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Racconti su sentimenti liberi

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Buongiorno sole

In un vecchio e decrepito orfanotrofio dei paesi dell’est, Ucraina per la precisione, viveva da circa cinque anni una bambina di nome Natasha. In verità Natasha aveva trascorso solo pochi mesi di vita fuori dall’istituto, sei per l’esattezza, poi del padre non si ebbero più notizie mentre la mamma aveva cominciato a bere…E non v’era nessuno dei parenti prossimi disposti ad occuparsi di lei. In quell’istituto, tuttavia, Natasha era stata cresciuta alla meglio. La direttrice era un tipo molto autoritario e dal cuore non tenero, e le altre puericultrici non erano…mai state mamme.
Un giorno giunse dall’Italia una richiesta di adozione. Due giovani poco più che trentenni avevano chiesto di adottare Natasha. Circa tre anni di attesa erano stati sbriciolati dalla burocrazia di entrambi i paesi, senza che nulla accadesse. Ed intanto Natasha era lì in attesa e la coppia italiana in ansia. Un bel giorno arrivò l’invito da Kiev per la coppia italiana a recarsi al centro delle adozioni e quindi ad un orfanotrofio ucraino. Giunsero in una mattina di primavera nemmeno lontana parente delle nostre delicate giornate profumate e colorate dai mandorli in pieno risveglio.
Il locale d’ingresso dell’istituto era gelido, alto ed i muri ripassati di bianco anonimo su cui campeggiavano enormi finestroni retinati.
Natasha era in un'altra stanza in un’attesa…vuota perché purtroppo aveva imparato che i giorni di quell’istituto erano tutti maledettamente uguali e grigi. La direttrice senza lasciarsi andare a troppi convenevoli accompagnò la coppia nello stanzone dove la bambina ripulita attendeva di conoscere gli stranieri.
Gli occhi di Natasha non avevano mai ricevuto un sorriso e sul suo viso solo ruvide carezze si erano talora alternate. La coppia italica avvicinandosi regalò alla piccola un sorriso ed uno sguardo d’amore e per Natasha… fu la prima volta. La futura mamma le accarezzò i capelli ponendoli dietro le orecchie e…Natasha era davve

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   3 commenti     di: Nicola Colabufo


Le pantofole del maragià

Il maragià indiano Ratanagron era arrivato a Parigi con il treno delle 19, 30. Era molto stanco e molto seccato perché, a causa di una forte pioggia, aveva dovuto viaggiare con quel noiosissimo treno anziché con il magnifico paio di pantofole in velluto rosso, ricamate d'oro, capaci di sfrecciare nel cielo più veloci del più veloce aeroplano. Eh, già! Le pantofole del maragià erano magiche e bastava dire il nome della città o del paese dove si voleva andare perché le pantofole si alzassero in volo immediatamente, arrivando a destinazione in perfetto orario e senza incidenti.

Il maragià viaggiava sempre con le pantofole tranne, naturalmente, quando pioveva o nevicava perché le pantofole erano magiche ma non impermeabili. Il viaggio a Parigi, dunque, il maragià aveva dovuto farlo in treno, però aveva avuto cura di mettere in valigia le pantofole, deciso ad usarle nel viaggio di ritorno, se il tempo glielo avesse permesso. Appena arrivato in albergo il maragià disfece la valigia, sistemò ordinatamente gli abiti nell'armadio e mise, incautamente, le pantofole sotto il comodino. Poi andò a cena, si fece fare una borsa d'acqua calda, andò a letto e si addormentò subito. Il mattino dopo si sentiva fresco, riposato e allegro e siccome il tempo era molto migliorato, decise di fare una passeggiata a piedi per andare a vedere la torre Eiffel. Mentre il maragià gironzolava per Parigi il cameriere Jean entrò nella sua stanza per metterla in ordine. Sotto il comodino stavano le bellissime pantofole, morbide e splendenti. Jean non resistette alla tentazione: si sfilò le sue scarpe, mise le pantofole, fece un giretto nella stanza e andò allo specchio per ammirare i suoi piedi così splendidamente calzati. In quel momento un altro cameriere si affacciò alla porta e chiese: "Sai dove è andato il signor Garassilov che è partito stamattina?" "A Mosca"- rispose Jean. Immediatamente una forza irresistibile lo sollevò da terra, lo lanciò fuori dalla fin

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Un uomo, una storia piccola...

- Lo trovarono verso mezzogiorno due zoologi, vagavano sulle colline sovrastanti il Mar Ligure, alla ricerca di tracce che dimostrassero che le voci del ritorno di branchi di lupi erano fondate.
Era seduto sotto un pino marittimo, la bocca atteggiata ad un sorriso dolce, con la bocca un poco storta, gli occhi, ormai spenti, erano ancora rivolti verso il mare immenso, occhi che lo avevano scrutato a lungo. Gli abiti erano in ordine, un poco frusti forse e il corpo non presentava segni di violenza, morsi o punture di insetti. Tutto intorno le orme inconfondibili di un branco di lupi, una dozzina, ma nessuno stranamente aveva violato quel corpaccione con segni di atti aggressivi. Era morto, in prima analisi, a causa di un cedimento del cuore, o forse un ictus. In una tasca aveva i documenti, pochi soldi ed un mazzo di chiavi, la foto di un ragazzo, forse suo figlio e quella di una donna ancora giovane, bella dallo sguardo fiero ed anche un blocco da appunti scritto con calligrafia incerta; ma questi bastarono al giudice inquirente per ricostruire la sua storia, che inizia con un appunto scritto al computer, a casa, ancora acceso...-

... A volte penso agli sbagli compiuti nella mia vita, tanti e spesso abbondantemente stupidi, posso comunque dire di averla vissuta intensamente; ho girato il mondo in lungo ed in largo, ho amato donne bellissime ed a volte ne sono stato riamato, ho passato buona parte del mio tempo in grandi alberghi, mi sono riposato in luoghi incontaminati, ho avuto la fortuna, in posti che considero speciali, di entrare in sintonia con la natura.
Tutto preso dal lavoro mi sono ritrovato in pensione quasi senza accorgermene, volevo ritirarmi sulla piccola isola vicina al mio cuore, Carloforte, dove aspettare la partenza per un ultimo viaggio, senza ritorno, scrivendo i ricordi di una vita vagabonda, ordinando le migliaia di fotografie e pescando in letizia, sia per passatempo che per bisogno mentale; ma una splendida donna incontrata

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ciao citarico canarino

Ciao citarico canarino!
Compiacente caro compagno, congeniale consolatore, con cui condivido compunti,
consanguinei calibrati cordiali caduchi concetti carismatici, concedemi comporre
cotesta cicalata contemplando con civetteria ciò che
conserva cuore caldo.

“ Candide coltri cirrose completavano celestiale composizioni ceruleo calmo cielo
cromatico crepuscolare.
Canto calmo, carezzevole, cinguettante curioso caudato canarino canterino, completava
cotanta cornice creativa comunicando consolata confusa consona coscienza.
Cantico consegnava con capace caparbietà cotesti
creativi, cascanti, calmi, cadenti, cinguettii, cigolando con calda cosciente casuale
capacità civettuola.
Caustico carillon commovente correva come cesellato cristallo canoro con
celerità, costeggiando candidamente capriccioso cielo, creando copiosamente calibrate
calme ciarliere coccolanti composizioni.
Cammèo coerente colpiva coloro che conservano cuore contemplativo
con connubio caustico.
Che carezze! Che calma! Che cavatine! Che consolazione conservare cotesti cadenzati
crogiolanti capricciosi cinguettii con cauta, calda, complice consapevolezza!
Creaturina catalizzatrice con crescenti continui, ci consegnava, coinvolgendoci,
calda concessione colorando caduchi, capaci, calcolati, consoni, caroselli cromatici.”
Crakk…. Crash…. Crashboooommmm!!!!
.. Crepitio colpo cupa carabina, crasso, camuso, cinicamente crudele canaglia
collerico caprino cruento corrusco
Caino- contadino,
cancella, con correa cartuccia carminia crivellando coscienziosamente corpo,
confuso chimerico canto copiosamente condotto con calmo candore …
Collerico capoccia carnefice, consegnando crudele carabina, cinica consorte,
conclude celiando :

“Cacchio... Caspita!... Checca cretino, citrullo, cocciuto caparbio canarino, cambia canzone!
... Che calma che c’è…
Che coglione, carogna, corbello, capone, credulone, chiavica capoccione che eri...!
Crepa clown! Così canterai cherubin

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Una strana visione della vita.

La vita segue le leggi della fisica, pare incredibile ma in fondo è così. Siamo sempre convinti che ogni cosa vada distrutta… in realtà niente va perso, tutto invece si trasforma per dar luogo a forme sempre diverse di sentimento e di materia. È vero che qualcosa va perso in ogni passaggio, ed è per questo motivo che chi ama soffre, proprio per recuperare quella parte di energia che si perde quando non si è ricambiati o addirittura si viene feriti da chi ci sembra più vicino. Ed è impossibile astenersi a queste regole perché sono alla base della vita stessa! Così se qualcuno decide di poter fare a meno dell’amare gli altri, soffrirà comunque di una mancanza pur non volendolo ammettere. È crudele come pensiero ma è questo che mi viene in mente ora che mi ritrovo per l’ennesima volta sola a pensare a cosa sia il significato della parola amare.. eh si, come disse il buon vecchio Piero, “chi soffre usa l’anima”.. per forza è così. Allora l’unica conclusione a cui posso giungere è che non smetterò mai di amare, non potrei perché è nella mia natura.. ma ogni volta che verrò delusa, come è in questo momento, si aggiungerà un nuovo ostacolo a chi vorrà arrivare al mio cuore.. e questo succederà fin quando non sarò così stufa da preferire il dolore di una mancanza totale al rischio di espormi ad una nuova ennesima inaspettata delusione. Quanto vorrei trovare al più presto il mio porto.. e invece mi trovo ancora qui, in balia di queste onde che mi fanno naufragare in un mare amico che talvolta si porta via lontano le persone più care e da loro mi isola. Non voglio smettere di sperare, ma sono stanca di lottare in attesa che la ruota giri anche per me.

   2 commenti     di: simona mura


La morte inizia con l'inizio della vita

Sappiamo tutti che la vita è il dono più bello,
e per questo dobbiamo essere tanto felici,

ma la vita non ha solo i lati positivi...
ci sono purtroppo pure quelli negativi... quelli brutti...
se non ci fossero sarebbe un bellissimo sogno
dove nessuno vorrebbe più risvegliarsi...
quel sogno esiste, lo si incontra dopo la vita,
con la morte, perché la morte ci avvicina a Dio, e Dio ci consola...
ci assiste, ci perdona, ci sorride, ci abbraccia, ci stringe la mano...
ci accoglie, ci fa vedere la luce, ci ama.
La morte inizia con l'inizio della vita.
È una catena che una volta aperta, deve chiudersi per forza.
Desiderando la vita, desideriamo pure la morte.
Molti lottano per vivere, ma molti altri lottano per poter morire.
Noi la vita la desideriamo, ammiriamo le immensità...
ma la tranquillità, la pace, la solitudine ce la dà solo la morte.
La morte, è una bruttissima parola, perché con la morte una persona smette di vivere...
Smette di essere in vita, smette di guardare, smette di respirare, smette di ascoltare, smette di camminare, smette di alzarsi...
Ma penso che ognuno di noi, quando moriremo non ce ne accorgeremo proprio, perché è una cosa naturale...

come la nascita...
come l'ingresso alla vita... e la morte,
chiude il ciclo di una persona.

Sinceramente nessuno sa dove in realtà si va, ma ovunque si vada, dobbiamo accontentarci, perché è tutto già scritto, è tutto predestinato.
È tutto un gioco...

   2 commenti     di: Marco Giardina


Mica sarà che ti amo...?

.. oggi è piovuto tutto il giorno. una pioggia di marzo, niente di che. sì, tirava un po' di vento.. qualche scroscio, due o tre tuoni.. qualche nuvola bassa, un po' nera.. un lampo.
niente di che.. è marzo. non è come in inverno, come dici tu.
.. come hai fatto a non sentire la primavera.. ad ogni costo? com'è che io, che sono una figlia.. del sole, proprio, che sogno l'estate tutto il tempo che non c'è, che aspetto l'estate come si può aspettare solo l'estate.. appunto.
io, che sono una funzione dell'estate.. ho sentito la presenza della primavera attraverso l'acquazzone, il vento, i due o tre tuoni e il lampo.. e tu, no?
.. io, non me ne sarei nemmeno accorta che pioveva. se mi avessi chiamato. come hai fatto a non chiamarmi.. solo perchè pioveva? come hai fatto?
ho voglia di litigare.. perchè?.. mica sarà che ti amo?




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