username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Racconti storici

Pagine: 1234... ultimatutte

Tosca (riduzione teatrale)

TOSCA (COPIONE)
ATTO I
1. SCENA:
ANGELOTTI: Ho tanta paura, spero non mi scoprano, sono stato console della repubblica romana ma se mi trovano sono guai. Finalmente sono arrivato alla Chiesa di Sant'Andrea della Valle, come stabilito troverò rifugio nella Cappella Attavanti dove riposano i miei avi, poi potrò proseguire verso la salvezza. Eccola lì, la chiave, posso entrare.
SACRESTANO: Quanti pennelli qui dentro, tutti sporchi, disordine, la Chiesa è luogo di preghiera, un rumore, forse è tornato il pittore, no no meglio pregare (recita l'Angelus)
CAVARADOSSI: (Scopre il quadro di Maria Maddalena e si rivolge al sacrestano): Che fai?
SACRESTANO: Sto recitando l'Angelus. Ma quella Maria Maddalena dagli occhi azzurri io la conosco!!! Sì, certo una donna devota che passa spesso da qui per pregare.
CAVARADOSSI: Non posso negarlo, non la conosco ma l'ho spiata e l'ho dipinta a sua insaputa. Le donne son tutte belle anche se la mia amata Floria ha gli occhi neri.
SACRESTANO: Scherza coi fanti e lascia stare i santi.
CAVARADOSSI: L'arte porta a confonder la bellezza ma amo solo Floria Tosca.
SACRESTANO: Scherza coi fanti e lascia stare i santi. Io me ne vado. (scandalizzato si fa il segno della croce). (poi guarda un paniere pieno): Fa digiuno di penitenza, maestro?
CAVARADOSSI: No, non ho fame.
2. SCENA:
CAVARADOSSI: (sente qualcosa): Chi c'è là dentro?
ANGELOTTI: (Si ritrae nella cappella per evitare di essere scoperto ma riconosce il pittore suo vecchio amico) Voi Cavaradossi, il Cielo vi manda!! Non mi riconoscete? Le sofferenze patite in prigionia, mi hanno cambiato così tanto?
CAVARADOSSI: Angelotti, siete voi? Il console della repubblica romana ormai scomparsa!!!
ANGELOTTI: Si, ero rinchiuso in Castel Sant'Angelo e ora sono qua, ho bisogno di aiuto.
CAVARADOSSI: Disponete di me!
TOSCA: Mario!!
CAVARADOSSI: Nasconditi Cesare amico mio, è la mia donna, Floria, è molto gelosa. Tra poco la mando via!

[continua a leggere...]



I Santi: San Bonifacio

""Predichiamo i disegni di Dio, ai grandi e ai piccoli, ai ricchi e ai poveri. Annunziamoli a tutti i ceti e a tutte le età finché il Signore ci darà la forza, a tempo opportuno e inopportuno, a quel modo che San Gregorio scrisse nella sua Regola Pastorale". Così scriveva Bonifacio a Lioba, sua parente e badessa, esprimendo il suo zelo instancabile per l'evangelizzazione dei popoli dell'attuale Germania e Olanda, ispirandosi alla Regola di San Gregorio Magno.
Ma chi era Bonifacio? Wilfrido questo era il suo nome di battesimo, nacque intorno al 673 nella regione meridionale dell'Inghilterra. Da ragazzo venne accolto ed educato nell'abbazia di Exeter e poi in quella di Nursling, secondo i principi della severa regola benedettina. Nel periodo di formazione cristiana, Wilfredo acquisì l'osservanza alla preghiera ed agli studi, la fedeltà alla chiesa di Roma e la passione missionaria per la conversione dei popoli pagani o ricaduti nel paganesimo.
Al fine di comprendere al meglio i Testi sacri, Wilfredo imparò la lingua latina, greca e quella ebraica, approfondì il messaggio e la spiritualità dei Padri della Chiesa, divenne maestro e scrisse una grammatica per i suoi alunni, si dilettò nella poesia. Tuttavia l'impegno che Wilfrido sentiva di più era quello dell'evangelizzazione, in forza della quale nel 716 chiese ed ottenne il permesso di raggiungere l'Olanda. In quel tempo il principe Radboch si era ribellato alla dominazione Franca e vedeva negativamente il cristianesimo, poiché era il credo professato dal conquistatore, inoltre aveva confinato il vescovo di Utrecht, Willibrordo presso un monastero.
Wilfredo fece visita al principe, ma subito comprese che i tempi non erano ancora maturi per l'evangelizzazione, occorrevano uomini e donne disposti al martirio, l'appoggio dei Franchi, ed infine, acquisendo il sostegno della chiesa di Roma, si sarebbe conservata l'autonomia della nuova chiesa, dal potere politico dei principi che nominava vescovi e abati s

[continua a leggere...]

   3 commenti     di: Fabio Mancini


Quei giorni di Settembre Parte 1.

CAPITOLO UNO: LA LETTERA.

“Mia dolce Katia... scusami per non aver potuto scriverti prima. Sono stati giorni molto intensi. Abbiamo fatto un viaggio lungo e pieno di insidie per arrivare in Italia. Io e la mia compagnia ora ci troviamo in un paese di collina molto piccolo... si chiama Marzabotto. Abbiamo appena terminato l'insediamento e creato il nostro quartier generale all'interno del municipio. Il sindaco non ha opposto una grossa resistenza al nostro arrivo, così come la gente del luogo. Del resto sono persone molto semplici, a giudicare da quello che ho potuto vedere da due giorni a questa parte. Quasi tutti sono contadini o agricoltori. Le donne ed i bambini sono molto spaventati, lo leggo nei loro occhi. Non siamo stati certo discreti al nostro ingresso in paese. Quasi tutti si tengono alla larga quando ci vedono perlustrare le strade... non ti posso nascondere che la cosa mi dispiace un po'. Tu mi conosci, amore mio. Sai quanto io sia sempre stato una persona socievole con tutti. E mi piacerebbe molto sentire la storia di questo luogo dai suoi abitanti. È un paese bellissimo e vorrei che fossi qui per vederlo assieme. Pare un piccolo angolo di paradiso incontaminato. Posso sentire le melodie degli uccelli durante tutto il giorno... l'aria è pulita e ovunque ti volti puoi vedere tanti alberi e prati pieni di fiori. Mi rendo conto che noi siamo fuori contesto in una cornice del genere e credo che nessuno degli abitanti si aspettasse che il conflitto potesse arrivare sino a qui... ma si sa come vanno queste cose, purtroppo. I nemici sono dappertutto ed hanno certamente pensato che le tante colline attorno a questa zona possano essere un ottimo punto strategico... non sono certo degli stupidi. Il maggiore Reder è certo che fra i colli si nascondano parecchi combattenti dell'armata Stella Rossa, che ha dato parecchi problemi alle armate fasciste ultimamente. Abbiamo avuto precisi di rastrellare accuratamente il territorio e catturare quanti più prigion

[continua a leggere...]



Uomini-bestie

Le bestie arrivarono solo a cento chilometri da Roma, nell'ultima guerra, a fare razzia, quella più vigliacca.
"La Ciociara" è un film che ha vinto l'Oscar e si sappia che vi è narrata un'assoluta verità. Moravia aveva vissuto per un certo periodo fra le montagne azzurre della mia terra cercando ricovero dalle bombe cittadine. Così aveva fatto Cesira, la protagonista del suo romanzo e del film.
Ma la guerra non è solo di altri e può raggiungerti ovunque.
Non c'è luogo dove il male non possa arrivare.
Quando il film uscì nelle sale fu vietato ai minori e ho potuto vederlo solo qualche anno dopo. Venne vietato per l'immagine di una donna che girava fra le macerie tenendosi fra le mani un seno nudo e impazzita dal dolore gridava : " a chi darò il mio latte ora?" ma anche chiaramente, per la scena di stupro di gruppo.
Ho letto il libro, ho visto il film tante volte ma mai quella scena: non ci riesco.
Da bambina sentivo parlare a mezza voce dei "marocchini" passati durante la battaglia nel mio paesino come in altri vicini (non so perché dicessero battaglia e mai guerra...). Ero già sposata ed un giorno mamma e nonna cominciarono a ricordare per caso quei fatti accaduti, nei dettagli, con i nomi, i luoghi; pareva sussurrassero per pudore e rispetto e piansi con loro.
Avevano martoriato ragazzine, donne, anche qualcuna incinta, uomini e ragazzini, perfino il parroco del paese venne legato ad un albero perché con altri uomini dovevano assistere a quei misfatti.
Tutte e tutti si ammalarono di malattie veneree e di quegli uomini sporchi con l'orecchino al naso non ne vollero parlare più, nemmeno quando lo Stato, dopo molti anni, riconobbe loro il diritto ad una pensione.
Non ci sono risarcimenti che possano togliere di dosso le unghie di un branco affamato che ti violavano, che possano ridarti il corpo pulito da donare al tuo amore e togliere la paura di tutte le notti a venire.
Per alcune il tarlo lavorò solerte fin nella testa.
Una sorella di mio n

[continua a leggere...]

   7 commenti     di: Chira


Antorcha hija del diablo y el inquisidor cap 4

quarta ora

Accertatomi che fosse viva, comandai fosse lasciata sola, a riposare, e richiusa con violenza, la porta della cella, di corsa, risalii le ripide scale e mi precipitai nel mio alloggio.
Erano anni, che andavo a letto saltando i riti imposti dall’abito, per cui niente cilicio, niente genuflessione, niente lettura della scritture, niente preghiere; ma quella notte, invece, pregai, oh sì pregai il mio sconosciuto Signore di spiegarmi cosa mi stesse succedendo, di spiegarmi perché sentivo le mie carni scottare e darmi tormento, perché avessi la testa in ebollizione e perché ogni qualvolta chiudevo gli occhi, mi appariva l’immagine di Antorcha abbandonata fra le mie braccia!
Non ebbi risposta alcuna, ma la polluzione conseguente ai miei sogni mi dette una ulteriore fonte di preoccupazione. Per alcuni giorni cercai di ignorare la sua presenza, e solo quando Padre Efisio me la impose, sospirando ed imprecando contro il Demonio che l’aveva messa sul mio cammino, mi accinsi a raggiungere la cella delle interrogazioni.
Devo dire che la guarnigione militare del villaggio, aveva attrezzato “al meglio” una “sala tortura” che, peraltro, io non avevo mai permesso venisse utilizzata; comunque fu lì che avvenne il nostro terzo incontro.
Soli, lei legata in piedi con braccia stese come fosse sulla croce, gambe divaricate e legate alle caviglie a robusti ceppi, il fuoco dove erano sistemati i ferri da tortura emanava calore e rumore, lo scoppiettare del legno bruciato scandiva quasi il tempo che rimasi a fissarla, lei, sempre con quel volto assente con lo sguardo mai diretto nei miei occhi, bella seppur affranta, mostrava al mio sguardo parte del collo del petto e dei seni, ricoperti da lentiggini, i suoi capelli ramati, d’un rosso demoniaco, riflettevano i bagliori delle fiamme, sembrando ancor più innaturali, il biancore latteo delle sue carni mi mise in uno stato d’agitazione addirittura incontrollabile, la guardavo, sì, la guardavo non g

[continua a leggere...]

   3 commenti     di: luigi deluca


Cuore di regina - 2

PREMESSA: Il conte di Bothley è stato processato e assolto per l'assassinio del marito di Maria Stuart, regina di Scozia. Il racconto si svolge all'incirca un anno dopo l'assassinio.

L'elegante carrozza reale, quel caldo mattino di fine aprile, stava percorrendo la strada che dal castello di Stirling portava a Edimburgo, sede della corte reale. La regina Maria, scortata dal suo numeroso seguito e al sicuro all'interno della carrozza, stava cercando inutilmente di prendere sonno, dopo che per l'intera notte non era riuscita a chiudere occhio. C'erano molte cose che la preoccupavano, come donna e come regina.
La sovrana era di ritorno da una breve visita al figlioletto Giacomo di appena un anno, e per quanto cercasse di recarsi dal piccolo più spesso che poteva, separarsi da lui per fare ritorno a Edimburgo le causava ogni volta una dolorosa fitta al cuore. Anche ora, accasciata sui sedili di pelle dell'ampia e vuota carrozza, Maria avrebbe voluto avere tra le braccia il suo piccolo principe, che le riempiva il volto di umidi e teneri baci, e le stringeva intorno al collo le braccine con tutta la forza di cui era capace.
Ma non era solo quello ad affliggere il suo giovane cuore. Suo marito, Lord Darnley, era morto da poco, assassinato nella sua residenza, e la maggior parte dei nobili del regno era incline a credere che lei stessa fosse implicata nell'omicidio. Poco dopo la morte di Darnley, i familiari del suo defunto marito avevano chiesto al Consiglio Segreto di iniziare un procedimento contro uno dei nobili cortigiani più vicini alla regina, il conte di Bothley. L'uomo era stato assolto, e ciò non aveva fatto altro che accrescere il malcontento e l'impopolarità di Maria tra i nobili di corte.
Nella quasi minacciosa tranquillità della campagna che stava attraversando, la regina fu distolta all'improvviso dalle sue riflessioni da uno scalpitare di zoccoli, che si faceva sempre più vicino. Maria rimase in attesa e tese l'orecchio. Un gruppo di uomini a

[continua a leggere...]



Amos e Mario. Italia anno di guerra 1943- prima parte

Era gennaio del 1943, Mario Melvino non aveva ancora diciotto anni. Operaio sin dall'età di sedici, presso la fabbrica detta Lavorazioni Leghe Leggere situata in area industriale del capoluogo veneto, impegnata in produzione bellica per l'aereonautica, con turni lavorativi di dodici ore continue. Per Mario, operaio munito di licenza di quinta elementare - chè in casa non avevano potuto mantenerlo agli studi, essendo egli il quarto maschio di dieci figli- avido di leggere e di conoscere, la sua scuola di vita e di politica erano gli operai più vecchi di lui, i quali, nei rari momenti del pasto o di cambio del turno, parlavano sommessamente di guerra che andava male, di figli al fronte, di fame e sofferenze. A far la sua si aggiungeva il freddo intenso della stagione, che ghiacciava le campagne, i canali, i corpi. All'interno dello stabilimento il frastuono delle gigantesche presse per l'alluminio era insopportabile per ore e ore.
Mentre Mario mangiava, durante la breve sosta per il pasto, con la sua solita fame giovanile, la poca pastasciutta compattata nel pentolino di alluminio, nel cuore della notte, egli ascoltava questi discorsi che, badate bene, non si potevano fare a voce alta, ma sussurrata e sol tra pochissime persone fidate. Gente che avevi osservato a lungo prima, nel piazzale della fabbrica, al momento dell'uscita, altrimenti se t'accorgevi di domande insidiose o pericolose, si doveva tirare via, far finta di non aver sentito. Venir arrestati o prelevati da casa, di notte, dai fascisti , era un nonnulla. Si finiva al comando davanti alle Camicie Nere, il cui trattamento in pochi erano, poi, in grado di raccontare fuori le mura dello squallido palazzo ch'erano i loro uffici.
Mario Melvino era un bel ragazzo, alto, forse un po' troppo magro ( e chi non lo era, in quegli anni ?) ma con un viso sagace e maturo. Due occhi cerulei, un po' a fessura, distanziati da un naso importan

[continua a leggere...]




Pagine: 1234... ultimatutte



Cerca tra le opere

La pagina riporta i titoli delle opere presenti nella categoria Racconto storico.