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Racconti di ironia e satira

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La confessione

... e poi ho desiderato la donna d'altri.
Lo so figliolo, gli occhi sono ingannatori, ma non ti preoccupare Dio è misericordioso e conosce le nostre debolezze. C'è altro?
Beh... no
Avanti figliolo, non ti devi vergognare. Tutti abbiamo peccato e Dio è pronto a perdonarci. Su, di' pure e non avere timore.
Non è niente, è solo che mi vergogno un po'...
Forza, ti aiuto io: hai rubato?
No
Hai ucciso?
No
Hai bestemmiato?
No
Sei andato a putt... ehm... insomma hai capito
Ma no padre!
Allora cosa c'è che ti trattiene? Vedi, tu devi considerare che non sono io che ti ascolto, io sono solo un intermediario. Non devi dar retta a chi ti dice che la confessione è stata inventata dai preti! Sapessi che fatica stare qui a sentire i caz... ehm... ad ascoltare i vostri problemi, che sofferenza è per noi certe volte conoscere le offese fatte a Dio. Ma che grande gioia poter donare la felicità della riconciliazione! Anche tu puoi ottenere questa grazia, ma devi dirmi tutto e pentirti dal più profondo del tuo cuore. Allora?
No padre, queste cose le so già. Io non ho altri peccati da confessare ma ho una domanda da porle.
Sentiamo se posso illuminarti con il discernimento della voce di Dio.
Ecco, non ho ben capito che differenza c'è fra la psicanalisi e la confessione. Voglio dire che in entrambi i casi si va da una persona qualificata e si espongono i problemi, le ansie e le paure e se ne riceve un'interpretazione, un consiglio o un rimedio. Non capisco perché quando esco dallo studio del mio analista non provo la stessa sensazione di benessere che provo qui.
Figliolo, un po' mi meraviglia questa tua domanda, ma ti risponderò perché voglio che tu non abbia più di questi dubbi. La risposta è molto semplice: cosa fai prima di uscire dallo studio dello psicanalista? Paghi. Ed è in quel preciso istante che la tua coscienza capisce che l'eventuale beneficio che hai ottenuto era effimero, non duraturo. Ciò che si compra col denaro è destinato ad essere

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Una genuina ignoranza

Agnese, dopo aver compiuto le elementari, in un villaggio del messinese, si era trasferita con i geni­tori a Lione, ove il papà era stato chiamato da una clinica neurologica a svolgere la propria attività di professore psichiatra. Agnese, attratta fin da bambina, dalle lingue ed avvantaggiata, dal fatto di avere origini italiane, aveva, poi, scelto la facoltà di lingue e letterature straniere occidentali.
Agnese era una bella ragazza dai lunghi capelli castano dorato; aveva i tratti del volto delicati, occhi castani e lucenti, come due grandi mandorle, sempre pronti a sbigottirsi per tutto ciò che di strano accade nel mondo; il nasino, leggermente all'insu, e, cosparso di efelidi, denotava un temperamento mite e ribelle al tempo stesso, mentre le labbra a forma di cuore avevano vinto definitivamente la ti­midezza dell'età infantile ed adolescenziale.
Si era nell'anno 1984; la giovane se era laureata da poco con un punteggio più che soddisfacente e, due mesi dopo, aveva ottenuto una supplenza di letteratura italiana e francese presso un istituto se­condario italiano, voluto da una famiglia nobile italiana. Dopo i primi giorni di entusiasmo, Agnese cominciò a manifestare, almeno nel proprio ambiente familiare, la propria delusione: benché le pro­prie lezioni fossero chiare, animate da un profondo amore per ciò che il suo povero cuore di inse­gnante, intendeva porgere agli alunni, si accorgeva che i ragazzi non imparavano nulla: erano degli scemuniti o, fingevano di essere tali. C'è da tener presente, che in quell'istituto serpeggiava tra i col­leghi, la mania della sopraffazione. Agnese, insegnante succube, come ce ne sono molti, era avvilita e non sopportava più l'ignoranza dei ragazzini, finta o vera che fosse.
Scrisse ai nonni, aprendo il proprio cuore e, nonno Annibale, così le rispose: "Vieni qui da noi, ma non t'illudere: tutto il mondo è un paese e, in un ambiente di lavoro, si trovano sempre prepotenti e succubi; invano cercherai

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Pasticcio d'uomo

Ricetta di Natale Pasticcio d'uomo

Sesso: maschio o femmina, possibilmente in buono stato di conservazione.
Intelligenza: buona, ma più ne avete a disposizione meglio è.
Sensibilità: nel senso della capacità di percepire l'animo umano in tutte le sue manifestazioni anche qui come sopra non basta mai.
Conoscenza:qui non c'è paura di esagerare.
Ironia:serve... serve, sopratutto come autocritica e per smitizzare ciò che mito non è.
Idealismo:non guasta mai... se non si crede in nulla... il nulla sarà la nostra vita...
Passione:un pentagramma vuoto, possibilmente di dimensioni generose su cui l'amore scriverà le proprie melodie.
Amore:in tutte le sue varianti e quantità non ci sono controindicazioni.
Errore: qui è difficile dare le dosi esatte, ci sono diverse varianti, siamo nati dall'errore e dalla casualità un po' di questo ingrediente serve, non perché si impari qualcosa, per carità! ma perché almeno non avrete rimorsi, che sono peggio delle cotiche con i peperoni!.
Amicizia:una calda coperta appena tolta dal calorifero in una fredda notte d'inverno ingrediente raro ma se lo trovate usatelo a piene mani.
Curiosità:usate quest'ingrediente insieme all'intelligenza, di solito da un ottimo retrogusto.
Umanità:è un distillato di alcuni ingredienti precedenti, potete farvelo da voi, ricordate solo che è un ingrediente indispensabile.
Modestia:anche quest'ingrediente è molto raro, se lo trovate non ostentatelo, usatelo convinti della sua efficacia!.
Pazzia: sulla confezione normalmente in vendita c'è scritto " visto da vicino nessuno di noi è normale!" verissimo! ma un pizzico di pazzia non guasta mai.
Mescolate delicatamente tutti gli ingredienti, spesso tendono a separarsi o a radunarsi in piccoli gruppi
è molto difficile amalgamarli bene tutti, ma se riuscirete in questa piccola alchimia avrete realizzato un
pasticcio da dio.

   1 commenti     di: Marco Uberti


Essere o non essere

Martina al centro del palco imbarazzata, posa una grande valigia rigida.
"Beh, ecco, perché è che vorrei andare a Berlino. Anzi, cioè, veramente, vado a Berlino! (ride eccitata ) È che non mi fido a lasciarla dietro, e' che dentro c'ho i bilgietti e tutto. Proprio dopo il provino. Perché non credevo proprio di essere presa a fare il provino, capito? Avevo fatto la domanda una cifra di tempo fa e non ci credevo proprio... Si a Berlino faccio un corso di mimo. No, il tedesco non lo so... beh, faccio il corso di mimo apposta, tanto non si parla mica col mimo... si fanno le facce si cammina con una lastra di vetro in mano, si beve una tazzina di caffè che scotta, tipo così, ecco (prova a mimare) Poi imparo a camminare sui trampoli, faccio tipo il teatro di strada, una cosa del genere. Ho quasi imparato a fare la verticale, vuole che la faccio? Ok, ok, dicevo così. No ma se vuole la faccio, non ci sono problemi. Ok va bene, va bene, non c'è problema, non la faccio. Si mi piace perché mi libera, trovo un rapporto diverso con il mio corpo, la gestualità e lo spazio circostante, capito? Mi piace molto un tipo di espressività gestuale, capito? Come dire, mi piace tipo la gestualità, insomma, ecco, capito che voglio dire? Vado con un mio amico. Si, lui mi accompagna perché ho paura dell'aereo. Cosa? Ah si, giusto, ecco... scusi... si ho fatto il metodo Stanivslaskij ho recitato Strindberg, Pirandello, Becket e poi altri, Ibsen per esempio... si anche Shakespeare, certo. Adoro Shakespeare. Ah, poi anche Collodi. Sì, una rilettura di Pinocchio, costruito in materiale ignifugo... Si, sa quando Pinocchio si addormenta con le gambe sul camino e si sveglia che hanno preso fuoco? Ecco, l'idea è quella di rifare Pinocchio in materiale ignifugo, in modo da capovolgere il momento del conflitto, capito?... Beh, si, ho preparato alcuni brani. Vuole che comincio subito? Cosa? Scusi... e' che non ho capito... sa con le luci negli occhi... non si vede niente in

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   1 commenti     di: Giacomo D'Alia


Stufo di essere nessuno

Bobbi era stufo, stanco e stufo, veramente stufo, di essere un signor nessuno. Era cresciuto nella sicurezza che un giorno sarebbe diventato qualcuno, che tutti avrebbero conosciuto il suo nome.
Invece niente. Era sempre stato e probabilmente era destinato a essere per sempre una nullità, un loser per dirla con un neologismo inglese del gergo giovanile di oggi.
Bobbi non riusciva a capire se il suo sentirsi una nullità era legato al fatto che era davvero una nullità oppure se quella sensazione avesse ragioni più profondamente legate al suo stato mentale e che quindi non sarebbe mai scomparsa anche se fosse davvero diventato qualcuno.
Per saperlo con certezza sarebbe dovuto diventare qualcuno. Ma come? L’unica cosa che sapeva fare era scrivere ma scrivere lo sanno fare quasi tutti nel mondo occidentale. Farsi strada come scrittore o giornalista, senza essersi mai veramente specializzato, o anche solo applicato, in nessun campo specifico, era solo un’utopia.
Da giovane aveva provato a prendere una scorciatoia: sniffare e spacciare cocaina. La cocaina ti faceva immediatamente sentire al centro del mondo. Un tiro e il mondo si spostava dal suo asse geo-metafisico e si metteva a girare intorno a lui. Tutto e tutti ruotavano intorno a lui perché tutto e tutti quelli che aveva intorno ruotavano intorno alla cocaina.
Era una situazione ideale ma non poteva durare e non durò. Gli diede alla testa in pochi mesi e poi ci si misero anche concorrenti agguerriti, polizia e giudici a rendere tutto più difficile.
In compenso la sensazione di aver irrimediabilmente compromesso un’esistenza normale per sentirsi speciale solo pochi attimi era destinata a durare molto, ma molto, più a lungo.
Ora era lì, seduto alla sua scrivania, che pensava a come convincere qualche direttore di qualche testata a pubblicare qualche suo articolo.
Scriveva di tutto, di ogni cosa, come se fosse l’unico a sapere come gira il mondo: politica, geopolitica, religione,

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   1 commenti     di: davide sher


L'ultimo eremita - parte seconda

Devo ammettere che appena messo piede sul sicuro poggio tirai un bel sospiro di soddisfazione, non è da tutti i giorni infatti che un sessantenne pensionato dopo una intera vita vissuta tra i banchi di un liceo con le poche escursioni alla ricerca di funghi si possa improvvisare un Indiana Jones o un pellerosse mohicano. Compiaciuto rivolsi lo sguardo alle mie spalle e la vista dello strapiombo appena oltrepassato mi riempì di orgoglio. Sinceramente in quel momento non pensai affatto che in giornata avrei dovuto rifare la stessa strada per il ritorno. Mi concentrai invece sul luogo in cui mi trovavo.
Il terrazzamento era lungo una cinquantina di metri e largo mediamente due, con punte di tre nella parte centrale, quella davanti l'accesso alla grotta. Proprio in quella zona vi era l'origine del fumo, dovuto alla bruciatura di un mucchietto di foglie e sterpaglie in parte secche e in gran parte ancora verdi e umide. Al centro dello spazio, quasi a mezza distanza dalla grotta era stato improvvisato un braciere fatto di pietre disposte a semicerchio e in quell'incavo erano state deposte le foglie. Non molto lontano dall'improvvisato focolaio vi era un grosso mucchio di sterpi e foglie che, poco alla volta, sicuramente venivano usate per alimentare il fuoco. Ovvio che in quelle condizioni il fumo che ne scaturiva fosse grigio, quasi bianco, e per la quasi mancanza di vento si innalzava alto nel cielo come una colonna bianca.
Aguzzando lo sguardo riuscii a notare oltre il fumo una indistinta sagoma umana accovacciata per terra e con le spalle poggiate ad un grosso arbusto, di quelli che spuntano miracolosamente anche dalle rocce. Prima di avvicinarmi lanciai un rapido aguardo ai dintorni, alla mia destra il magnifico panorama che spaziava sulla sottostante valle e le basse colline, qualche centinaio di metri più sotto, oltre una mezza dozzina di altri terrazzamenti si riusciva a intravedere un vecchio ovile in muratura e da esso un cavo nero che superando la distanza

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   6 commenti     di: Michele Rotunno


Chiappalo, chiappalo!

Il 5 è grande, il 5 è tosto, il 5 è unico; "'e ce l'invidiano in tutto 'i mondo". Non è come tanti altri: ti fai dire da qualche confidente, che magari ha un parente nell'azienda, le usanze, oppure ti metti lì con pazienza, mezz'ora, un'ora, due, tre, ma alla fine li becchi tutti, proprio tutti. Come no?
Ma non il 5. Inutile farsi illusioni. Il 5 è da specialisti, da cacciatori esperti e appassionati. Anzi da eletti. Pochi l'hanno visto. C'è chi dice addirittura che non esista, è un mito e mitomani sarebbero quelli (pochi comunque) che hanno il coraggio di dire di averlo preso una volta.
Non so cosa dire. Ho provato tante volte ad appostarmi, ma senza successo. Ma riconosco di essere un dilettante. Chissà, forse un giorno; è il sogno della mia vita. Da quando un vecchio professionista di caccia grossa mi ha raccontato la sua storia.
Cominciava ad essere un po' stanco della sua vita, passata a cacciare leoni. Cominciava ad essere troppo facile, scontato. Non ne ricavava le emozioni di una volta.
Durante un viaggio di riposo in Europa, capitò a Firenze. Chi avrebbe immaginato che proprio in questa vecchia e provinciale cittadina, avrebbe ritrovato il senso della sua vita.
Doveva andare verso Novoli: il 5, gli dissero con un sorrisetto dispettoso.
Aveva tempo da perdere dopotutto, ma insomma aspettare a vuoto non diverte nessuno. Dopo un'ora cominciò ad innervosirsi. Si guardò intorno, cominciò a girare per il quartiere.
Chiese del 5: chi cascava dalle nuvole, chi si allontanava terrorizzato, chi giurava d'averlo visto, ma non si ricordava l'anno; chi assicurava che era passato pochi minuti prima, ma non da lì, dalla strada accanto.
Il mitico 5, suscitatore di visioni! Astuto, tosto, altro che i leoni. Facile sarebbe! Scopri prima o poi dove passa, ti metti lì e un bel giorno lo prendi: sarebbero buoni tutti. Il 5 no: è imprevedibile, creativo, estroso, bizzarro.
È la creatura più riuscita dell'azienda. "Ce l'invidiano in tutto 'i mondo.

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   2 commenti     di: carlo biagioli



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