Nasce ufficialmente a Varese nel 1943. Anche se qualcuno insinua, invece, su Nibiru diversi milioni di anni fa. Un giorno, ancora in fasce, sarebbe stato catapultato sulla Terra, subito dopo l'apparizione del monolito. Nel corso dei secoli avrebbe stazionato di volta in volta nel corpo del tesoriere di Tutankhamon, in quello del capo della Zecca romana ai tempi di Giulio Cesare, poi del ministro del tesoro di Giovanni Senza Terra, del banchiere medievale Bardi, di Jean Baptiste Colbert ministro delle finanze del Re Sole, di Vincenzo Mistrali responsabile delle finanze di Maria Luisa d'Austria, di J. P. K. J. Von Stadion ministro dell'economia ai tempi di Cecco Beppe, e l'elenco potrebbe continuare a sfinimento. Un giorno, infilatosi forse per sbaglio dentro Keynes, padre della macroeconomia, questi gli avrebbe gridato piuttosto incazzato : - Cheffai?!! Esci subito dal mio corpo! - Non si capisce bene se perché entrato dalla parte sbagliata o per diversità di vedute. In ogni caso, l'ardita ipotesi è ormai bollata come solenne idiozia dal superloico e superlaico Piero Angela.
Fin dalla più tenera età Mario è convinto di possedere una prorompente allegria e un'energia comica latente, in attesa solo di essere valorizzata, anche se non riesce ancora ad esprimere nulla che vada più in là di un'asfittica risatina alla "Petrektek", dopo un'esilerante barzelletta sul cinema polacco. Nemmeno le solite birbonate dell'infanzia gli vengono in aiuto. Ad Halloween non ce la fa neppure ad indossare la maschera, e quando si trova davanti a un campanello l'indice gli si paralizza. Se la porta si apre a prescindere, s'impapina a tal punto che, imbarazzato, è lui a elargire dolcetti.
A quindici anni si iscrive ad un corso di mimica del comune, in attesa di un segno che dia piena voce al suo talento. La sua massima aspirazione, dicono gli amici, sarebbe partecipare al concorso "Un comico per l'estate", ma si accontenterebbe anche di una comparsata al Circo
Stavano chiudendo lo scriptoria, situato in una parte del territorio geologicamente molto scabroso, cioè difficile per arrivarci, con poche altre costruzioni all'intorno su d'un plateau che spianava la cima d'un massiccio sperone di roccia basaltica, quando un piccione viaggiatore entrò rallentando il suo volo per atterrare nel posto prestabilito da dove sempre partiva, per poi rientrare trasportando legati all'una o ad ambedue le zampine, uno o due rotolini cartacei contenenti lo scritto autoriale per farne fare delle copie amanuensi. L'uccello stava ancora nella brevissima fase della planata prima di posarsi, quando il garzone di bottega - un acquisito cafoncello della campagna sottostante ed impiegato in sostituzione del genitore che era stato messo ai ferri per aver compromesso la vista di un occhio con un lancio di saliva (evidentemente molto acida) al padron di casa che si era arrischiato di andare, personalmente, nella sua dimora a chiedergli l'arretrato dell'affitto - lo cattura con un reticello mosso dall'evidente intenzione di abbreviare così il tutto e non allungare vieppiù le pesanti ore d'una giornata di copiatura in bottega; ci fu un grande agitarsi d'ali e tanti vocalizzi di ribellione da parte del volatile che così dava il chiaro segno della sua scontentezza per l'accoglienza ricevuta dopo un lungo volo di lavoro, e chissà, può darsi pure nel constatare l'abbandono, forzato loro malgrado, di molte delle sue piume che dal naturale comodo e caldo alloggio immediatamente si misero a svolazzargli intorno -leggère come piume!- nella semioscurità che regnava in quel momento all'interno della bottega di scrittura.
Comunque, nonostante quest'improvvisa situazione di disagio tra le persone e dell'animale, dopo che quest'ultimo fu pazientemente liberato dalla rete il mastro di bottega, dopo aver dato al piccolo bifolco una manata per nulla leggera alla nuca (che lui incassò senza fare un fiato), mise mano ai due messaggi
La mamma, rivolgendosi al figlio di 8 anni:
- Cosa stai facendo?
- Sto aggiungendo delle foto al mio sito web.
- Ecco, lo sapevo! Da quando quel disgraziato di tuo padre ti ha insegnato a fare le pagine web, tu passi tutto il tempo davanti al computer. Guarda che ti fa male troppo computer. Queste sono cose per adulti. Adesso smettila, siediti sul divano e guarda un po' la TV.
Io, in quanto tale, uso per andare a lavorare la metropolitana.
So, perché me l’hanno detto, che in Inghilterra e in tutti i paesi dove l’Inglese la fa da padrone, che questa si chiama underground, o giù di li, che in breve vuol dire sottoterra, che mi sembra appropriato e semplice per definire il dove, ma alquanto vago per definire il come.
Qui, come dicevo, dove lavoro io, la stessa si chiama metropolitana che dev’essere una parola che viene fori dal latino o dal greco antico, lingue morte e seppellite.
C’è da dire che l’inglese invece vive e vegeta (buon per lui) e spadroneggia pure, tanto che ormai lo si parla in tutto il mondo. Così mi dicono.
C’è da dire che su questa metropolitana, che in fin dei conti è un po’ treno e un po’ autobus (solo che va sottoterra), non sono quasi mai da solo. Anzi, a pensarci bene proprio mai.
Se poi ci salgo negli orari giusti, che mi hanno detto essere di punta (chissa che punta?), ci salgo proprio a pelo, che se non sto attento lascio qualche pezzo fuori dalla porta che si chiude.
Sulle porte della metropolitana ci hanno fatto anche un film, ma questa è un’altra storia. Comunque le suddette porte non sono come quelle di casa che si aprono e si chiudono sui cardini, ma vanno qua e la sui binari, e prima che ghigliottinino qualcuno di solito fanno un suono di sirena. Io, in quanto me, mi diverto proprio un sacco a salire mentre suona la sirena, e i pistoni delle porte soffiano, perchè mi viene da pensare: “pensa se rimanevo fuori”. E questa è un po’ la trama del film di cui si è detto.
Salire quando suona la sirena si può fare solo se non è orario di punta perché si necessita di un certo slancio e di un po’ di spazio per frenare, che se è pieno di gente viene fuori un frittatone, e a qualcuno potrebbe non piacere. Nemmeno a me a pensarci bene.
Comunque io, qua, mi diverto anche così.
Quando si esce dalla metropolitana, spesse volte si chiede permesso, e spesse volte si spinge un
E arrivati al mare fare immersioni lunghe
E profonde
Ma attenzione...
Se le parole non giungono chiare, solo confuse
Più che di empatia
Potrebbe trattarsi di embolia...
Se poi se ci si esprime in prosa
O con dei versi in rima e in poesia
Che differenza vuoi che ci sia?
È sempre la stessa cosa...
Se l'aria va in vena
Nella prosa
È più lenta come in una novena
Quando poi va in un'arteria
Come nella poesia
La situazione è più seria
Va l'aria diretta al tuo cuore
Con o senza amore
Ma sempre con gran dolore...
Londra, 27 luglio 2012.
Per strada la festa è un crescendo. Caroselli di bandiere colorate inondano la città. All'interno dello stadio, la cerimonia d'apertura entra nel vivo. Volteggia orgoglio britannico da ogni testa presente. Solo un uomo se ne sta in disparte, l'espressione corrucciata del suo viso non lascia trapelare alcuna buona intenzione.
Stratford-upon-Avon, 10 Novembre 1974.
Il giovane Nick ha un sogno: essere tedoforo delle prossime olimpiadi inglesi. Per raggiungere questo obiettivo, il ragazzo cerca di impegnarsi nello sport.
L'atletica si beffa di lui, la boxe lo deride, i giochi di squadra lo umiliano. Il risultato è univoco e inequivocabile: Il giovane Nick non è portato per lo sport, anzi è un vero e proprio asino.
Londra, 20 luglio 2012.
Nick, ormai uomo di mezza età, ha appena acquistato una maschera da asino. La sua vendetta nei confronti dell'universo olimpico avrà presto un compimento. Una smorfia amara sfiora gli angoli della sua bocca segnata dal tempo. Suda, sa che tutto ciò avrà delle ripercussioni. Tira un lungo sospiro ed esce dal negozio.
Londra, 9 giugno 1982.
Un ragazzo ha appena subito l'ennesima sconfitta.
- Coraggio Nick, sapevi anche tu di non poter competere!
Gli occhi si riempiono di lacrime, trattenute a fatica dai mille arricciamenti del naso. Nick sta per scoppiare, una volta di più ha capito di non essere tarato per fare lo sportivo.
- Ti conviene fare come tuo padre, hai un'ottima azienda pronta ad accoglierti.
Stratford-upon-Avon, 20 Marzo 1997.
Nick è un uomo di discreto successo ormai, ha una fabbrica tessile e una famiglia alle spalle. È appena nato il suo secondogenito, il piccolo Puck. Stringe forte la manina del pargolo, ormai ha accantonato il suo sogno, è riuscito a superare quell'ossessione imperante.
Stratford-upon-Avon, 6 Luglio 2005.
- Papà, papà. Faranno le olimpiadi a Londra tra 7 anni!
La voce di Puck rintrona letteralmente Nick. Lo stato di trance che lo avviluppa g
Ci teneva tanto a quella serata Elena, quella serata a casa di Gianni, un suo amico di facoltà. Una serata a base di musica, alcol e fumo. Aveva indossato un vestito rosso, lungo abbastanza per coprire il seno e parte delle cosce, un copri spalle nero e degli orecchini verdi. I tacchi di 5 centimetri li aveva messi vicino alla porta e ora era intenta a truccarsi in bagno.
Ombretto rosso o verde?
Mire precise non ne aveva, ma chissà, il caso, confidava che la fortuna le facesse incontrare un ragazzo carino, simpatico, intelligente, un ragazzo che potesse soddisfare le sue fantasie erotiche. Uscii di casa, prese la macchina e si diresse dall'amico.
Erano arrivati quasi tutti gli invitati quando fecero il primo brindisi, un brindisi alla vita pensò Elena. La serata intanto si stava animando, presi da un lieve senso di ebbrezza i presenti si stavano muovendo sotto le note di una canzone dei Queen, Don't stop me now. Ora non mi avrebbe fermata proprio nessuno, aveva pensato. C'erano diversi ragazzi che avrebbero potuto soddisfare i suoi desideri, c'era l'imbarazzo della scelta. Si avvicinò ad uno che avrà avuto sui vent'anni, moro, che si esprimeva in un ballo al quanto inconsueto. Saltava, batteva le mani, muoveva il corpo senza avere il minimo senso del ritmo. Forse era proprio ciò che le piacque di più, forse era il caso di provarci.
Ma porca puttana, avevo detto che nel suo destino c'era Luca, quel ragazzo castano scuro... sarei daltonico io? Avevo progettato tutto e mi vieni a modificare i piani così? ... sarebbe un errore mio? Ma sei tu che non hai saputo guardare bene! ... Ah sì? Allora mi licenziò, voglio vedere cosa farete senza di me! ... Beh sì, fate pure, ciao ciao!
Anche il caso, a volte, fa degli errori fatali!
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