'uomo, quelle dell'estetica e del bello: basti pensare alle statue bronzee della antichità classica ed alle moderne sculture in acciaio inossidabile. Indirettamente, e questo è il tema di questo excursus, vedremo come sempre nel campo degli appagamenti culturali e dello spirito i metalli abbiano offerto ed offrano immenso materiale nel campo della letteratura. Spaziando in questo campo, dall'antichità ai tempi nostri è facile riscontrare, punto di riferimento la Divina Commedia, nella quale sono state evidenziate e commentate

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Inviolata due

"Buona giornata" è una raccolta di trecentosessantacinque fra pensieri, riflessioni, insegnamenti ed esortazioni letta e riletta per anni da mia madre.
Le pagine della pubblicazione si sono addirittura scollate, ma nessun foglio è andato disperso. L'autore è San Pio, al secolo Padre Pio e sulla copertina c'è raffigurata la sua immagine, mentre con la mano alzata compie l'atto benedicente.
Ricordo quando mia madre leggeva tale libretto con aria pensierosa e commossa, conscia che il percorso cristiano è difficile ed impegnativo, ma lei non si è mai persa d'animo sperando nella sua buona volontà e nella Misericordia del Signore.
Una volta terminata la lettura, ricordo le lente movenze delle sue mani che con devozione chiudevano e riponevano il testo nel cassetto del suo comodino. Anch'io ho letto "Buona giornata" e qui di seguito riporto uno stralcio che maggiormente ha colpito la mia attenzione e che sicuramente non è quello che avrebbe scelto mia madre; lei da me tanto diversa eppure così simile. . .
"Chi ha tempo non aspetti il tempo. Non rimandiamo al domani ciò che possiamo fare oggi. Il tempo non è in nostro possesso.
Incominciamo oggi, o fratelli, a fare il bene, perché nulla fin qui abbiamo fatto. Di ogni minuto dovremo rendere conto, di ogni santa ispirazione, di ogni occasione che si è presentata di fare il bene.
Il premio è promesso dal divino Maestro non a colui che ha bene iniziato, ma a chi persevera fino alla fine. Ad esempio, Giuda iniziò bene, continuò bene, ma non perseverò sino alla fine, ed andò perduto.
Non ti curare delle burle degli insipienti. Sappi che i santi so sono sempre scherniti del mondo e dei mondani...
Dai soltanto a Dio la lode e non agli uomini, onora il Creatore e non la creatura.
Staccati dal mondo. Ascoltami, una persona si annega in alto mare, una si affoga in un bicchier d'acqua. Che differenza trovi fra loro; non muoiono entrambi?
Finché hai paura non peccherai. Anche se si soffre c'è il timor

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   2 commenti     di: Fabio Mancini


Le Iliadi dell'Odissea

Intitoliamo così i numerosi passi dell'Odissea che rievocano le vicende del conflitto troiano. Generalmente è Ulisse che le racconta ai suoi interlocutori, ma per lo più egli tiene nascosta all'interlocutore la sua vera identità e il suo racconto appare naturalmente non del tutto veritiero se non proprio inventato. Ma anche i bellissimi Apologhi ad Alcinoo, con le fantastiche storie di Circe, Polifemo, Tiresia non si sottraggono a questa valutazione: direi che Omero ha scelto di proposito di porli sulla bocca stessa del suo eroe, quasi a sottrarsi all'accusa di inverisimiglianza.

Iniziamo con il racconto che il vecchio Nestore fa a Telemaco, giunto a Pilo in cerca di notizie sul padre, ricordando che una tradizione ripresa dagli autori medievali Benoît de Sainte-Maure e Guido delle Colonne fa di lui giovane un argonauta che con Giasone, Eracle e Peleo avrebbe partecipato alla prima distruzione di Troia, contro Laomedonte, il padre di Priamo. Il racconto di Nestore prosegue con la storia di Oreste, che sarà poi argomento della tragedia attica.

III 96-417 (γ 69-312)

γ 69 "Interrogare or gli ospiti si addice,
Che il cibo ha confortato: O forestieri,
Chi siete, onde venite e qual vi spinse 95
Bisogno a traversar l'equoree vie?
Od ite a caso per lo mar raminghi
Come pirati che la vita a rischio
Pongon per depredar l'estranee genti?"
γ 75 Di sé fatto sicuro, gli rispose 100
Il prudente garzon, ché nuovo ardire
Posto gli ebbe nell'animo Minerva,
Acciò del padre assente al Re dimandi
Ed a sé gloria appo le genti acquisti:
γ 79 "O Nèstore Nelide! inclito vanto 105
Degli Argivi, ti piacque interrogarne
Chi siamo ed ecco a dìrloti son presto.
D'Ìtaca che del Nèio siede alle falde
Or qua giungiam; parlar d'una faccenda
Privata, non già pubblica, ti deggio. 110
Vengo, se aver poss'io qualche contezza,
L'ampia del padre mio fama seguendo,
Del magnanimo Ulisse che già teco
Combattendo, com'è pubblico grido,
L'Ìlie mura atterrò.

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