Giancarlo Bonaffini scese frettolosamente le scale che conducevano alla metropolitana, giusto in tempo per salire sul treno ormai in partenza. Tutti i posti erano già occupati, perciò non gli rimase altra scelta se non quella di aggregarsi al gruppo di viaggiatori rimasti in piedi. L'abitacolo era affollatissimo, caldo e impregnato da un mix di odori pungenti:sudore, sigarette e... chissà cos'altro! Si guardò intorno:quello spazio claustrofobico sembrava contenere le più svariate tipologie umane. Alla sua destra una donna con in braccio un bambino di circa due anni:la carnagione ambrata, i capelli disordinatamente raccolti in una coda e i vestiti visibilmente consumati rivelavano le origini rom. Alla sua sinistra un uomo sulla sessantina che indossava una quantità spropositata di indumenti:una sciarpa rossa malamente avvolta intorno al collo, un berretto di lana nero e un lercio giaccone dal colore indefinibile. Le mani dell'uomo(anche esse coperte, da dei guanti di stoffa) erano entrambe occupate, in una stringeva diversi sacchetti di plastica, nell'altra teneva al guinzaglio un cane deperito e dal pelo ormai rado. Davanti a lui una donna dalla mise provocante spostava a intervalli il peso del corpo da un piede all' altro, cercando di trovare solievo dal tacco dodici. Bonaffini non riusci a scorgere il viso, ma da ciò che la sua limitata prospettiva gli permetteva di vedere ipotizzò che si trattasse della tipica donna di mezz'età che ricorre ad abili stratagemmi per salvaguardare il proprio fascino. In alternativa poteva trattarsi di una di quelle donne di strada che cercavano di restare attraenti per ostacolare l'ascesa delle "colleghe" più giovani. Una quantità variegata di miseria concentrata in un angusto spazio. In tutto questo la figura di Bonaffini spiccava fortemente, l'abito elegante, grigio sagomato, il taglio preciso, la rasatura impeccabile, tutto in lui emanava successo e benessere. Il cane del barbone cominciò a strofinars
[continua a leggere...]Agnese, dopo aver compiuto le elementari, in un villaggio del messinese, si era trasferita con i genitori a Lione, ove il papà era stato chiamato da una clinica neurologica a svolgere la propria attività di professore psichiatra. Agnese, attratta fin da bambina, dalle lingue ed avvantaggiata, dal fatto di avere origini italiane, aveva, poi, scelto la facoltà di lingue e letterature straniere occidentali.
Agnese era una bella ragazza dai lunghi capelli castano dorato; aveva i tratti del volto delicati, occhi castani e lucenti, come due grandi mandorle, sempre pronti a sbigottirsi per tutto ciò che di strano accade nel mondo; il nasino, leggermente all'insu, e, cosparso di efelidi, denotava un temperamento mite e ribelle al tempo stesso, mentre le labbra a forma di cuore avevano vinto definitivamente la timidezza dell'età infantile ed adolescenziale.
Si era nell'anno 1984; la giovane se era laureata da poco con un punteggio più che soddisfacente e, due mesi dopo, aveva ottenuto una supplenza di letteratura italiana e francese presso un istituto secondario italiano, voluto da una famiglia nobile italiana. Dopo i primi giorni di entusiasmo, Agnese cominciò a manifestare, almeno nel proprio ambiente familiare, la propria delusione: benché le proprie lezioni fossero chiare, animate da un profondo amore per ciò che il suo povero cuore di insegnante, intendeva porgere agli alunni, si accorgeva che i ragazzi non imparavano nulla: erano degli scemuniti o, fingevano di essere tali. C'è da tener presente, che in quell'istituto serpeggiava tra i colleghi, la mania della sopraffazione. Agnese, insegnante succube, come ce ne sono molti, era avvilita e non sopportava più l'ignoranza dei ragazzini, finta o vera che fosse.
Scrisse ai nonni, aprendo il proprio cuore e, nonno Annibale, così le rispose: "Vieni qui da noi, ma non t'illudere: tutto il mondo è un paese e, in un ambiente di lavoro, si trovano sempre prepotenti e succubi; invano cercherai
Eustorgio si confida con un amico in merito a certe questioni del cuore, ovvero a come si riesca a capire se il sentimento per la persona amata sia captativo piuttosto che oblativo. Eustorgio credendo che il suo fosse più captativo che oblativo un giorno decise di portare la sua innamorata a fare un'escursione sull'Everest. La compagna accettò di buon grado ed Eustorgio ne fu molto contento, lei dimostrò di seguirlo "in capo al mondo". "Ecco ora sei soddisfatto?" gli chiede l'amico. "Guarda non sò se sono soddisfatto, però almeno ho finalmente capito cosa significa amore oblativo". "Scusa puoi spiegarlo anche a me?". "Vedi, durante il viaggio lei si è innamorata di una delle nostre guide, uno sherpa nepalese molto gentile e si sono spostati. Ora io so che lei è felice, quindi se io l'avessi amata oblativamente ora sarei gioioso, anzichè essere tristissimo...". "Eh, come ti capisco Eustorgio! Non si finisce mai di imparare, l'italiano è una lingua molto difficile!".
Un aitante signore confida di essere preoccupato del sovrappeso. Inefficace è la terapia. Deriso è da la nipotina.
- "Schietto - gli parlo - di un nuovo farmaco: l'Euro Complex il cui unico effetto collaterale è il sudore".
- "Un comune medicinale di Fascia C. - lo assicuro - Il M_O_N_T_I_N_O_L_O, il suo principio attivo, in poche settimane lo libererà dai chili in eccesso".
Sbalordito, lo annota sul taccuino.
Chiede de l'antidoto per quando avrà raggiunto il peso ideale.
- "Ah, non si preoccupi - gli sussurro - basta usare frequentemente il V_E_R_S_A_T_O_L_O e sarà come non aver usato il primo".
Stupito mi dà del luminare in dietologia.
- Noh - gli ribatto - sono solo un paziente e... gli mostro la cintura dei pantaloni, ormai a l'ultimo occhietto".
Sollecita un passante di indicargli la più vicina farmacia.
- "Non serve importunare alcuna persona - gli bisbiglio - son qua io... a completa disposizione".
Passo dopo passo... eccoci a la soglia d'una sede qualunque de l'Agenzia delle Entrate.
Lui, fiducioso e sorridente, entra. Ne avrà di che parlare?
Sarò stato d'aiuto? Io, intanto, scappo!
Beh! Finalmente soli. Io e te. Di fronte alla nostra essenziale nudità. Come tante volte fino a qualche mese fa.
Mi affascina ancora e sempre la tua silhouette slanciata, il candore che ti avvolge, il groviglio che hai dentro.
Mi rapisce ogni volta la tua leggerezza,. il tuo odore, il sapore di te sulle mie labbra, morbido e amaro.
Mi hai tradito più volte, forse sempre. Anche quando pensavo che in fondo “ti stavi consumando” per me. Ma a quale prezzo? Prima o poi ti saresti portata via tutto, l’hai già fatto con tanti tradendo anche loro.
In tanti ne hanno fatto una malattia. A qualcuno hai portato via pezzi di cuore senza che a te, poi, importasse qualcosa sul serio: non sbaglia chi dice che in fondo tu e quelle come te altro non siete che vacue lucciole, tutte fumo e niente arrosto.
Eppure il desiderio di te è sempre misteriosamente forte, dannatamente presente soprattutto quando non ci sei. Mi basta sentire il profumo di te nell’aria per cominciare ad impazzire: sei stata e rimani il mio assillo perenne. La pena di tutti i miei giorni.
Persino la tua docilità e la falsa sottomissione con cui ti presenti sono disarmanti:
lo so, se mi va tra un istante basterà poco…una scintilla per accenderti: fai sempre cosi non appena ti metti di lungo.
Quante volte hai soddisfatto la mia ansia in una sola interminabile tirata…? Quante tirate in ore e ore io e te soli o a volte insieme agli altri: spudoratamente passando di labbra in labbra senza neppure il bisogno di esprimere falsa gelosia?! Altri tempi quelli! Ora non ci riuscirei più: con gli altri proprio no. Negli ultimi anni sei stata sempre e solo per me….
Anche perché, lo confesso, ho cominciato a vergognarmi di te della tua nebulosa astrattezza, della tua (diciamocela tutta) sostanziale inconsistenza.
Ricordi? Più volte ti ho presa davanti a mia moglie: sì, è vero: ciò la irritava tanto… quasi le mancasse l’aria…. magari usciva all’aperto, protestando con me ch
Oggi devo vedermi con Eva. Eva fa la giardiniera nell’Eden.
Il Capo gli ha fatto un contratto di lavoro a tempo indeterminato.
La giardiniera dell’Eden fa spesso l’amore con Adamo e a me tocca guardare.
Tante volte ho sognato di fare l’amore con Eva, ma lei nemmeno mi guarda …
Lei ho lo sguardo solo per lui.
- “Mi ami, amore? Ma quanto mi ami? Oggi per te ho colto le pere dall’albero”.
Uffa che noia! Ma qui non succede mai niente!
Allora mi sono detto: “Chissà con Eva come andrebbe?”
Così eccomi qua! Pulito, profumato, lucidato, praticamente desiderabile.
Ho fatto persino la prova dell’alito. Fantastico! Odora di mela acerba.
- Buongiorno, serpente. Volevi vedermi?
- Si, Eva. Volevo proporti una nuova dieta.
- Sarebbe a dire?
- L’albero che ti offre le foglie per coprire la tua intimità, produce dei frutti buonissimi. Se tu ne mangerai sarai ancora più bella. Vedi quelle rotondità sui fianchi e sui glutei? Sparirebbero! Guarda i tuoi seni cadenti. Se tu prenderai di quel frutto, improvvisamente i tuoi seni diverrebbero sodi e bellissimi! Che ne dici?
- Oh! sì! Quanto mi piacerebbe! Pensa serpente che ultimamente Adamo per continuare a fare l’amore tre volte al giorno ricorre al viagra. E allora mi era venuto qualche dubbio sulla tenuta del mio fascino. Sai … il tempo passa per tutte!
- E già! A chi lo dici! Però il viagra, proprio no! Guai a fidarsi dei ritrovati tecnologici. Molto meglio sono i rimedi naturali, come ad esempio il peperoncino.
- Caro serpente, mi dai un po’ del tuo peperoncino? Se me ne dai un po’, io ti darò una bella cosa …
- Ma cosa fai? Eva no! Non farlo in nome della nostra amicizia. Aiuto! Aiutooooo!
Ho incontrato, o meglio, ho percepito la presenza di Aloisius, una mattina piovosa
di un anno insulso, simile a tanti altri. La pioggia, appunto, mi aveva spinto a rifugiarmi in quella chiesa, e lì, seduto in un cantuccio poco in vista ne ho approfittato per guardare l’architettura del monumento, le sue vetrate, i suoi arredi, ma soprattutto, l’imponenza delle colonne portanti, costruite con pazienza e perizia, pietra su pietra, ognuna scolpita ad hoc, tale da essere, perfettamente, tetto della precedente e solida base della superiore.
E ad un certo punto ho avuto l’impressione che qualcuno mi parlasse, sono certo di aver visto una figura rannicchiata alla base della colonna di destra, solo che a meglio osservare, mi sono reso conto che in realtà questa presenza non era affianco alla colonna bensì all’interno della stessa. Mi sento dire: ”Mi vedi? Mi senti?” “Si risposi, e l’altro” so chi sei, o meglio so quale è il tuo pensiero, so che sei come me, altrimenti non potremo comunicare, io sono Aloisius” “Anche io mi chiamo Luigi”
ma spiegami chi sei e perché io sarei come te.” “Sono un costruttore di Cattedrali, o se preferisci, uno scalpellino, quasi 600 anni da oggi, insieme ad altre decine di carpentieri, muratori e maestri della pietra, ero qui a lavorare alla edificazione di quest’opera commissionata da una famiglia devota suddita della chiesa romana.
Il lavoro era duro, ma emozionante, con le mie mani ho prima forgiato gli attrezzi per poter poi squadrare e formare le pietre, in modo tale che l’incastro seguisse esattamente il disegno del progetto.
E giorno dopo giorno, ho visto crescere queste mura. Il problema era che io non ero ben visto dai compagni e soprattutto dai monaci appaltatori, il perché lo puoi intuire,
io non ho mai creduto a tutte le infami menzogne della chiesa, io sono un uomo libero
dalle pastoie della religione, qualunque essa sia.
Ma il mio difetto era ed è di non saper tenere
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