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Racconti su sentimenti liberi

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La scoperta dell' Interlocutore.

Propongo un altro brano del mio romanzo "Una vita negata"
nel quale ho interpretato Santippe, la moglie di Socrate, in chiave femminista, assumendola a metafora di tutte le donne che, nel corso dei secoli, hanno lottato, come hanno potuto, per raggiungere la pari dignità con l'uomo.

Si avvicinava il giorno della grande festa in onore di Atena.
Santippe si meravigliava del suo entusiasmo giovanile per
questa festa. Da quando aveva cominciato a parteciparvi
come sposa, il suo interesse era diminuito fino a tramutarsi
in un disagio di cui non afferrava bene il motivo. Eppure
sarebbe dovuta andare in processione anche questa volta.
Non poteva permettersi una trasgressione tanto grave: il suo
rifiuto avrebbe senz'altro assunto il significato di empietà.
Quando arrivò il giorno si preparò malvolentieri, sotto lo
sguardo incuriosito e preoccupato di Socrate che non riusciva
a collegare la novità dell'indifferenza religiosa della moglie
con le altre sue stranezze.
Santippe ripercorse le vie di Atene, sorda al suono delle
musiche che accompagnavano la processione, psicologica-
mente assente dall'avvenimento che stava vivendo, assorta
in una molteplicità di pensieri che stentavano a strutturarsi in
ordine nella sua mente. " Ah, vergine Atena! - ricordava di
aver pregato tanti anni prima - dammi uno sposo che sappia
condividere tutto con me!" "Una preghiera davvero esaudita"
si disse ironicamente e si acorse che su tutti gli altri
sentimenti, in quel momento, prevaleva l'irrisione.
"Sono forse diventata empia?" - si chiese. Nella sua mente
tornava, martellante, una parola: vergine. "La verginità è
considerata la prima virtù di una ragazza - pensava - come
mai non è stata mai richiesta ai ragazzi? Vergine Atena. Ma
Afrodite non è vergine e, a sentire le storie degli dei, non è
stata nemmeno una sposa fedele. Eppure è venerata anche
lei e considerata immortale. E Zeus, il padre, il re degli dei,
non è un

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Ti prende sempre di più

Michael si sedette nella sua poltrona preferita; si lasciò sprofondare fino a quando non trovò la posizione ideale e chiuse gli occhi. La sua ex moglie non sopportava quella poltrona, in più di un’occasione l’aveva definita pacchiana e di pessimo gusto, fino a quando non aveva deciso che anche suo marito lo era altrettanto e lo aveva lasciato. Michael se ne era fatto una ragione, un divorzio è duro da sopportare, ma sono cose che si superano…si girò verso il tavolinetto bianco in tek e prese una bottiglia di birra. La aprì e cominciò a berla lentamente. Una birra era quello che ci voleva in una serata come quella e probabilmente anche più di una…anzi, una sbronza era proprio quello che andava cercandosi. Non si era mai sentito così depresso, neanche quando Mary aveva fatto le valigie e l’aveva piantato lì da solo in quello schifo di appartamento arredato con quei mobili ultramoderni che le piacevano così tanto e che lui invece non riusciva a sopportare. Gran parte del mobilio era bianco, dagli armadi a muri, al comodino vicino al letto; dava l’impressione di un laboratorio completamente asettico, dove si stesse portando avanti la ricerca di un virus letale. Sua moglie lo definiva minimalista e chic, ma l’unica cosa a cui Michael riusciva a pensare era che se avesse potuto gli avrebbe dato fuoco volentieri. Purtroppo il suo vecchio appartamento da scapolo ora era in affitto, coi suoi mobili così poco “glamour” e per questo si ritrovava bloccato lì, mentre Mary era tornata a casa dei suoi. L’unica cosa, che si era potuto portare dietro, era la sua poltrona di pelle nera e anche se Mary aveva fatto il diavolo a quattro lui non si era arreso. La poltrona restava, non c’era nient’altro da dire. Mary lo aveva guardato da sotto in su, con quella espressione imbronciata che Michael conosceva così bene, che voleva dire: “Ok, questa non me la dai vinta, ma tanto prima o poi te la faccio pagare in un altro modo” e così era stato. Per

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   3 commenti     di: Francesca Tanti


L'Amore di un cane

Tutti i cani ci insegnano il significato della fedeltà, e di amare nonostante tutto, e sempre. Ci insegnano che l'entusiasmo colora la vita, che rende tutto più bello. I cani ci insegnano ad essere sempre noi stessi, in cambio noi dobbiamo amarli e ringraziarli, perché ci danno tanto. E ci danno un grande messaggio:che esiste una sola felicità nella vita, amare ed essere amati. I nostri amici sono sinceri e la nostra felicità é assicurata!! Quindi non abbandoniamoli mai, per lasciarlo in un mondo tutto solo, ma diamogli la possibilità di vivere con noi, in una vera famiglia.



Sei nell'anima (dedicato a mio fratello)

Caro fratello, sono 11 mesi che non sei piu con noi, ma ora il tuo silenzio è
diventato ghiaccio che gela l'anima, fuoco che brucia la mente e acqua che annega
il cuore. In quel letto d'ospedale quando ti ho visto, un enorme vuoto mi ha assalito.
Il tuo respiro ormai esausto e i tuoi occhi che mi guardavano come quelli di un
naufrago che sa che non tornerà piu a casa. Tu ora lassu' sei una stella, di certo
quella piu luminosa.
Ottobre ti ha rubato ai tuoi affetti e meschino ha seminato angoscia.
Ottobre ha spento per sempre la luce della tua vita e ora sei già lontano e di bello è
rimasta solo la luna che guidando la mia penna ti urla Arrivederci.
Arrivederci.

   1 commenti     di: Alessio Gatti


CASO ARCHIVIATO: SUICIDIO PER AMORE.

Sandra guidava assorta nei suoi pensieri.
Il suono di un clacson all'improvviso le fece capire che forse si era distratta e che la sua macchina viaggiava troppo al centro della corsia.
Si spostò più sulla destra e riprese la sua andatura costante: non le era mai piaciuto andare troppo forte, e specialmente ora che mille pensieri le attraversavano la testa capiva che era prudente mantenere la velocità massima intorno ai 120 Km/h.
Era partita da Napoli alle otto di mattina; erano le due del pomeriggio, ed aveva da poco superato Firenze, là dove cominciano le prime dolci colline dell'Appennino tosco-emiliano.
Si ricordò di una gita che aveva fatto a Firenze l'ultimo anno di Liceo, con la sua classe, con i suoi amici di cinque anni di scuola, con i suoi professori: Ponte Vecchio con i suoi
negozi di oreficeria, Piazza Signoria con la magnificenza del Palazzo Vecchio e con le sue statue, il Duomo, il Campanile di Giotto, sul quale erano saliti per ammirare la città dall'alto, e gli Uffizi, il Giardino di Boboli, dove avevano mangiato e bivaccato per tre ore, ridendo, scherzando, prendendosi in giro, cantando le canzoni di allora, "Azzurro",
"Questo piccolo grande amore", "I giardini di marzo", "La canzone del sole", e tante altre; Stefano suonava la chitarra e cantava, e tutti gli altri dietro, a cantare, ad urlare al vento la loro gioia di vivere.
Stefano... quanti anni erano passati da quel giorno, dal giorno in cui, senza un motivo plausibile decise di togliersi la vita; aveva da poco compiuto 19 anni, gli esami erano finiti da poco. Stefano ce l'aveva fatta anche se con fatica; il suo grande amore era la musica, la sua chitarra, la voce bellissima che aveva avuto in dono dalla natura.
Era bello, Stefano, ma di una bellezza triste, malinconica, ed aveva una grande qualità: sapeva ascoltare; tutte le ragazze gli raccontavano le proprie pene d'amore, e lui era sempre lì, pronto ad ascoltarle, e poi tirava fuori la sua
chitarra e trovav

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A volte

A volte mi sento donna. Mi guardo allo specchio, realizzo che ho diciotto anni e sento addosso il peso delle responsabilità. Sono le volte in cui avrei voglia di andare ad abbracciarmi alle gamebe di mia madre e non staccarmi da lì come quando ero una bambina. Ma so che non posso farlo.
Perchè devo dimostrare di meritarmeli questi diciotto anni. Perchè devo crescere. Allora mi butto in mezzo al mondo e provo a fare del mio meglio.
A volte penso di sbagliare tutto.
Tutto.
Di non riuscire a capire chi ho accanto. Di essere inutile. Di non riuscire a proteggere le persone che amo dal dolore. Di allontanare chi mi vuole bene e tenermi troppo vicino persone vuote, che scappano quando dovrebbero restare invece.
Sento come se la mia vita fosse ad una svolta. Ma ancora non avessi capito bene verso dove.
In un certo senso è anche così perchè il liceo sta finendo e si avvicina il giorno in cui dovrò decidere cosa fare della mia vita. La mi amigliore amica inizia a fare le valigie e si prepara a partire. I miei compagni studiano per i test di medicina. Qualcuno si cerca un lavoro. Qualcuno piange la morte del padre e cerca di ricomporre i pezzi della sua vita. E io mi sento nel mezzo di un vortice nel quale tutto si sposta, anche quelle certezze che erano così salde.
E questo mi spaventa terribilmente. Ma mi da lo stimolo per andare avanti.
In questo mondo che si sposta gli amici si avvicinano e si allontanano. Le cose che amo fare cambiano. Le priorità si modifiicano. Cambio io.

A volte sono felicissima perchè tutto questo cambiamento è bello. È meraviglioso. Perchè mi sembra di essere rinata. Di vivere una vita nuova. Perchè sento nuovi stimoli tutto intorno a me e di ritagliarmi un posto nel mondo che si adatti a me meglio di quello che occupavo prima. Penso a tutte le cose che sto scoprendo e rido. E sono felice.

Poi penso a tutto quello che ho perso. Tutto. In un colpo solo. A tutti gli affetti. Le certezze. Le abitudini. Le compagnie del sab

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   3 commenti     di: Elisa Tronci


…l’amore con l’amore si paga

Prese la borsa, la tessera dell’autobus e le chiavi, il coraggio la prese per mano e la disperazione le aprì la porta. Uscì quando tutti rientravano.
Non usciva di casa da tre giorni, esattamente da quando le erano finiti i soldi.
Autobus all’andata: occhi bassi e sperare di non incontrare nessuno, sperare di non dovere inventare bugie; minuti pressappoco infiniti, che tuttavia finivano sempre.
E quando finivano, scesa dall’autobus, c’era da scendere il secondo gradino. E lì era peggio. Che nessuno la veda! …lì piegata a terra a rovistare, a cercare, che nessuno che la conosce passi di lì in quel momento, tanto lei è veloce e finisce subito, ma per carità non la deve vedere nessuno, lei lì in mezzo. In mezzo a quella confusione semplice e triste di buste di plastica svolazzanti, carte stropicciate a terra insieme a scatole di cartone rotte, cassette di frutta e di pesce vuote, e un odore avvilito e umiliante, il forte odore di marcio e di finito.
Ma lei lì, in quello spiazzo dove da qualche ora era finito il mercato, ci si sapeva muovere ormai da un po’, precisamente da due mesi, precisamente da quando i soldi della pensione li divideva con sua figlia.
Contratto non rinnovato, “ …e allura? e iu chi ci staju a fari, ‘a figghia? no… non t’ha preoccupari, chi fai cianci? sù cosi ca capitanu, vidi ca ‘u trovi prestu n’autru travagghiu, e pì ora t’aiutu iu, sciatu… non ci pinsari”
Quella volta, al mercato fu la manna dal cielo! (dal cielo… non proprio), cinque arance ammaccate, tre pesche ma belle, quattro pere, non le piacevano, ma se le prese lo stesso. Guardò anche tra i resti delle lattughe perché ci trovava sempre qualcosa lì in mezzo, e quella volta: una melanzana, quanto le piacevano!
Autobus al ritorno: occhi bassi, e chissà se l’avevano vista, …certo di gente ne passava, ma no, no che non l’hanno vista!
A casa non ci pensò più, contenta andò subito in cucina, si meritava il suo piatto preferito: u

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   7 commenti     di: ariele a.



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