username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Racconti su sentimenti liberi

Pagine: 1234... ultimatutte

tra cielo e terra

L'ambizione di un uomo è come un vulcano in ebulizione e ad un certo periodo della sua vita è al livello più alto, pronto ad esplodere.
L'ambizione è un progetto una sfida che si deve realizzare a tutti i costi. Una sfida contro o con Dio.
Perchè è Dio che permette il suo accompimento, Egli è il grande redattore capo delle nostre vite e porta una maschera terribile il Destino.
L'ambizione di un uomo è frutto del desiderio intimo, del proprio volere e spesso non coincide con la volontà divina.
E un sogno che ha per origine la sua tenera infanzia e dà un senso alla vita adulta.

   1 commenti     di: christian kande


La bestia che ho nel cuore

Fuori piove e dentro nevica. Eppure ero riuscita a fermarla. L’avevo ammansita negli anni, con calante difficoltà, ero riuscito a imbrigliarla, a legarle le zampe, l’avevo chiusa in un’involucro di ghiaccio. È bastata una tua stilettata per farla risvegliare, per spaccare la gabbia che la teneva prigioniera, e ora lei è lì. È una bestia, una bestia nera che si muove dentro al mio cuore, è cieca ma ha denti aguzzi e unghie affilate, la sento ringhiare e ruggire, sento piantare i suoi artigli nella mia carne, sento le sue risa beffarde che si confondono con le mia di dolore, ha assaggiato il mio sangue e ne vuole ancora, sempre più. Sono bastate poche parole per fare cadere la coltre di ghiaccio che la copriva. Il fiume gelato che mi scorreva nelle vene si è stiepidito fino a farsi bollente, ora mi pulsa in testa. La bestia che ho dentro si chiama male di vivere e mi solletica adulante in cervello e la pancia, ma ora so cosa devo fare, non sono più un bambino, sono cresciuto da quel giorno che mi cambiò la vita mio malgrado, è passato tanto tempo e immenso dolore dal giorno in cui fui strappato bruscamente alla mia infanzia e gettato nel baratro, questa volta non mi limiterò ad ammansirla di nuovo, questa volta la ucciderò e la getterò così lontano da non rivederla mai più, la getterò dove non può più nuocere a nessuno. E uscirò in cerca di te, anima mia.

   0 commenti     di: paolo bonciani


Lei

Era affannata. Continuava a correre. Non sapeva bene dove si trovasse.
Era buio. Pioveva.
Quando arrivò a quel portone sconosciuto, prese fiato e suonò il campanello.
Nessuno rispose. Riprovò più volte.
Si sedette ad aspettare, mentre l'acqua e il sudore si impossessavano dei suoi vestiti, del suo corpo.
Si era addormentata dalla stanchezza. Avrebbe aspettato giorni, anche mesi.
Un vecchio le si avvicinò e la scosse con il suo bastone. " Sveglia" disse porgendole la sua giacca. La persona che stai cercando non è più qui, è andata via.
Era una giornata di sole disse il vecchio, ma vidi le lacrime accarezzare il suo viso.
Non tornerà più.

   0 commenti     di: Vittoria Goffi


Sotto la pioggia

Verso le quattro del pomeriggio di quella domenica, d'improvviso, il cielo si squarciò in uno di quei temporali estivi, brevi e violenti, che ricordiamo in tutte le nostre estati.
Il carro, maestoso e solitario, sostava nella piazza, davanti alla Chiesa, a fianco al campanile: si era sciolta da ore la processione, affollata e festosa, che in mattinata aveva accompagnato la statua della Madonna della Neve lungo le strade di Ponticelli; e non ancora si erano accese le luci della festa che, in serata, avrebbe animato il paese.
Era il 10 agosto 1953.
Angelina fu sorpresa dall'acquazzone in Corso Ponticelli ("ma San Lorenzo non dovrebbe essere il giorno più bello e caldo?") e non ebbe altra opportunità, per ripararsi, che entrare in chiesa.
Era stanca e si fermò a lungo. Forse pregò la Madonna, o più probabilmente S. Antonio, di cui era da sempre devotissima, o li ringraziò. O soltanto si riposò un poco.
Era un giorno particolarissimo per lei: avuta notizia, pochi giorni prima, che avevano assegnato al marito ed a lei un alloggio popolare a Ponticelli, era voluta venire, da Napoli, a vederlo.
Era sposata da quattro anni, Angelina, ed ancora non aveva figli; il marito, operaio turnista, di Padova (come non pensare ad un segno di S. Antonio?) quel giorno lavorava e lei, con il tram, da sola, era venuta a vedere.
A Ponticelli non era mai stata e non ne sapeva quasi nulla, se non un remoto racconto del padre che, forse ai primi del secolo, veniva da queste parti, al fiume, a pescare anguille.
Questa casa, dove avrebbe poi vissuto per sempre, dal gennaio dell'anno successivo, fu una grazia tanto a lungo implorata.
Tornò a Napoli, quando il temporale era finito, nella stanza ammobiliata dove abitavano; dovette ripensare a lungo alla sua nuova casa, ma anche alla chiesa, al carro, alla storia di questa tradizione di cui una donna, in chiesa, le aveva parlato.
All'unico figlio, Antonio (naturalmente), nato dieci mesi dopo, Angelina avrebbe raccontato mol

[continua a leggere...]



Una storia a matita

Agosto 2001


Se questo fosse un film si aprirebbe con una strettissima inquadratura sui suoi occhi.
Quando lui stava per raccontarmi una storia aveva gli occhi più giovani che si possano immaginare.
Nel rugosissimo incarnato si stagliavano, illuminati dall’improvviso lampo del ricordo, due occhi blu che il tempo e la malattia avevano reso sempre più vitrei. In quei momenti però quegli occhi si rivelavano così pieni di tutto ciò che avevano visto, così affaticati nel contenere tante immagini, che facevano dimenticare a chi si trovava davanti quanto poco in quel momento potessero vedere. Solo poche ombre sicuramente, che animavano il mondo di quel vecchio quasi cieco: mio nonno.
…….
In realtà egli non era mio nonno. Io così lo chiamavo, ma era solamente una persona anziana e malandata di cui avevo deciso di prendermi cura, e non gratis naturalmente.
Abitava nel mio stesso stabile, un vecchio palazzo anni quaranta, dalla facciata sobria, elegante ed anonima ad un tempo, nella cittadina più bella del mondo, l’unica che io abbia mai visto.
Io ero lì in affitto, studiavo, ma non avevo bisogno di lavorare per mantenermi agli studi: i miei mi passavano una quantità di denaro più che sufficiente; anche a sprecarne un po’. Dimoravo al quarto piano, al quinto ed ultimo lui.
Attirato dal suo forte tossire, una sera, annoiato, decisi di salire per chiedergli se aveva bisogno di qualche cosa. Ci mise del tempo per venire ad aprirmi. Immagino che si dovette alzare con molta lentezza ed altrettanta fatica, mi sembrava di vederlo attraverso la porta, ma quando mi aprì non mi diede il tempo di proferire parola: “Posso offrirle una tazza di tè?”, mi fece, gettando subito un ponte con la mia anima col suo largo sorriso sdentato.
…….
Il suo appartamento aveva una vista bellissima: l’intero golfo era dominabile da casa sua. È buffo, poco più sotto io non vedevo che palazzi e squallide scene di litigi familiari, una ogni giorno, una in og

[continua a leggere...]

   1 commenti     di: Cesco Lai


Rinascita

Paul stava guardando la bara che conteneva sua madre con uno sguardo di ghiaccio, privo di qualsiasi emozione. Stava disperatamente cercando di sembrare addolorato ma qualcosa gli diceva che non poteva provare quel sentimento nei confronti della defunta.
Era semplicemente impossibile.
La sua mente faticava persino ad accettare il fatto che la chiamasse “madre” e del resto non si poteva dargli completamente torto.
L’infanzia di quel ragazzo che oramai adesso andava per i venticinque anni era stata semplicemente terribile; costretto a rimanere chiuso in camera sua per la maggior parte della giornata non aveva mai conosciuto nessuno all’infuori di sua madre e soprattutto era stato per anni all’oscuro di ciò che poteva offrire il mondo esterno. Non aveva frequentato nessun tipo di scuola (le poche cose le erano state insegnate da Margaret), non aveva nessun amico e soprattutto si sentiva terrorizzato al solo pensiero di mettere piede fuori di casa. I discorsi di sua madre infatti avevano colpito profondamente la sua giovane mente da bambino, influenzandola irrimediabilmente. Le poche volte che si era azzardato ad affrontare la realtà che circondava casa sua ne era rimasto semplicemente scioccato. Quando poi le persone si giravano a guardarlo, anche se lo facevano con un sorriso, gli incutevano una paura tremenda costringendolo a correre di nuovo in casa.
E la storia era andata avanti fino ad un anno prima, quando lei si era ammalata ed era stata costretta a letto. Paul oramai aveva ventiquattro anni in quel periodo e dovette badare a lei, curandola giorno e notte. Considerando il modo in cui lei lo aveva cresciuto Paul avrebbe dovuto abbandonarla in quel letto di dolore e invece no; le era stato sempre accanto, tutti i giorni, curandola con una tenacia ed un amore che lei non aveva mai dimostrato nei suoi confronti.
La notte prima che morisse però lui andò in camera sua deciso a dirle tutta la verità.
Margaret nonostante la malattia che la stava

[continua a leggere...]



lettera alla mia MAMMA

Ciao Mamma,
sono 17 mesi che te ne sei andata,  il 18 settembre 2005
il giorno del tuo compleanno.
Giacevi sul letto, oramai incosciente,
sono uscito ho comprato dei  fiori per te,
sperando che questo piccolo dono potesse riportarti tra noi,
volevo rivedere il tuo sorriso, sentire la tua voce, riempirmi ancora il cuore d te.
Te ne sei andata, con un ultimo sguardo, mentre tutti ti tenevano le mani,
io non ne avevo il coraggio, eppure ho fatto 18 anni di ambulanza e di parole di conforto ne ho dette a migliaia, ho tenuto le mani ad estranei sino a quando non si sono spenti, ma con te non ne ho avuta la forza.
La rabbia il dolore mi hanno sopraffatto e tuttora la rabbia non è passata.
Ancora non riesco a guardare con serenità una tua fotografia, non ne ho appesa neanche una e mi sento in colpa, eppure non riesco a farlo.
Troppo è ancora il dolore, troppa la mancanza di te, troppa la rabbia, eppure sono grande, ho un figlio anch’egli ormai grande.
Nella tua vita hai avuto ben poche gioie e questo mi fa rabbia.
Nella tua vita hai avuto molti dolori, patimenti, rinunce, tutti i sogni infranti,
eppure ci hai cresciuto, sei sempre stata dolce e disponibile, sempre una parola buona, un consiglio per noi che spesso non capivamo, presi  dal nostro essere grandi e magari a volte saccenti.
Dicono che il tempo lenirà il dolore, la rabbia.
E allora che passi il tempo, in modo che possa guardarti con serenità, ricordare solo la gioia di averti avuto, senza che le lacrime ogni volta che mi scendono sul viso traccino cicatrici indelebili.
Un figlio.




Pagine: 1234... ultimatutte



Cerca tra le opere

La pagina riporta i titoli delle opere presenti nella categoria Altri sentimenti.