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Racconti surreale

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Ulisse ( parte 3 )

Nei sogni si fa ciò che si vuole... ecco perché ci passo molto tempo... Per rivedere lei... i suoi occhi blu!
A molti sembrava antipatica, sarcastica, cinica... un po' come me.
Io le riuscii a legger dentro, nonostante lo nascondesse, poichè ai miei occhi non sfugge nulla!
Volavo alla velocità del pensiero e raggiunsi l'obelisco egizio, poichè sapevo che era là, la paragonavo a nefertiti per la bellezza.
Nel mondo reale eravam due amici che prima della fine, andarono oltre l'amicizia, forse a causa mia, o sua che voleva godere ogni attimo della sua piccola grande esistenza.
Era li, seduta sotto l'obelisco, con due bicchieri di jack daniels, Dio solo sa quanto adoravo il jack!
Iniziammo a parlare del solito e a sfotterci, lei mi prendeva in giro per i miei capelli ricci e per il ghigno da alcolizzato ad ogni sorso di jack!
Poi capii perché bevevo così tanto, perché dormivo e sognavo così tanto... non riuscivo a lasciarla andare via! Era morta, e doveva esserlo anche nella mia mente... E quando capii ciò mi diede un ultimo bacio per poi scomparire. Da quel momento, vederla sparire per sempre per la seconda volta, mi fece capire molto di me. Un sognatore diventato cinico perché la realtà gli toglieva tutto, un sognatore che aveva provato mille emozioni, un sognatore che era cattivo per poi divenire... Ciò che sono ora!
20 anni... Un periodo immenso... per ritrovate me stesso, proprio come Ulisse, che con la ragione, la furbizia e una punta di cinismo, ritornò da Penelope!
Come ulisse sono tornato ad itaca... Quanto adoro la mia "itaca".

In un sogno trovai la mia realtà ed ora, la
Mia realtà sarà il mio sogno!

   2 commenti     di: Daryl


Marty e Grossman

Marty aveva dato di matto.
Gridando : - Ce ne ho uno dentro!!! - Aveva abbandonato questo mondo e Grossman...
Grossman era sparito.
Aveva lasciato un biglietto : " Sono morto lo sono sempre stato ne ho alfine ragionevolmente preso coscienza ".
Grossman non sapeva scrivere. Io penso che ci sia dietro una macchinazione del Governo.
Non ho più amici. E la casa riprende a urlare.
Grossman era stato un buon angolatore, vorrei sapere che fine ha fatto... Se da un angolo prorompeva un malefico suono, o qualcosa di peggio, egli gli si piazzava di fronte, meglio se con una bacchetta del ristorante cinese in mano e picchiettava armonioso fino a placare lo squarcio.
Adesso è scomparso.
Senza di lui i lustrini sono glassa, come usavamo dire fra noi.
Marty era un eccellente Dottore Petulante. Sò che può far ridere questo termine ma è un ruolo di grande importanza ai fini della Sopravvivenza Universale.
Non posso assolutamente rivelare nulla a riguardo : Ne va della mia stessa esistenza e quindi mi scuserete.
Così : Morto, Marty.
Marty
Morto.
Scovato come un insetto sotto la pietra.
E calpestato.
Non sarà facile sostituirli... Non sono nemmeno possibile si possa fare.
Soprattutto Grossman; Grossman l' angolatore, come tutti ricorderete.
Fedele alla sua mansione fino al maniacale.
Del resto è l' unico modo cui attenderle.
I riti esigono il perfezionismo.
Sicchè Marty è deceduto e Grossman non si trova.

Mi chiedo se sia giusto che fuori tutto trascorra sereno.
Mi fa spavento pensare che tutte queste inquietanti presenze, contro cui i miei due più cari amici hanno combattuto fino alle estreme conseguenze, in realtà non esistono.
Mi lascia con un senso di vuoto.
Disorientato.
Credo sia veramente molto difficile comprendere che la vita, a ben guardare, è un posto che può risultare davvero piacevole.
Io non ci riesco ma forse è proprio questo che i miei due fidi scudieri stanno tentando di comunicarmi.
Nell' unico modo in cui una cosa del

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   0 commenti     di: Matteo Pizzini


Il galippio

La serata buttava male, c'erano troppi cerpischioni in giro e la citta' di Galippiche era infestata di sbirri, comunque io, Bruschino, Girimpiattola, Garlicchione e Fringispettine decidemmo di assaltare la locale Bank of Amberica, io proposi di forzare la porta della sala bruciatore, dopodiche' con il lanciafiamme entrare direttamente nella sala riunioni della Bank, dalla sala riunioni gettato l'ordine del giorno e varie ed eventuali proseguiremo per l'ala sud, li incontreremo l'ampio salone dove ci sono le casse, da dietro quest'ultime troveremo una scalinata con al muro uno stemma scaligero, in quanto il direttore era di Verona, imboccheremo la scala che ci portera' direttamente al cavo', faremo saltare la porta con una bombola carta.
Eppoi sara' un gioco da ragazzi, una cosa importante, il gioco e' bello quando dura poco, ok?
Detti l'ordine e tutto ando' liscio.
Il galippio fu compiuto.

   0 commenti     di: Isaia Kwick


Il Colloquio

Quando scesi dalla macchina ero parecchio nervoso. E chi non lo sarebbe stato?!
Dopo tutto, in un momento di crisi del genere, per quale motivo un rispettabile gruppo come quello, seppur con gravi carenze di personale, avrebbe dovuto puntare su un uomo della mia età? Si è vero, avevo tra le mani un curriculum più che rispettabile, come se ne vedono pochi in giro di questi giorni, ma ero pur sempre un anziano. Mentre loro, quelli che sarebbero potuti essere di li a poco i miei colleghi, erano tutti molto giovani.
<<È ora di entrare>> pensai. Mi feci coraggio e dopo aver attraversato un imponente cancello, mi avviai verso l'entrata dell'edificio. Fu li che la mia ansia e la mia agitazione crebbero a dismisura: mi si presentò davanti una fila lunghissima. Nonchè una concorrenza grandissima. Lo spettro del rifiuto fece la sua comparsa. Iniziai a farmi mille domande sul perché avrebbero dovuto scegliere proprio me tra tutti quei candidati. <<Guarda quanti biondi dagli occhi azzurri che ci sono!>> pensavo. <<... io al contrario sono calvo, e si dice che la prima impressione conti più di tutto il resto! Oh no, sono spacciato...>>. Ero estremamente demoralizzato. Attesi. Il tempo sembrava non passare, così come la mia sensazione d'angoscia. Finalmente, dopo quella che sembrava un'eternità, riuscii ad arrivare alla "Zona Benvenuto", dove mi aspettavano tutti gli altri viscidi e sorridenti candidati, che sicuramente sarebbero ricorsi ai più subdoli imbrogli pur di accaparrarsi il posto. Una volta arrivati i restanti, ci raggiunse un uomo elegante, con una, concedetemi il termine, "surreale" barba bianca, che si presentò come Mr. Peter. <<Benvenuti a tutti voi, giovani, e non, di belle speranze. So che starete pensando tutti che sarà un'impresa assai ardua, ma con la fede e la speranza si può riuscire anche nel più impossibile degli intenti!>>.
<<La fa facile, lui...>>, pensai in quel momento. Si schiarì la voce con un colpo di tosse secco e continuò: <<B

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   0 commenti     di: Kloomb


Intreccio tra il bene e il male (quinta e ultima parte)

Questo aveva in mente Gaia e le sue preoccupazioni la portavano a cancellare uno sguardo di serenità, trasformandolo in un volto di sincera tristezza.
Nel pomeriggio aveva un appuntamento con Luca, verso le 16. 00 davanti alla fontana della piazza e così vi arrivò puntuale e carina come al solito, lui la fece aspettare un po' e quando arrivò, si sedettero qualche minuto sul bordo della fontana, che spruzzava acqua limpida, per scambiarsi qualche parola e giustificarsi del ritardo. Poi andarono a comprare un gelato e passeggiando se lo gustarono.
Nonostante la sua compagnia, la mente tornava sempre a ricordare Michele e l'amore che provava per lui, soprattutto quando notava l'anello che non si era ancora sfilata dal dito. Lui la vide pensierosa e distratta così le prese il polso tirandolo violentemente e dicendole: "Ma non lo vuoi proprio scordare, allora te lo faccio dimenticare io rubandoti questo." Detto ciò prese l'anello e lei spaventata gli disse: "Ma cosa vuoi farne?" e lui rispose: "Lo rivenderò, come ho fatto con tutte le altre cose di mia nonna." Sentendo queste parole e capendo che l'aveva imbrogliata dentro di lei si risvegliò una tigre, era un vuoto di solitudine che lentamente si trasformò in rabbia, cercò di liberarsi e scappare, ma lui era troppo forte e più forzava più diventava violento intrappolandola totalmente.
Intanto Michele, che era nell'ufficio a lavorare come al solito, si accorse che dentro di lui c'era qualcosa di strano, come se sentisse le sofferenze di Gaia in lontananza. Sospirando dolcemente, si fermò un attimo per riposarsi e quando si avvicinò alla finestra, notò subito Gaia insieme a Luca. La scena era pericolosa perché le teneva le braccia bloccate dietro la schiena e le puntava un coltello alla gola, cercando di non farsi notare e minacciandola di non rivelare a nessuno ciò che aveva saputo. Michele cercò subito di raggiungerla per aiutarla, anche se non sapeva come. Appena si avvicinò alla porta arrivarono

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   10 commenti     di: sara zucchetti


Doppelganger

Il mio doppio, Innocent, abitava in una casa ristrutturata da poco in uno dei quartieri occidentali della città. La zona era gremita per lo più da nordafricani che avevano rilevato i negozi falliti e le botteghe artigiane.

Dopo avermi fatto entrare nel suo piccolo appartamento da chiromante, il doppelganger mi offrì una tisana alle erbe per distendere i nervi.

<Perchè sono nato, Innocent? Esiste una causa com'è giusto che sia?>
<Pensa a una porta, Vincent... l'uomo la costruisce per un motivo, essa deve separare due ambienti, in questa casa divide il mio studio da chiromante dalla sala di attesa. Così anche l'uomo nasce per separare due ambienti, il sogno e la realtà... ma se l'uomo viene spogliato della sua funzione (come una porta presa e gettata nel bosco) allora tutto si confonde e la razionalità si trasforma in un incubo, perde la sua connotazione reale.>

Innocent era perfettamente identico a me, tranne per la piccolissima cicatrice che segnava il suo labbro superiore.
<E quella?> domandai indicando il punto in alto con l'indice della mia mano sinistra.
<Questa la porti da quando eri un bambino, ricordi? La mamma ti rincorreva sempre perchè rifiutavi il cibo.>

Compresi di essermi gettato nel bosco, non servivo da porta ma stavo sprecando la mia vita, non vedevo il confine tra sogno e realtà mentre il mio doppio se ne stava in una strana casa a fare il chiromante con una cicatrice che era la mia. Ad un certo punto i suoi occhi si misero a ruotare come se volessero uscire dalle orbite.
<Si chiama nistagmo e sta ad indicare che il tempo concessoci è finito, ora dovrai andartene e dimenticare il nostro incontro. Per qualche giorno non vedrai più la tua ombra fino a quando sentirai un pizzicore sul tuo labbro superiore.>

Così mi allontanai da quella casa e dal quartiere abitato da nordafricani curiosi che sembravano giocare a nascondino.

   0 commenti     di: vincent corbo


Un'esperienza indimenticabile

Quella mattina avevo preso il solito ascensore (quello intelligente!) ma anziché pigiare il quinto piano, premetti erroneamente il sesto.
Ero appena uscito dall'ascensore, quando immaginai davanti a me il brutto grugno della signora Torquemada che gesticolando mi ordinava di scendere al più presto. Ma l'eccitazione di stare al piano degli Dei, unitamente all'idea di fare arrabbiare la Santa Inquisizione, mi fecero resistere e quindi avanzai lungo il corridoio scarsamente illuminato.
Avevo fatto pochi passi ed il silenzio era interrotto di tanto in tanto dalla donna delle pulizie che si muoveva chiassosamente, sicura che a quell'ora di primo mattino non ci fosse nessuno. Quasi misteriosamente mi trovai davanti alla porta dell'ufficio del Dirigente capo, colui che comandava tutto e che nessuno di noi, inquilini del piano inferiore aveva mai incontrato.
Capii che quello era un segno del destino. Forse la mia vita lavorativa e non, sarebbe dipesa dagli attimi successivi. Bussai. Attesi un poco, poi mi parve di udire un sommesso: "Avanti!". Nell'istante in cui pigiai il pulsante centrale della maniglia, mi sentii per la prima volta come un romeno o un albanese che viola una villa isolata del Nord.
Dunque, anch'io come uno di loro, potevo portare a termine il mio colpo!
"Dottor..." balbettai, poi l'emozione mi bloccò.
Lui era lì: ben vestito, seduto al suo posto con i capelli lunghi e grigi, mentre un paio di occhiali da sole gli coprivano gran parte del viso. Mi feci coraggio e ripresi: "Dottore... ero troppo curioso di conoscerla. Qualcuno sostiene che lei nemmeno esista! Invece io la vedo benissimo!".
Pensai che dopo la mia battuta, Lui scoppiasse a ridere. Ma Lui non rise, né disse nulla. E a dire il vero cominciai a sentirmi in imbarazzo.
"Forse ho esagerato, anzi senza il forse. Sicuramente le sto dando troppa confidenza, Dottore. Ci rivedremo in un'altra occasione..." dissi.
E mentre stavo per abbandonare l'ufficio, mi accorsi che la testa del

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   2 commenti     di: Fabio Mancini



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