username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Racconti storici

Pagine: 1234... ultimatutte

Santa Prisca

La Carretera Federal 95 scende dai 2240 metri di altitudine di Ciudad de México fino alle sponde del Pacifico, ad Acapulco. Percorrendola si incontrano alcune località di notevole interesse paesaggistico e storico, che la Sectur (Segreteria del Turismo messicana) definisce pueblos màgicos.
La prima di queste cittadine è Cuernavaca, rinomata per il suo clima salubre, tanto da essere soprannominata la città dell'eterna primavera. Tra i molti siti da visitare in Cuernavaca vi è la villa e i giardini Borda, ricchi di vegetazione, fontane e un laghetto artificiale. Qui soggiornò anche l'Imperatore asburgico del Messico, Massimiliano, durante il suo breve e infelice regno. Prendiamo nota di questo nome - Borda - perché lo ritroveremo ancora durante il nostro viaggio.
A 150 chilometri dalla capitale federale, lasciato lo stato di Morelos e entrati in quello di Guerrero, si giunge ad un altro pueblo màgico: Taxco de Alarcón, cittadina di circa 50mila abitanti, adagiata su un declivio, a 1780 metri sul livello del mare e circondata da montagne ricche di vegetazione. Il tratto di carretera che entra nella città è stato intitolato a los plateros (gli argentieri). Taxco è infatti il centro messicano più importante per la lavorazione della plata (argento). Un tempo lo era anche per l'estrazione.
Ciò che colpisce di più il viaggiatore, non appena si affaccia sul panorama di Taxco, è la grande chiesa di santa Prisca, che domina la città dall'alto dei suoi due campanili gemelli. L'effetto è straordinario: appare come una grande chioccia circondata dai suoi pulcini. L'abitato, infatti, è costituito da case basse e ravvicinate, intersecato da stradine caratteristiche che confluiscono nel sagrato della chiesa. Non stupisce lo stile, detto churrigueresco, derivato dal barocco e nato in Spagna, che è caratterizzato da un'esasperata decorazione di facciate e interni, in quanto piuttosto comune in questa parte del continente americano sottoposto alla sfera

[continua a leggere...]



Isabelle (parte 4)

Prepararsi alla festa, fu un tormento.
Isabelle indossò l'abito damascato dalle varie sfumature di rosso, ma il peso le era insopportabile. La giornata calda non rendeva la situazione particolarmente felice. Juliette dopo aver tollerato per qualche minuto l'insofferenza della sorella, manifestatamente ostile anche nei confronti dell'acconciatura, si decise, rassegnata ad uscire dalla stanza.
Isabelle, ora sola, sbirciò oltre la finestra e vide piccole sagome agitarsi nel cortile, bambini giocherellare con gli scudieri già bardati a festa, giovani damigelle vestite di bianco, dai lunghi capelli lucenti scambiarsi piccoli mazzi di fiori per adornarsi abito e chioma, giovani soldati lucidare le armature appresso ai cavalli nervosi, che di tanto in tanto scalpitavano quasi impazienti di affrontare la sfilata inaugurale del Torneo.
Pensò che proprio lo stato d'animo di quelle creature poteva, pi? di ogni altro, rappresentare il suo, in quel preciso istante. L'istinto l'avrebbe sicuramente spinta a fuggire dal compito che l'attendeva. Le pareva di essere un condannato a morte. Suvvia, si disse, non sarebbe finita la vita. Ma non riusciva a stemperare l'insoddisfazione. La notizia del matrimonio le aveva rovinato la festa, tanto attesa. Si decise a raggiungere la famiglia nella sala d'entrata quando udì un vociare tra la folla e si accostò alla finestra per osservare meglio."Non ho paura di voi potenti, non mi spaventano gli stemmi nobiliari, ho come unico rimpianto, di non potervi sfidare a duello, so che sarebbe un affronto, per voi, battervi contro un semplice cavaliere". Francoise, pronunciava queste parole alterato in volto e, davanti a lui, vi era un uomo di cui Isabella poteva solo intravedere il profilo, i due erano circondati da una piccola folla, formata perlopiù da donne meravigliate. L'uomo di fronte a Francoise pronunciò qualche parola, ma Isabelle non riuscì a percepire, notò invece, sul mantello verde acceso uno stemma che non aveva ma

[continua a leggere...]



Per sempre. Parte 1

Già dall'ingresso dell'enorme maniero di pietra grigia, si udiva il dolce brusio misto a musica, tipico delle grandi feste. I menestrelli cantavano e suonavano i loro liuti e tamburelli mentre le zingare del vicino campo ballavano per gli innumerevoli invitati, seguendo il ritmo delle veloci note irlandesi, il ritmo della libertà.
Mona si tolse il pesante mantello di pelliccia e lo porse ad uno dei servitori, con un sorriso che le guadagnò un'occhiataccia da parte di sua madre.
" Dai troppa confidenza alla servitù Mona. Non è appropriato."
" Sono solo educata, Madre."
Il vestito, che indossava in occasione della grande festa dei McConnelly, era stato fatto realizzare dalle migliori sarte di tutta Irlanda, ma Mona non vi badava, era sua madre che aveva insistito tanto. Il colore rosso le donava molto, metteva in risalto la sua pelle chiara e gli occhi grandi e profondi. La stoffa pregiata fasciava il suo corpo e la scollatura quadrata lasciava immaginare le forme abbondanti della nobildonna nel fiore della gioventù. Una cintura di finissimi fili d'oro stretta in vita, richiamava i preziosi ricami della stoffa e i bordini delle maniche ampie. I lunghi capelli castani erano raccolti semplicemente in una treccia chiusa da un nastro color del fuoco vivo.
Sua madre la guardava compiaciuta, con il sorrisetto di chi la sa lunga e crede che sua figlia sia la ragazza più bella della nazione.
La Famiglia O'Sullivan fu annunciata e introdotta nel grande salone, sotto gli sguardi curiosi e le occhiate di ammirazione di tutti i presenti. Era senza dubbio una delle famiglie più potente e in vista del paese e la loro presenza ad una festa era costantemente richiesta e segno che il padrone di casa aveva un certo spessore sociale. Mona era la giovane donna più corteggiata di tutta la verde isola, ma non aveva un carattere facile, così non aveva ancora accettato uno dei suoi pretendenti. Anzi, si divertiva molto a farli penare e a dar loro, infine, un'amara delusione

[continua a leggere...]

   2 commenti     di: *Sunflower*


Anima nel cuore

Miei cari avventori avvinazzati - disse il vecchio ai due giovinastri -, vi racconterò. Vi racconterò.
Era ancora la prima metà del secolo, ed io vivevo, con la sola compagnia del mio vecchio maremmano Gilles, in una barca trasandata adibita a dimora in quel del Lago di Como.
Di giorno in giorno passavo di sponda in sponda, di paese in paese, a portare la mia musica. In cambio non chiedevo null'altro che almeno uno o due dei miei ascoltatori lasciassero nel mio vecchio cappello scucito giusto due monete: il necessario per tirare avanti un giorno di più.
Nessuno mi disprezzava, non ero insultato, maltrattato, ignorato, come quelli che al giorno d'oggi voi giovinastri chiamate barboni. La gente mi amava. In ogni paese i bambini accorrevano al mio arrivo, e più di una fanciulla aveva ceduto al mio fascino. Sapete, quello dell'uomo di strada, del vagabondo: avevo storie da raccontare, un passato.
Le donne mi adoravano, già. Eppure mai, mai ne incontrai una che mi facesse veramente sciogliere.
Che fosse in grado di ispirarmi sogni, poesie, canzoni. Una musa, insomma. Non l'avevo; mi mancava, ma ancora non lo sapevo. Ero convinto che tutto ciò che avevo fosse tutto ciò di cui avevo bisogno.
Non era così.
Era in realtà da poco che io ero approdato a quei lidi e avevo iniziato il mio giro: quasi un anno. Tanto per voi, un'inezia paragonato alla totalità della mia esistenza.
Ebbene, io allora avevo deciso che quell'anno lo avrei speso così, di paese in paese, giorno dopo giorno. Trecentosessantacinque paesi in trecentosessantacinque giorni, quello era il mio obiettivo.
E poi via, verso altre mete. Fallii.
L'ultima tappa dell'anno, il trentuno di dicembre 1943, fu lei, Como.
Ed appena vi giunsi, mi innamorai.
Lei era bellissima, davvero bellissima. Clara il suo nome. Era infermiera nell'ospedale della città. Un ospedale da operetta, sia chiaro. Ma lei per quanto poteva vi si dava da fare, per i molti oberati dalle più disparate malattie e fe

[continua a leggere...]

   2 commenti     di: simone regolo


Processo a Socrate

Cari Signori,
vorrei attraverso le mie parole dissuadervi dal processare il mio cliente, uomo saggio ed umile Socrate.
Socrate è stato definito il più saggio poichè sa di non sapere e non pretende di conoscere la verità, ma ne stabilisce una personale. Il mio caro cliente inoltre offre insegnamenti di vita ai giovani discepoli che lo seguono con interesse;in più Codesto crea un dibattito formando una coscienza critica in ognuno di noi e facendoci ragionare sulla verità che ognuno di noi condivide in modo differente.
La diversità tra la "Scuola Sofista" e la "Scuola Socratica" sta nel fatto che i sofisti insegnavano che l'unica verità è quella che loro affermano, non ammettendo contraddizioni e senza dar libertà di pensiero ai givoani discepoli;cosa che fa invece Socrate instaurando un dialogo e sviluppando così una coscienza critica. Inoltre li dona la libertà di pensiero oltre che il diritto e il dovere di dire la propria opinione. Socrate afferma che ognuno di noi possiede dentro sè una verità. Lo paragonerei alal sua cara madre, levatrice di corpi;Lui pratica lo stesso, cogliendo la verità attraverso le anime degli uomini. Le sue concezioni filosofiche sono eccezionali. Sono sicuro che con l'andar del tempo molti uomini lo stimeranno ed altri ancora seguiranno il suo esempio, umile e saggio;è a conoscenza di non sapere, di non conoscere e questo è il primo passo per la conoscenza. La verità quindi, la ricerca dentro se stesso e dentro ognuno di noi attraverso il dialogo. Dunque, miei cari Signori, vi esorto a rileggere le tesi da me appena espresse in difesa del mio cliente, riflettendo sulle sue concezioni filosofiche che potranno garantire al paese un aumento della cultura e la formazioni di menti più aperte a nuove idee.
Socrate conoscendo la differenza tra bene e male sarebbe un ignorante se praticasse quest'ultimo, infatti cerca di insegnare a tutti l'arte del Bene.
In verità, vi dico che io stimo Socrate, come molti da queste parti.

[continua a leggere...]



La strage

Angela era solita attardarsi la sera; le piaceva rimanere qualche momento in solitudine per raccogliere le idee e mettere in ordine gli avvenimenti della giornata. Quando poteva dare un giudizio positivo su quanto aveva fatto, si sentiva contenta. Per lei era come mettere a posto le cose di casa: amava vivere nell'ordine in sé stessa ed intorno a sé. Quando aveva l'animo inquieto e le cose non erano chiare, si sentiva a disagio ed aveva l'impressione che tutti se ne accorgessero. Non andava mai a dormire senza prima aver raccolto ogni giocattolo, senza aver riordinato le stoviglie e rimesso ogni cosa al suo posto; tutte le cose che durante la giornata, piccoli e grandi, avevano gettato o dimenticato qua e là, sparsi per la casa.

Prima di dormire si raccoglieva e cercava di ripensare alla giornata trascorsa per trovare una positività nei fatti accaduti, anche quando erano stati difficili, per cercare di addormentarsi in pace.

La nonna poi non era disordinata ma aveva il gusto di cambiare posto agli oggetti, disorientando così il generale andamento famigliare perché ognuno, non trovando le proprie cose al loro posto reagiva inevitabilmente con animoso malumore, ed essa, sotto-sotto, si divertiva. Era una piccola rivalsa che si procurava per quel sentirsi aggregata nella posizione di secondo piano che oramai occupava in famiglia.
Era stata protagonista nella sua vita, donna di comando, dal carattere forte e deciso, in famiglia ed anche nell'ambiente di lavoro dove aveva sempre occupato posti di rilievo. In gioventù era stata direttrice di una Casa di Moda, con tante allieve da guidare ed a cui insegnare la preziosa attività di confezionatrici di abiti d'Alta Moda.

In seguito si era occupata di promuovere iniziative di volontariato, come l'ospitalità alle persone bisognose con problemi di carattere pratico: la ricerca del lavoro, della casa, del medico adatto a patologie particolari. Gente a cui una parola di conforto ed un po' di compagnia

[continua a leggere...]

   0 commenti     di: Verbena


Vaticinio breve

Lo stormo di dodici uccelli virò d'improvviso verso oriente e per un
riflesso della luce sui piumaggi, parve d'argento. Gli àuguri trassero
i loro presagi e i litomanti scrutarono le pietre; gli aruspici, le mani
inondate dal sangue, osservavano le viscere del sacrificio mentre oltre, amanti romantici, metereomanti divinavano le nuvole.




Pagine: 1234... ultimatutte



Cerca tra le opere

La pagina riporta i titoli delle opere presenti nella categoria Racconto storico.