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Racconti di ironia e satira

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La sostenibile pesantezza dell'avere

Kranz Von Ribentrop entrò nella mia vita circa dieci anni fa. Mi scelse come padrone mentre facevo un innocente giretto in un negozio di animali. "Mi scelse" perchè non potetti dire di no al suo ammaliante quanto minaccioso ringhio mentre gli passavo accanto. Come avrete capito ( non siete mica scemi... spero ) Kranz Von Ribentrop (guai a chiamarlo senza scandire per intero il suo nome e cognome) era un cane. Oddio... un cane... un'enorme massa gelatinosa tra King Kong e Pluto che incuteva terrore al solo guardarlo. Appena il proprietario del negozio intuì il mio interessamento per l'"essere" me lo aveva già bello e impacchettato con sconto del 95 %.
Kranza Von Ribentrop prese possesso della "mia" casa senza muovere ciglio; il suo respiro era costantemente accompagnato da un ringhio talmente terrificante che non aveva assolutamente bisogno di abbaiare per ottenere il panico totale attorno a sè.
Un giorno, mentre ero accucciato alle sue zampe, mi capitò di scorrere un giornale sportivo. Arrivando alla pagina dell'ippica, incuriosito, cominciai a leggere ad alta voce i nomi dei cavalli partecipanti alla 1°corsa che sarebbe avvenuta nel pomeriggio:
-" Tom Mix"... ringhio di Kranz
-"Vincosempreio"... ringhio
-"Batman"...""MIAOOOO""
Come miaoooo!!! Forse non avevo capito bene. Ripetei i tre nomi letti prima Ma che succedeva, era impazzito? A quel nome e solo a quel nome il suo ringhio si trasformava in un miagolio.
Cercai velocemente un'altra corsa, lessi ancora ad alta voce i nomi dei cavalli:
-"Tex Willer"... ringhio
-" Fatemilargo"... ringhio"
"SOerMeio"..."miaooooo"
Allora non poteva essere un caso. Se avevo capito bene...
Scattai in piedi, folgorato, chiesi a Kranz il permesso di uscire. Accordatomi, corsi alla ricevitoria all'angolo e giocai quei miseri 10 euro sui cavalli indicati dai miagolii di Kranz.
Inutile dire che i due cavalli vinsero a zampe basse le loro corse.
Tornai a casa con qualche centinaio di

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   0 commenti     di: Alfredo Marino


La guerra e la pace

— Cari ragazzi oggi parleremo della guerra, e sarà una preparazione all'esame finale che di questo tema tratterà; costituirà anche una bella e istruttiva lezione per tutti noi—
Con un tono esageratamente eccitato e malauguratamente commisurato al tema da trattare, una professoressa dai lineamenti delicati e rubicondi, con una stazza che la costringeva a stare a lato della cattedra, la quale aveva una sedia che sarebbe stata messa a rischio se lei si fosse seduta sopra, incitava la classe a guardare la vita in una delle sue tante possibilità, estrema non si capiva ancora quanto, ma certamente non usuale per dei ragazzi che affidavano il proprio futuro alla generosità dei genitori e ai conservanti delle tortine sintetiche.
— Forza allora, mi aspetto da voi una vera analisi, più approfondita e seria delle solite e banali considerazioni da pulpito pacifista e consumista—
— Che ha contro i pacifisti? — sbottò Arturo, un pankabestia che avevano dovuto faticare per convincerlo a lasciare il suo rothwailer legato all'inferriata del cortile
— Perché, adesso non si può più essere pacifisti? — aggiunse in fretta, prima di dimenticarsi il termine usato per definire chi ama la pace, ma soprassedendo sull'altro, quello che lo vedeva in fila al supermercato della droga.
La professoressa, una reduce di un sessantotto che aveva tradito, ingrassata anche lei ai banconi dei Discount dimenò, come fanno i cani, il culone impercettibilmente, ma la finta lattina di coca che conteneva la gomma e la matitona rossa e blu delle correzioni si rovesciò lo stesso
— Anch'io sarei una pacifista, se mi fossi dimenticata che la relativa pace che stiamo vivendo ora è il frutto dell'ultima guerra di resistenza— disse di getto, come per giustificarsi alla sua stessa memoria che le rammentava le molotov da lei lanciate ai cortei di protesta.
— Ma quale resistenza? Se non ci fossero stati gli Americani e i Russi, a liberare l'Europa, oggi lei vestirebbe una divis

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   1 commenti     di: massimo vaj


Il mostro

I suoi passi echeggiavano lugubri nel corridoio dalle pareti grigio spento. Non c’era nessuno e ciò rendeva quel luogo ancora più ostile. Quando passava lui, chiunque si trovasse nelle vicinanze riusciva sempre a sparire prima che lui potesse capire dove diavolo andasse. Loro erano per un carattere più indulgente. Ma lui, non tollerava nulla che potesse dare a quelle creature barbare e rozze una scusa per poter far cambiare il sistema. Lui sì che poteva capire il vero carattere che ci voleva! Non bastava certo un banale ammonimento! D’altronde su qualcuno doveva pur sfogare la sua frustrazione, per i trecentosessantacinque giorni di avanti e indietro in quel luogo. Arrivò alla porta ricoperta di scritte e stupidi disegni, aprì lentamente e guardò quella foresta di teste vuote, posò la borsa… Ed ecco il solito cantilenante saluto di quegli incivili… “Buongiorno professore. ”



MMetropolitana

Io, in quanto tale, uso per andare a lavorare la metropolitana.
So, perché me l’hanno detto, che in Inghilterra e in tutti i paesi dove l’Inglese la fa da padrone, che questa si chiama underground, o giù di li, che in breve vuol dire sottoterra, che mi sembra appropriato e semplice per definire il dove, ma alquanto vago per definire il come.
Qui, come dicevo, dove lavoro io, la stessa si chiama metropolitana che dev’essere una parola che viene fori dal latino o dal greco antico, lingue morte e seppellite.
C’è da dire che l’inglese invece vive e vegeta (buon per lui) e spadroneggia pure, tanto che ormai lo si parla in tutto il mondo. Così mi dicono.
C’è da dire che su questa metropolitana, che in fin dei conti è un po’ treno e un po’ autobus (solo che va sottoterra), non sono quasi mai da solo. Anzi, a pensarci bene proprio mai.
Se poi ci salgo negli orari giusti, che mi hanno detto essere di punta (chissa che punta?), ci salgo proprio a pelo, che se non sto attento lascio qualche pezzo fuori dalla porta che si chiude.
Sulle porte della metropolitana ci hanno fatto anche un film, ma questa è un’altra storia. Comunque le suddette porte non sono come quelle di casa che si aprono e si chiudono sui cardini, ma vanno qua e la sui binari, e prima che ghigliottinino qualcuno di solito fanno un suono di sirena. Io, in quanto me, mi diverto proprio un sacco a salire mentre suona la sirena, e i pistoni delle porte soffiano, perchè mi viene da pensare: “pensa se rimanevo fuori”. E questa è un po’ la trama del film di cui si è detto.
Salire quando suona la sirena si può fare solo se non è orario di punta perché si necessita di un certo slancio e di un po’ di spazio per frenare, che se è pieno di gente viene fuori un frittatone, e a qualcuno potrebbe non piacere. Nemmeno a me a pensarci bene.
Comunque io, qua, mi diverto anche così.
Quando si esce dalla metropolitana, spesse volte si chiede permesso, e spesse volte si spinge un

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   8 commenti     di: Umberto Briacco


Una poco sana tradizione

Una poco sana tradizione


Torr, famoso dilettante del paese, decise di non perdere la tradizione della famiglia: chiamare il primogenito con le iniziali del nome di una pedina degli scacchi. In realtà la tradizione era più complicata: il padre avrebbe dovuto chiamare il primogenito con il nome della pedina da lui preferita. Il padre di Torr, naturalmente, vinceva le partite grazie alle sue due torri che era solito chiamare Carmela e Giovanna. Allo stesso modo, Torr divenuto per la prima volta padre, nominò il neonato Alf. Cresciuto fin da piccolo, a pane e scacchi, mangiando su una scacchiera, dormendo riscaldato da copriletto quadrettati, Alf non riuscì a far altro che giocare a scacchi per tutta la vita.
Cominciò non appena poté e finì il più tardi possibile. Alf, a causa della sua postura errata, ben presto si ritrovò con una scoliosi niente male. Il padre e la madre lo portarono dall’ortopedico, che alla vista di cotanta obliquità non fece altro che mettersi le mani nei pochi capelli che gli rimanevano e abbandonare dapprima il suo caso (a dir poco patologico), e poi il suo mestiere. Non c’era dubbio che chiamar i propri figli con nomi quali Torr non poteva che renderli alti e robusti, verticalmente e orizzontalmente ben messi, ma chiamare il proprio figlio Alf, come minimo significava averli storti fisicamente e nei casi più sfortunati anche mentalmente parlando.
Non si può sostenere che Alf sia un vero e proprio dritto. In effetti, la sua stortezza era colossale; per un certo verso originale, per altri un po’ meno.
Cominciò a giocare a scacchi. Era diventato famoso per le sue grandi abilità strategiche, per gli arrocchi pomposi e le sue forchette indimenticabili. Tuttavia, ciò che più rendeva il suo gioco estasiante, era l’uso predominante e scalciante dei cavalli; che puntualmente aveva chiamato: Napoleone e Pegaso gli impavidi.
Nella sua vita aveva giocato a scacchi.
I suoi pezzi forti erano i cavalli.
Si sposò.
Fece

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Due storielle

Provengo da un mondo antico e ne serbo la memoria. Nel dopoguerra ('40-'45), quando l'Italia divenne repubblicana, la disputa politica fu piuttosto accesa e durante la campagna elettorale del '48 tra il fronte delle sinistre e la coalizione di centro corsero parole grosse. C'era tuttavia anche una notevole vena ironica che stemperava la contesa. Ricordo una storiella che circolava a quei tempi, attribuibile ai sostenitori della DC e stranamente con una venatura di scurrilità:
Un bel giorno di sole l'onorevole De Gasperi (DC) passeggiando in campagna scorge, seduti ai piedi di un grosso albero, l'onorevole Togliatti (PCI) e l'onorevole Nenni (PSI) intenti a chiacchierare tra loro. Si ferma di fronte ai due e chiede di cosa stessero discutendo. L'onorevole Nenni risponde: "Ci stiamo chiedendo di che sesso sia questo magnifico albero. Io dico che è una femmina, mentre Togliatti asserisce trattarsi di un maschio." Risponde De Gasperi: "Senza alcun dubbio ha ragione Togliatti, si tratta di un maschio." "Come fa ad esserne sicuro?" chiese Nenni. "È facile, lo si capisce dal fatto che ha i coglioni sotto!"
Un'altra storiella risale agli anni '70 e curiosamente sembra adatta anche ai tempi nostri. È riferita all'onorevole Ugo La Malfa (PRI), che fu Ministro del Tesoro nel '73-'74. La Malfa era considerato una specie di Cassandra perché tuonava contro gli sprechi e sosteneva una politica economica rigorosa. Perciò fu messa in circolazione questa storiella:
Il Ministro La Malfa si presenta in Consiglio dei Ministri con la faccia cupa e annuncia: "Onorevoli colleghi, vi debbo dare due brutte notizie! La prima è che se andiamo avanti di questo passo in breve saremo costretti a mangiare merda."
"E la seconda?" chiesero i presenti molto allarmati.
"La seconda brutta notizia è che non ce ne sarà per tutti!"

   1 commenti     di: dino sauro


La passeggiata dei cani

Decido di andare in un parco qua vicino, a fare due passi. Dicono tutti che fa bene, vediamo un po' che succede. Settembre, l'umidità, le prime foglie che ingialliscono ultimi giorni di libertà per tutti gli studenti. Mi guardo intorno e vedo che tutto si svolge nella normalità di tutti i giorni: i ciclisti sulla strada, i motorini sui marciapiedi e i pedoni sulla pista ciclabile, fantastico! Neanche un grande regista avrebbe potuto fare di meglio. Sento il bisogno di sedermi e qui scatta l'operazione "panchina". La prima che incontro presenta evidenti tracce di compagnie estive, i giovani si sa prediligono sedersi sui poggia schiena e appoggiare i piedi infangati dove ci si siede... passiamo oltre, questa è notevolmente sdentata gli sono rimasti solo due listelli bocciata! Ecco forse ci siamo questa di listelli ne ha ben cinque Ok buona la terza, c'è scritto sopra "scemo chi legge" e "Antonio vuole solo the", se vedrò Antonio, mi devo ricordare di non offrigli mai un caffè. Adesso sono operativo, niente giornale niente libro oggi si osserva, cosa? Visto l'orario, la passeggiata dei cani...
Arriva il primo, uno splendido esemplare di cane lupo di nome Black, sta portando a spasso la sua padrona, una signora anziana minuta, munita di scialle sulle spalle, di quelli fatti con la lana avanzata multicolore, realizzata all'uncinetto, vestaglietta domestica e calze di lana a mezzo polpaccio... l'inizio non è dei migliori. Da un Suv nero scende un elegantissimo signore incravattato, a occhio e croce saremo sui 130 chili, apre il baule e fa scendere in pompa magna un chihuaua, stupendo anche quest' accoppiamento, ad onor del vero avrei preferito almeno uno spinone gigante, ma si sa l'amore è cieco. Vedo spuntare in fondo alla via in signore che chiameremo INI, perché a tre cagnolini, che sono piccolini e son dei bassottini, che fanno tanti bisognini, ma che restano sui marcia piedini, perché il signor INI si schifa a usare i sacchettini! Poi ne arriva uno nero c

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   9 commenti     di: Aldo Riboldi



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