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Racconti su sentimenti liberi

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Il gesto

La ragazza si avvicinò alla fermata tenendo strette le braccia chiuse sul petto, ma le mani alzate a strofinare contro le spalle. Era il brivido del momento, e una certa ansia sentimentale a spingerla a quell’auto affetto.
L’aria autunnale pioveva come minuscole caterve di lievi spinte.
“Forse non è così triste la faccenda” pensava lentamente “va bene, son qua adesso, da sola, disperata, guarda come sono vestita, si vede la macchia, c’è troppo vento, nel buio mi sento più sola, capiterà a tutti, non ha aggiunto altro quando ci siamo salutati, ma ha fatto quel gesto, poteva non farlo, non l’ha mai fatto prima, però l’ha fatto, allora, certo, idiota che sono, ha capito, forse, oddio spero di no, che vergogna, spero di sì, sì, ha capito, non so, l’ha capito? Non mi aveva mai toccato prima, ha spostato la sua mano, me l’ha messa sulla spalla… perché mi sono scostata? poco è vero, ma cosa avrà pensato, che mi dava fastidio? No, non mi dava fastidio, fa freddo, quando arriva il 29?, devo ricordarmi di dar da mangiare ad Agata, aveva anche un sorriso più aperto, non mi sto ingannando, io pure ho sorriso, di più del normale, sì sì, ha capito, e vuole mandarmi un segnale, sarà spaventato come me, non è il tipo da dichiararsi con franchezza, che idiota che sono, stupida stupida, stupida, mi vuole, vuole me, non lo ripugno, gli piaccio veramente, è l’inizio, stasera c’è vento, magari più tardi lo chiamo, mi chiama, devo vederlo, ancora, se farà quel gesto di nuovo, giuro che non mi scosto, e se mi desse un bacio… mi darà un bacio, lo sento, e gli dirò quanto mi piace, magari non parlando, me ne sto ferma, a lasciarmi toccare la spalla, e capirà tutto…”.
L’autobus arancione come slittando sull’asfalto di affianco alla ragazza, aprì le sue porte e l’inghiottì sbadatamente.

- Vi dico che c’ha un braccio così, una roba che non ho mai visto, una donna con un braccio come un camionista, è davvero grassa, caz

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   2 commenti     di: vito ferro


CARA AMICA TI SCRIVO...

Una pioggia fastidiosa, il pullman strapieno, ombrello, zaino, bagaglio, carta d’identità e tagliando d’imbarco, il tutto miracolosamente in equilibrio: salire la scaletta dell’aereo in queste condizioni sembra davvero un’impresa proibitiva. Finalmente il posto assegnato, quaranta centimetri per cinquanta, un loculo, ma questo è un pensiero che scaccio subito, non sono superstizioso, non ho paura di volare, ma è meglio evitare provocazioni gratuite.
Allaccio la cintura, spengo il telefono, controllo di avere il mio blocco per gli appunti a portata di mano. Ho anche il portatile, ma lo spazio è troppo angusto, e poi il taccuino evoca atmosfere d’altri tempi: chissà se Hemingway avrebbe mai scritto il Vecchio e il Mare, se avesse avuto a disposizione il computer?
Già al decollo si intuisce che non sarà un viaggio tranquillo, Lamezia è vicina, ma un’ora di volo può essere lunga un’eternità. A volte pensi proprio a questo, cos’è l’eternità, ci sarà davvero qualcosa di immortale, ormai siamo talmente abituati a snaturare tutto, che anche le parole hanno perso di significato.
Credere o non credere.
Mentre attraversavo una nuvola, l’aereo traballa, sballottato dal temporale che sembra disturbato dalla nostra presenza, un bambino piange, il mio vicino vomita, il cuore accelera, ripenso a una tua poesia, ripenso a questi versi, alla discussione che ne è seguita, incerto tra chiudere gli occhi e coltivare questi pensieri o guardare il culo della hostess (da sempre sogno invano un’avventura come quelle che si vedono nei film..), che si muove agitata, tentando di confortare i passeggeri più scossi, mi guardo intorno e vedo solo paura, paura disegnata sui volti di persone che, fino a qualche minuto fa, si nascondevano nella normalità.
Mi chiedo se questo non sia il momento di farmi questa domanda seriamente.
Credere o non credere.
Una volta l’ho chiesto direttamente a Dio, mi ha risposto di arrangiarmi. Ci siamo s

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   38 commenti     di: Ivan


Il mio fedele amico Fuffy

Nella nostra adolescenza, i miei fratelli ed io, avemmo un padre padrone che ci limitava in tutto; perfino ad accostare nostri coetanei poiché a suo dire, non conosceva le loro origini; però, mi fa tanta tenerezza ricordare che ci ha permesso di tenere in casa - con nostra grande gioia - Un cucciolo di cane, al quale ci siamo dedicati amorevolmente per gran parte della nostra vita e, tengo anche a fare rilevare che di mezzi ne avevamo ben pochi, ma ad esso non venne mai nulla a mancare..
In quanto al suo arrivo è stata ns grande sorpresa trovarlo quando meno ce lo aspettavamo sul pianerottolo d'ingresso ed era talmente piccolo da essere tenuto tra i denti della madre che spaventata lo depose a terra e scappò via... Facemmo appena in tempo vedere un volpimo dal pelo marrone allontanarsi velocemente : volpino che tornò altre volte nei giorni successivi. Nel silenzio del mattino si udiva un lieve grattare alla porta : era essa "la nutrice di fuffy", a noi bastava aprirle la porta e col suo fiuto gli era subito vicino per alimentarlo. Ma, purtroppo, un giorno, senza ce lo aspettassimo sparì nel nulla e a noi non fu mai dato sapere donde venisse.
Crudele fu subire una simile cosa!! eravamo impreparati sul da farsi e la paura che Fuffy morisse ci attenagliava la gola e ancora una volta fummo costretti affidarci ai consigli di papà i cui compiti assegnatici grazie all'elevato livello d'intelligenza del cane ci permisero addestrarlo in tante cose.. quali : aggirare gli ostacoli quando lo si portava in campagna, eseguire i nostri comandi, accertare la provenienza di rumori, stare alla larga da animali più grossi di lui, fermarsi sul marciapiede onde vedere se fosse o no il caso attraversare la strada ed infine si riuscì perfino con ns grande soddisfazione giocare con esso : gli tiravamo la palla ed esso la rimandava indietro spingendola col suo muso..
Insomma sembrava ad esso mancasse la parola : ci fu sempre vicino ed erano guai quando qualcuno si ac

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Escafandra

Ogni nostro pensiero, ogni nostra parola, ogni nostro verso, è il simbolo ineluttabile della nostra esistenza, così priva di certezze, in verità, che Escafandra viaggia ininterrottamente alla ricerca di particolari segni, di conferme, di sicurezze per rendersi il più stabile possibile rispetto al mondo che la circonda. Ogni qual volta, però, che giunge alla meta desiderata, tende a cercarne altre per rimanere in equilibrio con il mondo mutante tanto quanto la sua vecchiaia. E, allora, ecco che si formano, come per miracolo, storie di persone, di posti, di alberi e case, di paesi immaginari immersi nel vuoto. Ad ogni pezzo di legno la sua storia, ad ogni uomo la propria certezza d'esistere!
Siamo solo aggregati di atomi, siamo solo gocce di vento in un miracoloso, gigantesco universo. Così piccoli che se ci rendessimo conto della nostra microscopia ci sentiremmo inesorabilmente stupidi per non aver ascoltato il cuore degli altri prima del nostro o per aver sottovalutato il nostro per quello degli altri, perché... credetemi! Le gocce di vento avrebbero, in realtà, una potenza devastante se solo si rendessero conto di chi sono. Ognuna di esse può spazzare via un intero diluvio, può spostare il sole o far nascere arcobaleni, e non oso nemmeno accennare di cosa possono fare se unite tra loro!
Escafandra, come tutti, è una goccia di vento e, per questo, il suo viaggiare non ha fine, ma, attenzione, lei viaggia solo per se stessa, anzi, lei viaggia per colmare le proprie insicurezze, mutate in paure col mutare del tempo!



UNA SOLA VOLTA

Dopo tanti anni il ricordo di quella notte è ancora presente nella sua vita, è stata davvero una notte magica, unica, raccontava ad un' amico, che mai più si potrebbe ripetere. Aveva addirittura pensato, complice
il tempo che era passato, che non fosse mai successo, frutto di un sogno, come quando non si vuol credere che qualcosa di profondamente bello possa accadere.

Il treno era lì, binario unico di una piccola stazione di provincia. Veniva da Vienna, si fermò cinque minuti a raccogliere l'unica anima vivente con un
biglietto di ritorno nelle mani, una valigia con poche cose, e i resti di giorni vuoti e freddi. Aveva l'imbarazzo della scelta, scelse uno scompartimento a caso, forse il meno sporco, si sedette come al solito vicino al finestrino, una pacca sulla spalla dall'amico che lo aveva accompagnato, e il treno si mosse lentamente scorrendo via via tutte le luci della piccola stazione, ritrovandosi ben presto nel buio della notte. Era quello che voleva, ormai da un po' di tempo la sua vita era radicalmente cambiata. Si sentiva solo,
perchè era solo dentro, non riusciva a distaccarsi da tutto quello che gli era successo poche settimane prima, pensava solo a quel giorno, quel maledetto giorno in cui lei prese sua figlia e la portò via da lui. La cosa che più gli faceva male, e che si sentiva responsabile, perchè spinta da lui ad andarsene, da tutta una situazione che negli ultimi mesi era diventata pesante, dove il silenzio, i rancori, e qualcos'altro che ancora gli sfuggiva aveva finito per creare una convivenza insostenibile. Si era irrimediabilmente
addossato tutte le colpe di quel matrimonio ormai fallito.

Passarono un paio d'ore, e fumate alcune sigarette, sapeva benissimo che non avrebbe chiuso occhio quella notte, così come tante altre negli ultimi tempi,
il treno non lo faceva mai dormire, tra luci di gruppi di case che spuntavano improvvisi come lampi nella notte, e i pensie

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Marianna guarda il mare

Tutto scorre. Ogni cosa che ci passa alla vista sembra avere una sua natura uniforme, un suo moto costante e perpetuo, un’immagine riconducibile ad un pensiero fisso che si fissa nella memoria, una dimensione percorribile sempre e comunque con il pensiero. Eppure, tutto cambia, nulla resta immutato e immutabile; giusto il tempo di voltare lo sguardo e sono passati giorni, mesi, anni, vite intere che sembrano ma non sono più. E forse è giusto così, pensa Marianna, pensa che il paesaggio che è solita scorgere dalla finestra della sua casa può sembrare unico, immutabile ed eterno ma che in fondo, da un giorno all’altro e ripensandoci bene, non lo è mai. Il mare… il canto dei gabbiani al mattino. Il mare… amante in attesa del soffio del vento. Il mare, la notte, tra stelle in riposo ad aspettare, ore funeste ed ore liete, memorabili assoli delle comete, osteggiando il pensiero dell’eternità. L’eternità è un attimo per chi come Marianna ha lasciato la spensieratezza della gioventù ad una notte di pioggia. Un ostacolo improvviso, una frenata, uno schianto. Un dolente risveglio e le sue gambe non ci sono più. L’eternità è un attimo, il respiro di un bimbo nella culla, il saluto di chi parte (forse un addio o un arrivederci), un bacio appassionato. Tutto scorre e Marianna, dall’alto del suo privilegiato osservatorio, guarda il mare. Guarda il mare come se fosse l’immenso (e lo è…). È tanto vasto il mare che quasi non si scorge l’orizzonte. È il suo maxischermo sul mondo. L’inverno è solo, il mare. L’estate è pieno di corpi immersi e riemersi che vociano in continuazione. Arrivano echi alla sua finestra, parole confuse e grida di bambini (ma come sono dolci quelle grida, pensa Marianna). Il destino, è oramai convinta Marianna, le ha tolto certamente qualcosa, qualcosa di importante ma non essenziale (comunque e nonostante tutto). Il destino, giocoso e crudele, imprevedibile e incontrollabile è tanto distante, ma sempre vicino. E

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   6 commenti     di: Federico Magi


Natale di una volta

Natale in famiglia, col presepe costruito di sassi e muschio
e tante statuine di creta rovinate dal tempo, ma sempre a noi care.
Profumo di dolcetti preparati in casa, appena usciti dal forno;
abbondanza di tutto; sul piatto portafrutta, in bella vista, le prime arance profumate, grossi melograni, castagne e noci.
La sera, sotto casa, la novena suonata in tutta fretta per
il troppo freddo, da musicanti improvvisati ed un po' alticci.
Per le strade negozi affollati e vetrine appannate piene di luci; nell'aria un qualcosa di magico che induceva al sorriso ed alla gioia.
La notte santa si andava tutti in chiesa sotto il freddo ed io, bambino, riparato sotto il lungo mantello del papà mio, camminavo nel buio, inciampando nelle pietre del selciato.
E poi il giorno della festa, tutti riuniti attorno alla tavola, imbandita col servizio di piatti buono e la tovaglia ricamata a fiori.
Ed alla fine i regali, giocattoli, la nuova cartella per la scuola,
leccornie da leccarsi i baffi, i soldini dei nonni, tante sorprese,
con le animate trattative tra i fratelli per scambiarsi qualche dono.
E soprattutto l'adorabile sorriso dei nostri genitori, felici della nostra contentezza, sorriso che non potrò mai scordare e che Natale non può darci più.

   4 commenti     di: IGNAZIO AMICO



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