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Racconti storici

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Il castello di Binasco

La nascita del romanzo storico italiano si fa generalmente risalire al 1827, anno della pubblicazione dei "Promessi sposi". Nell'ambito della storia della letteratura italiana c'è posto anche per la scrittrice torinese Diodata Saluzzo Roero e per Binasco ed il suo castello. Infatti nel 1819 viene data alle stampe ad opera di questa autrice la novella "Il castello di Binasco" dal netto intreccio e sapore di romanzo storico e che anticipa, anche se di ben diverso spessore letterario, la pubblicazione dei Promessi Sposi e che peraltro ebbe il plauso dello stesso Manzoni che con Diodata esercitò un amichevole scambio epistolare. La novella racconta la triste sorte di Beatrice Balbo Lascaris-Tenda, detta Beatrice di Tenda che sposò in prime nozze il condottiero Facino Cane e dopo essere rimasta vedova nel 1412 si risposò con Filippo Maria Visconti duca di Milano di molti anni più anni giovane di lei, come descritto da Pietro Verri nella sua Storia di Milano. "Così il duca, da Beatrice Tenda, ottenne la ricuperata sovranità di Milano, Pavia, Lodi, Como, Vigevano, Alessandria, Tortona e Novara. A lei doveva tutto, persino l'esistenza, che gli sarebbe sicuramente stata levata, se non aveva il di lei soccorso. Essa con tutto ciò soffrì il trattamento di essere (malgrado l'età sua e la sua virtù) dal marito incolpata d'avergli violata la fede per un giovine cavaliere, nominato Michele Orombello, che era al di lei servizio... Volle il duca che venisse imprigionata in Binasco l'infelice Beatrice Tenda; e il non meno disgraziato cavaliere fu parimenti posto nei ferri. Furono condannati l'una e l'altro a perdere la testa sotto la scure; il che si eseguì in Binasco nell'infausta notte susseguente al giorno 13 di settembre dell'anno 1418. Ci dice il Biglia che il giovine Orombello, lusingato di potere sfuggire il supplicio calunniando la duchessa, preferisse la vita alla virtù, sebbene in fine perdesse e l'una e l'altra; e che la duchessa, avanti il patibolo, da donna

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Velia, la zia d'America

Vita agra quella di "Sciuse" nel dopoguerra; alla morte della sorella ne aveva sposato il marito ed era andata "all'America."
L'ho conosciuta quando tornava ogni estate in Italia, negli anni settanta, spocchiosa e acidula, col suo intercalare di parole italianizzate in stile "broccolino", e con quell'odiosa abitudine di dire "Noi all'America..." dando le sue lezioni di vita in stile yankee.
So che prima di partire per sposare il nuovo mondo, nel '44 aveva salvato mio zio da un rastrellamento in paese, grazie ai suoi "buoni uffici" con la Wehrmacht. Certo, si era fatta una cattiva reputazione durante l'occupazione tedesca, ma quanti possono dire di aver salvato la vita a qualcuno?

Centodieci d'America



La Brigata del Duca

Si apprestava a uscire, il Duca. La sua epoca volgeva all'occaso, la storia gli girava le spalle.
Il suo tempo ormai era concluso.

Aveva cominciato la giornata con la vestizione, anche se immaginava che all'uscita non ci sarebbe stato nessuno ad attenderlo. In cuor suo sperava solo di non assistere ai lanci di frutta e al "codardo oltraggio" lungo la via dell'esilio, che temeva facesse seguito al "servo encomio" che molti gli avevano tributato da quando era asceso al trono, e che molti tributavano ai regnanti spazzati dall'onda di "mar commosso" che li colpiva.
E più l'encomio era stato servo, maggiore era, poi, l'oltraggio.

Un'insolita calma "regnava", si può ben dire, nel Palazzo Ducale, nessuno si faceva vedere, e questo gli metteva una certa ansia, unita al fatto che sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe percorso i corridoi e le stanze che costituivano la reggia.

Sapeva che si era comportato bene, specie in quell'ultimo atto, non aveva voluto che nessuno si facesse male. La sorte era segnata e dunque era inutile sacrificare il suo piccolo esercito in una difesa che sarebbe stata vana di fronte ad un esercito tanto più numeroso e armato del suo.
"Sono più belle le nostre uniformi, che efficaci e numerose le armi" - aveva detto al suo consigliere.
Tutta la rabbia, l'aveva riposta in una lettera fatta recapitare all'ambasciatore di chi stava per impossessarsi del suo Ducato.
"Noi dobbiamo dunque a nostro malgrado volgere lagnanze verso il governo nostro vicino che intese a soppiantarci e, senza giusti motivi, considerarci come nemici..."

"Touchez..." almeno pensava lui, toccava con la penna, perché non aveva potuto farlo con la spada.

Percorrendo l'ultima parte dei corridoi, e avvicinandosi alla porta, cominciò a sentire il rumore che fanno le persone in silenzio, dentro il palazzo e fuori dal grande portone che si apriva sul cortile interno dove lo aspettava la carrozza che lo avrebbe portato verso l'esilio. Che poi tanto esilio non

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Riflessioni decontestuali immaginarie di un soldato italiano in prima linea da tre giorni scritte su un casuale pezzo di carta

Da tre giorni ero pensieroso e cupo. Non che abbia subito influssi negativi provenienti da certe persone o abbia avuto motivi per esserlo.
Tuttavia ora riflettendo ne capisco la semplice ragione; ho fatto caso che le sensazioni da me percepite erano simili a quelle che è possibile provare quando per un motivo o per un altro si rimane a lungo privati della fonte di luce naturale principale, il sole. Faccio una digressione per meglio chiarire.
È questo uno stato di latente malessere nel quale ci si mette del tempo ad intender di essere entrati, poichè logora piano piano... ora dopo ora. Lo si riconosce, ahime!, soltanto nel momento in cui si oltrepassa la soglia della percezione del mondo e delle cose che si ha; ci si accorge che qualcosa dentro è cambiato quando si è oramai con un piede e mezzo dall'altra parte. Ciò è di per se subdolo, ma non è tutto. Dato per certo che il nostro animo abbia subito un mutamento è naturale chiedersene il motivo. Ed è questo il tratto di strada nel quale ci si puo ingannare; ha molte meno probabilità di trovarsi spiazzato colui che nella propria vita abbia provato la stessa sensazione, ma per il motivo contrario. Ossia: se partendo da uno stato d'animo già di per se cupo e tendente all'autoisolamento si passa gradatamente ad uno stato di tranqullità interna (ed intrinsecamente esterna) grazie alla pura e semplice esposizione al calore ed alla luce del sole, è facile riconoscerne la situazione inversa.
Avendo dunque io tratto benefici in passato da questa naturale fonte di luce, ora ero predisposto ad individuare la ragione di questo tipo di malumori nella reiterata non esposizione ad essa.
Tutto spiegato, pensavo.
O forse no. Infatti, riflettevo, ieri ero fuori e c'era il sole. Ier l'altro anche. Tre giorni fa idem; e c'era la neve che ne rifletteva con il suo color bianco, talvolta rossastro, la luce. Eppure non mi potevo sbagliare sulla sensazione che quello stato d'animo mi provocava; era si

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Fiore di Loto

Marco Antonio avvertì il cuore palpitante della regina fremere sotto le lenzuola di lino candido.
Avrebbe dato qualunque cosa per possederla di nuovo, steso sulla stuoia regale.
Ma le sue gambe conserte gli vietavano l'accesso a quel mondo così divino e desiderabile.
-Mi stai fissando- mormorò ad un tratto la regina, socchiudendo gli occhi.
L'uomo scosse la testa -No, mia signora-.
La donna si tirò su, e il lenzuolo le scivolò dal corpo, rivelando i capezzoli turgidi.
Marco Antonio li guardò ammaliato e attonito finché la regina non se ne accorse e rise di piacere.
L'uomo avvampò e nascose il viso nella stuoia.
-Non devi vergognarti se brami il mio corpo- le parole della regina lo lasciarono interdetto.
Sollevò lo sguardo e incontrò il suo.
Era così intenso, così dolce.
L'uomo annuì -Sai che ti desidero-
Avvicinò le mani alla sua schiena inarcata, pronto a riprenderla, ma lei si spostò.
Scivolò via, strappando il lenzuolo dal corpo del generale.
-Ma non posso vendermi come una prostituta che bazzica le rive del Nilo, o una donna di taverna; sono una regina!- la donna si lisciò il lenzuolo sul seno.
Marco Antonio scosse la testa e si alzò.
Il suo corpo nudo e muscoloso, imperlato di sudore, risplendette alla luce del sole appena sorto.
Era un bell'uomo; forte e vigoroso; nel fiore degli anni.
-Non mi posso neanche più fidare di te, Antonio!- la voce della regina tradiva una nota di amarezza -Hai tradito la mia fiducia di regina e di donna-
L'uomo abbassò la testa; sapeva a cosa alludeva la regina e se ne vergognava.
Le aveva giurato amore e fedeltà, inebriato dall'odore del suo corpo che come un fiore di loto, lo mandava in estasi.
Ma quando era tornato in patria si era sposato con un'altra donna, costretto dalla mirabile posizione di lei.
La regina lo era venuta a sapere e non l'aveva perdonato.
-Hai ragione, amore mio- disse l'uomo con voce flebile -Ma che cosa vuoi da me?-
Gli occhi della donna brillarono di una stran

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   2 commenti     di: Giulia Brugnoli


I Santi: San Bonifacio

""Predichiamo i disegni di Dio, ai grandi e ai piccoli, ai ricchi e ai poveri. Annunziamoli a tutti i ceti e a tutte le età finché il Signore ci darà la forza, a tempo opportuno e inopportuno, a quel modo che San Gregorio scrisse nella sua Regola Pastorale". Così scriveva Bonifacio a Lioba, sua parente e badessa, esprimendo il suo zelo instancabile per l'evangelizzazione dei popoli dell'attuale Germania e Olanda, ispirandosi alla Regola di San Gregorio Magno.
Ma chi era Bonifacio? Wilfrido questo era il suo nome di battesimo, nacque intorno al 673 nella regione meridionale dell'Inghilterra. Da ragazzo venne accolto ed educato nell'abbazia di Exeter e poi in quella di Nursling, secondo i principi della severa regola benedettina. Nel periodo di formazione cristiana, Wilfredo acquisì l'osservanza alla preghiera ed agli studi, la fedeltà alla chiesa di Roma e la passione missionaria per la conversione dei popoli pagani o ricaduti nel paganesimo.
Al fine di comprendere al meglio i Testi sacri, Wilfredo imparò la lingua latina, greca e quella ebraica, approfondì il messaggio e la spiritualità dei Padri della Chiesa, divenne maestro e scrisse una grammatica per i suoi alunni, si dilettò nella poesia. Tuttavia l'impegno che Wilfrido sentiva di più era quello dell'evangelizzazione, in forza della quale nel 716 chiese ed ottenne il permesso di raggiungere l'Olanda. In quel tempo il principe Radboch si era ribellato alla dominazione Franca e vedeva negativamente il cristianesimo, poiché era il credo professato dal conquistatore, inoltre aveva confinato il vescovo di Utrecht, Willibrordo presso un monastero.
Wilfredo fece visita al principe, ma subito comprese che i tempi non erano ancora maturi per l'evangelizzazione, occorrevano uomini e donne disposti al martirio, l'appoggio dei Franchi, ed infine, acquisendo il sostegno della chiesa di Roma, si sarebbe conservata l'autonomia della nuova chiesa, dal potere politico dei principi che nominava vescovi e abati s

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   3 commenti     di: Fabio Mancini


La rivoluzione gentile

- Claudio, sembra che a Praga succederà qualcosa come nel 1968-
mi disse Maurizio, un mio amico giornalista,
-che ne diresti di accompagnarmi e farmi da fotografo?-
Come perdere un'occasione del genere? Era la prima volta che venivo chiamato a fare il fotoreporter. Organizzai al volo le mie cose, comprai una trentina di pellicole e via: era novembre del del 1989. Alla fine di quel viaggio avevo scattato più di quattromila foto.
Pochi giorni dopo a Praga le prime foto, ci furono due morti, negli scontri, ma alla fine fu dichiarata l'indipendenza dall'Unione Sovietica. Aspettavamo i carri armati russi che non giunsero, ma le foto, con tutte quelle candele accese, in Piazza Venceslao, nei vicoli del centro, in ricordo dei morti di circa vent'anni prima, tra i quali Jan Palach, erano di un effetto tremendo. Ancora oggi guardandole mi commuovono. Restammo lì qualche mese, fotografai tutta quella euforia di libertà, volti felici, conferenze del neo Presidente, momenti bellissimi, locali e birrerie aperti fino a tardi, discoteche improvvisate con musica rock, atmosfera da "volemose tutti bene". Ragazze stupende con le quali era oltre che piacevole fare amicizia. Sembrava una festa continua. Poi, in aprile mi sembra, giunse il Presidente degli Stati Uniti e, dalle bandiere a stelle e strisce che avevano invaso Praga, sembrava che la "Rivoluzione Gentile", come fu chiamata, l'avesse condotta lui.
Dopo qualche tempo americani ed europei avevano letteralmente svaligiato i negozi di cristalli di Bohemia, le bellissime ragazze avevano imparato a prostituirsi in cambio di dollari e marchi.
L'atmosfera gioiosa dei primi mesi aveva lasciato il campo a momenti meno poetici pur conservando Praga un qualcosa di affascinante, con i suoi ponti, i suoi quartieri centrali, le piazze affollate di turisti, la cultura che si respirava comunque nei vicoli del centro.
Una delle cose più significative da vivere in quella fine d'estate fu l'abbat

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