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Racconti surreale

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L'ombra

La telefonata di Filippo fu davvero inaspettata, tanto che ripetei più volte "Filippo chi?" alla cornetta.
"Nicola, come non mi riconosci? Sono Filippo, il tuo compagno di banco al professionale!"
"Filippo...? Ah sì! Che stonato che sono! Caspita, è una vita che non ci sentiamo, come stai?"
In effetti dopo le prime battute avevo riconosciuto la voce di quello che per tre anni aveva condiviso il banco con me alle scuole professionali. Dopo la qualifica io avevo continuato fino al diploma e lui, invece, aveva lasciato prendendo la qualifica. Dopo l'estate si era trasferito con la famiglia in un'altra città seguendo il padre appuntato dei carabinieri. Da allora non lo avevo più visto e nemmeno sentito, di lui avevo ricevuto sporadiche notizie da conoscenze comuni secondo cui si era messo a fare il meccanico aprendo un'officina con un socio.
"Nicola mio, che piacere mi fa sentirti dopo tanti anni, quanti sono, venticinque?"
"Uno in più Filippo, ventisei, per la precisione. Ma dimmi un po' cos'hai fatto in tutto questo tempo?"
"Lavoro, caro mio, lavoro e sempre lavoro"
"Si, ho saputo che hai un'officina meccanica dalle parti di l'Aquila"
"Beh sì, in effetti fino a sei mesi fa, poi mi sono trasferito"
"Ah sì, dove?"
"Qui, Nicola, sono ritornato a casa!" afferma ridacchiando.
"Sei qui da sei mesi? Possibile che non lo abbia saputo?"
"Sì, ho comprato un'autofficina qui in città, ti ricordi dov'era il gommista della Pirelli? Ebbene ho comprato il locale e adesso ho un'officina tutta mia"
"Non lo sapevo, ma sai è dall'altra parte della città ed è una zona che bazzico raramente. Da sei mesi, hai detto? E ti vanno bene le cose?"
"Alla grande Nicola, alla grande. Sai, volevo chiamarti appena tornato ma sono stato preso fino al collo e solo adesso ho trovato il tempo di farlo. Fortuna che hai ancora il tuo vecchio numero di casa"
"Sì, non l'ho cambiato, ma dimmi come stai in salute, hai famiglia, figli?"
"Sono un uccello libero Nicò, tu, invece ho s

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La casa gialla è in fondo alla via

Una donna sulla cinquantina con un paio di cesoie da giardino le indicò la strada: “La casa gialla è in fondo alla via! ”
Miranda alzò una mano.
“La ringrazio! ”
Tirò su il finestrino della Jeep e avanzò lungo la strada.
Quel posto non la metteva particolarmente a suo agio, ma lo trovava ideale per il suo lavoro.
In fondo sarebbe dovuta rimanere lì solo il tempo necessario per la stesura del libro che il suo agente le aveva imposto di scrivere.
L’annuncio l’aveva letto sul giornale locale, e le era parsa un’idea fattibile. Poteva permettersi molto di più, dati i risultati delle vendite dei suoi libri, ma non era una megalomane e credeva fermamente che la semplicità fosse una delle virtù più importanti.
Diede uno sguardo al biglietto che teneva in mano e fissò l’abitazione. L’annuncio aveva attirato la sua attenzione nel momento in cui aveva messo gli occhi sul giornale.
“Affittasi abitazione in Via dei Ciliegi, due piani, ammobiliata, euro 200 al mese”.
Parcheggiò l’auto e scese. Una casa gialla non la vedeva da quando sua madre le aveva mostrato quella nella quale abitava da ragazza.
Scese ad osservarla. Le chiavi le erano state consegnate dall’agenzia. Aprì il cancelletto, e diede un’occhiata al giardino. Piccolo ma ben tenuto per essere un terreno che non riceveva cure da più di tre anni. Salì i tre gradini in pietra, ed inserì la chiave nella serratura. Poi spalancò la porta.
L’interno si presentava buio. Entrò e si richiuse la porta alle spalle. Tastò il muro in cerca dell’interruttore ma quando lo cliccò, la luce non si accese.
Allora riaprì la porta per farsi strada verso le finestre. Quando spalancò le imposte, vide l’interno. I mobili erano stati coperti con delle lenzuola bianche. Il posto era bello e anche se doveva soggiornarvi per poco, fu felice della scelta che aveva intrapreso.
Dopo aver disfatto le valige, e dopo cena, decise di mettersi già a lavoro.
Aveva preso post

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   7 commenti     di: Roberta P.


Una giornata di m... a

Oggi mi gira i coglioni, i vigili mi hanno fatto una multa ingiusta, un cambio di corsia su un viale senza aver messo la freccia, non son mica un indiano, come se non bastasse sono andato al supermercato e alla cassa mi hanno fatto uno scontrino, cosi' adesso ho anche l'automobile ammaccata.
Una giornata no, no? No e basta? Mi son comprato fagioli con la pasta e me li son fatti per cena, per cena i fagioli? Si ho voluto terminare la giornata come era iniziata, di merda.

   3 commenti     di: Isaia Kwick


Cedesi attività ben avviata località Lapponia

Quando la porta si spalancò, all'interno della piccola sala del pub di Korvatunturi calò il silenzio, nessuno poteva immaginare che a varcare quella soglia fosse proprio lui. Viveva in una casetta in legno poco distante e pochissime persone avevano avuto il privilegio di vederlo in carne ed ossa anche se, la notte del 24 Dicembre, tutti potevano sentire la sua slitta librarsi in volo.

Rimase fermo sull'uscio per scrollarsi di dosso la neve ma, quando vide che tutti gli occhi erano puntati su di lui, la sua voce inondò l'intera stanza - "Beh, che avete da guardare?" - e si diresse verso gli sgabelli vuoti davanti al bancone di legno - "Ciao Joonas, ne è passato di tempo dall'ultima volta; portami una bottiglia di Koskenkorva e, se vuoi favorire, due bicchieri" - non aggiunse altro, prese il necessario dalle tasche e si mise a caricare una pipa.
"Si grazie sto bene ed anche la mia famiglia; sono felice che con il passare del tempo non abbia perso le buone maniere" - Joonas, sarcastico, finì la frase guardando negli occhi il suo vecchio amico - "Eccoti la bottiglia vecchio caprone" - disse versando due bicchieri. Riempiti alzò il suo verso l'alto, Nicolaus lo imitò, i bicchieri suonarono e li svuotarono - "ho già capito, dammi il tempo di cacciarli e ritorno da te, tu intanto non scolarti la bottiglia da solo" - e andò a suonare la campanella di chiusura. Dopo pochi minuti anche l'ultimo avventore aveva salutato, nessuno di loro si stupì di trovare un paio di renne appena fuori la porta.

"Insomma, a cosa devo l'onore?" - Joonas e Nicolaus si conoscevano da più di cinquant'anni, sapeva che il suo amico lasciava la propria casa solo in casi di emergenza.
"Ho deciso, vendo, lo spirito del Natale sta finendo" - quasi gridò Nicolaus cacciando dalla tasca un foglio stropicciato - "leggi questa, mi è appena arrivata. Questa volta non ci ripenso, vendo ai cinesi" - il suo vocione si perdeva nella sala ormai vuota.
Joonas prese il foglio e lesse ad alta

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Breve storia dei cinque non-sensi

Un giorno inaspettatamente furono rapiti i cinque uomini più importanti della Terra. Ognuno di loro rappresentava un continente. Non si sa bene perché fossero stati presi, forse tutto era stato organizzato da alcuni scienziati emarginati dalla scienza ufficiale; ma questo non è certo, i giornali non diedero notizie approfondite sulle cause.
Fatto sta che questi luminari decisero di fare degli esperimenti giudicati successivamente troppo cruenti, cinici, invasivi, qualcuno li definì anche come frutto di pura goliardia. Chiusi in uno stanzino ultratecnologico provvisto di dispositivi video, audio e ultrastimolanti, gli scienziati emarginati decisero che i cinque uomini, presi forzatamente, dovessero usare uno solo dei cinque sensi in loro possesso.
I cinque potenti della terra furono rinchiusi in un bunker sotterraneo per un mese intero; gli scienziati avrebbero studiato gli effetti dell'uso prolungato di un solo senso talmente prolungato da divenire un non-senso. Questa storia è stata resa pubblica molti anni dopo l'effettivo svolgimento degli esperimenti soprattutto dopo l'irreperibilità degli scienziati già emarginati e dopo che i cinque uomini furono restituiti, non si sa come, alla vita di tutti i giorni.

I non-senso: la vista - l'uomo orientale
Un famoso e importante diplomatico orientale, di nome X, fu rapito durante il viaggio Pechino-Mosca. Vestito di tutto punto in un blu vellutato, forse solo la cravatta troppo grande lo faceva apparire minuscolo e incredibilmente un facile bersaglio. Il piccolo asiatico era un uomo che guardava il paesaggio dal finestrino di un treno veloce: in questa posizione fu deportato nel bunker degli scienziati già emarginati. Quel minuscolo essere si trovava nella condizione di essere il primo fra i rapiti, un privilegio questo che gli scienziati si sentirono di ripagare decidendo quale dei cinque sensi lasciare a lui attivo. Dopo un veloce conciliabolo, macchiato di chiazze di caffè e cenere nicotinica sul pavimento

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La ragazza dalla pelle color latte

Le luci si accendono su un enorme salone bianco, immacolato, asettico. La ragazza dalla pelle color latte avanza con passo deciso e sguardo da pazza, scalza, con i piedi tagliuzzati.


Ha una scure in mano. Una scure dalla lama nera e scintillante.
Davanti a lei un'enorme palla fatta di roselline di cartapesta messe assieme. La colpisce con la scure: una, due, tre, mille volte... si accanisce contro di essa.

È un attimo e la luce va via di colpo, improvvisamente, così com'era venuta. La ragazza con la pelle color latte rimane sola al buio con i suoi pensieri. Ora è tutto perduto. Ora che finalmente ha preso la consapevolezza in mano che lui non è mai esistito. Che per anni ha solo amato una chimera, che ha inseguito, per niente, lo stupido riverbero di un sogno marcio.

Anche se non la vede, nell'oscurità, sente un qualcosa pulsare. Sente un odore fortissimo, una puzza. Anche se non la vede sa che si tratta di un'enorme pozza di sangue, la sua pozza di sangue. Il cuore gli è imploso dentro. È un'emorragia d'amore, babe!

E in tanta oscurità una luce in fondo al tunnel. In fondo lei lo sa di essere ancora donna, ancora viva! Nella flebile luce, ansimante per lo sforzo appena compiuto, la ragazza dalla pelle color latte, osserva compiaciuta quello che resta della sua palla di cartapesta.

Solo che adesso non sente più il cuore battergli nel petto. Ma nemmeno questo è un problema, del resto lei lo sa che è stata lìlì per morire di noia.

E ora non esiste più niente, solo eco di bugie, promesse mantenute solo a metà o niente affatto. Rimangono solo i brandelli del suo sogno a forma di gigantesca palla e un ghigno sul suo bel volto dai lineamenti delicati...

   5 commenti     di: frivolous b.


Ubriaco di parole

Quella sera avevo sorseggiato interi periodi di Dostoevskij puro e non contento avevo continuato la serata con cocktails a base di De Lillo, Yourcenar e zucchero di Calvino tanto che a fine serata ero stravolto.

Avevo cominciato ad esibirmi in Esercizi di stile per poi proseguire in un pubblico Autodafè. Non sapevo se mi sentivo più un perfetto Idiota o piuttosto uno Straniero, fatto sta che sapevo di star inscenando un' Opera da tre soldi e questo non mi procurava fastidio alcuno.
Anzi, mi sentivo proprio Come una bestia feroce in un Giardino dei ciliegi. A quanti mi accusavano di essere un Uomo senza qualità sprezzante rispondevo di Malavoglia che piuttosto mi sentivo Un eroe del nostro tempo e che solo Le Anime morte di coloro che mi stavano intorno non riuscivano a comprenderlo.
Sproloquiando mi lamentavo della Vergogna che provavo ad essere circondato da Uomini e topi, da Povera gente che mi faceva Il Processo solo perché mi vedevano Triste, solitario y final. Io invece mi sentivo felice come un Cacciatore di aquiloni su una Montagna incantata con La luna e i Falò.

La Noia che provavo in quel momento e Il grande sonno che infine si era impadronito di me non mi impedirono di concedermi un ultimo cocktail ai Fiori Blu. Questo fu la fine perché sopraffatto dalLa Nausea cominciai a vomitare Sulla strada parole a più non posso, parole come queste.

   9 commenti     di: babelez.



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