username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Racconti surreale

Pagine: 1234... ultimatutte

Morte a Palazzo

"Che ne pensi di questo?" , disse la Signora, dall'alto del suo trono nel salone.
"È perfetto", risposi io, immediatamente. D'altronde non potevo fare altro. Ero rimasto completamente ammaliato da lei, sin dal primo giorno. Ricordo ancora quella sera di ottobre, quando, dopo una forsennata ricerca di riparo, dopo mille porte in faccia, lei mi aprì. Vestita di nero, la Signora mi accolse con un timido sorriso e mi offrì un posto dove stare, un pasto caldo e un letto per la notte. Sono passati ormai anni da quel giorno, ma il fascino della sua veste succinta, dei suoi lucidi stivali neri, non mi ha mai abbandonato. Scrollandosi di dosso la sua giacca di pelle, si avvicinò verso di me. Spalle nude, bocca di un rosso violento, mi baciò sulla bocca quattro volte. Mi toccavo le labbra, non mi rendevo ancora conto di cosa stesse succedendo. Scandendo il tempo con il rumore dei suoi tacchi la Signora tornò a sedersi, e un attimo prima di arrivare al trono, si girò nuovamente verso di me. Mi sorrise di nuovo, come la prima volta.
"grazie, sei fantastico. Credo di amarti, lo sai?".
"V-veramente? D-dice davvero?". Balbettavo, eccome se balbettavo. La mia padrona che dice di amarmi, non l'avrei mai pensato.
"dico sul serio. Mi fai sentire davvero bene. Ah, poi sei proprio carino. Lo sai che da quando stiamo insieme tutte le mie amiche mi fanno i complimenti?"
Insieme? Io e Lei? E da quando? Non me l'aveva mai detto prima d'ora. Però a me andava bene. Bastava guardarla un secondo per non capirci più niente. Non ero mai stato così felice in vita mia. Avevo avuto altre storie in giovinezza, ma erano state storielle da niente, frequentazioni che finivano dopo un mese al massimo. Ora mi sentivo veramente innamorato, e le uniche parole che mi uscirono dalla bocca furono queste:
"TI AMO"
Lei chinò la testa, poi si rivolse ancora a me baciandomi a distanza. Si rimise a leggere la sua rivista in silenzio, nella penombra della sua grande nicchia. Io mi addormentai di

[continua a leggere...]

   0 commenti     di: Andrea


Quello che ho visto... racconto

Un cavallo un po' bianco, un po' marrone chiaro, bello, grosso e alto, è mio, insieme a tanto, tanto terreno da arare, da lavorare, il cavallo non ha aratro, non ha briglie, non ha sella, non ha niente da trainare, però lavora al mio comando, poi io ho in mano la frusta, e tanta, ma tanta preoccupazione, di non finire in tempo il lavoro perché rendesse il massimo di quello che la terra può dare, allora ho cominciato a frustare il cavallo, sento ancora adesso il fischio delle frustate sulla sua groppa, perché andasse più veloce, il grande animale ha resistito per un po', a tratti si gira come volesse supplicarmi di non picchiare più, ma io sono rimasto impassibile ed ho continuato il mio interesse, poi quando è arrivato sopra il colle e di li comincia la discesa, ha girato la testa, guardandomi con i suoi grandi occhi e con una specie di nitrito, quasi vuole dirmi: " Non c'è la faccio più", è crollato a terra. Io sono crollato con lui, ma per la disperazione, non per la fatica, preoccupato di non finire i lavori e perdendo così il massimo della resa, sono solo nella solitudine disperata. Ho alzato un po' lo sguardo, ho visto una specie di bosco ma non è un bosco, sembra il letto di un ruscello in secca ma non è un ruscello, guardo un poco più in alto, vedo un grosso bruco di colore rosa e bianco, salendo con lo sguardo il percorso immaginario dell'inesistente rio, vedo un altro bruco dello stesso colore ma più grande del primo, penso di trovarmi al circo nel bosco, all'improvviso mi sento in compagnia di altre persone che non vedo, ma io sono il Cicerone di quel luogo naturale, incantato, allora comincio a raccontare le meraviglie di quel posto, pensate, dicevo, basta passare vicino al bruco e chiedere un paio di mucche, ti saranno date, no non è una fiaba, perché qui finisce il mio lavoro da Cicerone io ho avuto le mucche per finire il lavoro nei campi, pensate sono così brave e ben ammaestrate che non c'è bisogno della mia presenza, i lavori li

[continua a leggere...]



La ragazzina

Sul lago regna il silenzio; lo specchio d'acqua è immerso in un'atmosfera di assoluta serenità. Incastonato tra la superstrada - da cui solo molto raramente si ferma qualche macchina - e le cave di marmo, a un'altitudine abbastanza elevata, ci si può semplicemente sedere su una panchina e pensare che il tempo si sia fermato. Tutto scorre lentamente, è un piacere avere l'impressione che ogni cosa o ogni persona rallentano il loro movimento consueto, perché le si possa osservare con calma, attentamente, profondamente.
Anche Franco era dovuto uscire dalla superstrada, per entrare nello stretto parcheggio e scendere le scale di legno adagiate sul poggio, fino a raggiungere il prato che avvolge nel suo fresco e incontaminato abbraccio il grande specchio d'acqua. Chi lo aveva chiamato per dargli appuntamento in quel luogo voleva la certezza di non essere visto. La voce di quella strana telefonata, durante cui gli era stato solamente detto che avrebbe dovuto trovarsi lì alle quindici in punto, a Franco era sembrata appartenere a una donna - questa era la ragione essenziale che lo aveva spinto ad accettare -, una voce con un suono falso, come se chi stava parlando cercasse di alterare il tono.
Ormai era fatta. Franco era giunto fin lì, a oltre mille metri di altitudine, di giugno, appena terminate le scuole, proprio nel momento in cui iniziava il suo riposo estivo, in anticipo rispetto al mondo dei miseri mortali. Infatti nel suo lavoro di docente non deve ma fare mai la maturità, avendo solo il biennio termina il suo lavoro con gli scrutini di metà giugno e si concede al lungo riposo, dicano quello che vogliono i benpensanti del popolo. Una telefonata da una donna è l'ideale per dare il via nel miglior modo possibile alle vacanze estive, per un uomo senza legami amorosi, attaccato a una madre anziana, senza alcun obbligo con nessun'altra persona.
Da molti anni ormai la sua vita aveva preso una svolta verso la solitudine. I passati fidanzamenti erano ri

[continua a leggere...]



Ubriaco di parole

Quella sera avevo sorseggiato interi periodi di Dostoevskij puro e non contento avevo continuato la serata con cocktails a base di De Lillo, Yourcenar e zucchero di Calvino tanto che a fine serata ero stravolto.

Avevo cominciato ad esibirmi in Esercizi di stile per poi proseguire in un pubblico Autodafè. Non sapevo se mi sentivo più un perfetto Idiota o piuttosto uno Straniero, fatto sta che sapevo di star inscenando un' Opera da tre soldi e questo non mi procurava fastidio alcuno.
Anzi, mi sentivo proprio Come una bestia feroce in un Giardino dei ciliegi. A quanti mi accusavano di essere un Uomo senza qualità sprezzante rispondevo di Malavoglia che piuttosto mi sentivo Un eroe del nostro tempo e che solo Le Anime morte di coloro che mi stavano intorno non riuscivano a comprenderlo.
Sproloquiando mi lamentavo della Vergogna che provavo ad essere circondato da Uomini e topi, da Povera gente che mi faceva Il Processo solo perché mi vedevano Triste, solitario y final. Io invece mi sentivo felice come un Cacciatore di aquiloni su una Montagna incantata con La luna e i Falò.

La Noia che provavo in quel momento e Il grande sonno che infine si era impadronito di me non mi impedirono di concedermi un ultimo cocktail ai Fiori Blu. Questo fu la fine perché sopraffatto dalLa Nausea cominciai a vomitare Sulla strada parole a più non posso, parole come queste.

   9 commenti     di: babelez.


Il contrabbasso non passava dalla porta

Entrarono in bar due musicisti
Il primo era un tipo smilzo, asciutto, sgangherato, portava un cappello di lana cotta, come si usava un po' di anni prima. Si poteva definire un cimelio da museo, e non parlo solo del cappello: mi riferisco a tutto quello strano personaggio.
L'altro era semplicemente grasso.
Si sedettero al tavolo sotto alla finestra e incominciarono a parlare.
barista: cosa vi porto?
il primo: acqua con ghiaccio
il secondo: un caffè e un bicchiere d'acqua.
Mi sarei aspettato di trovare due motori a scoppio vecchio stampo, da whisky e benzina, ma purtroppo non superavano i consumi di un monopattino.
il primo: sono a secco di soldi caro mio.
il secondo: non si trova piu tanta gente disposta a pagare il prezzo che la buona musica costa.
il primo: già le radio invece non avanzano tante pretese: le piazzi lì, le dai da mangiare un po' di corrente e si accontentano ogni tanto una qualche carezza alla sintonia.
il secondo: concorrenza sleale.
il primo:sai qual'è un altro problema grosso di noi contrabbassisti? le porte.
Il contrabbasso non passa mai dalle porte: sono sempre troppo strette e lui sempre troppo largo;
è una discriminazione naturale allo strumento, come se involontariamente gli edifici si facessero scudo dal suo suono.
il secondo:ma non suona mica male... lui..
il primo:effettivamente nemmeno gli edifici hanno orecchie per sentirlo.
il primo: seriamente, non so più che cosa dare da mangiare alla mia famiglia
il secondo:è una brutta faccenda
il primo:abbiamo talento ma siamo poveri
il secondo: credo che sia colpa di questo secolo che è arrivato e ha spinto via tutti quelli che erano rimasti aggrappati a quello vecchio. Un bel colpo di spugna, il progresso.. Beh, sono arrivate tante cose belle con lui, ma nessuno le aveva chieste. Voglio dire, come se entri in un bar e ti portano una bottiglia di champagne senza averla ordinata: a nessuno fa schifo lo champagne, ma c'è chi può pagarla e chi è costretto a rif

[continua a leggere...]



Il Politico

Vent'anni fa fui invitato ad una cena conviviale da un amico. C'erano tutte persone importanti: c'era il sindaco del paese, il notaio, alcuni primari dell'ospedale. Insomma c'era l'elite del paese al completo. Per lubrificare il discorso tracannai alcuni bicchieri di vino buono, e, dopo alcuni minuti, mi misi a parlare confidenzialmente con tutti. Il discorso prendeva le pieghe più varie e strane, senza mai toccare temi che potessero infastidire qualche ospite importante. Ricordo che, ad un certo punto si stava valutando quanto dovevano essere lunghe le gambe di un uomo. Fu allora, che, aiutato dal vino, e voglioso di mettermi in luce, dissi con voce stentorea: " Le gambe di un uomo dovrebbero essere lunghe tanto da consentirgli di arrivare fino a terra; in altre parole tanto lunghe da collegare il busto al terreno.". Tutti mi guardarono stupiti come fossi stato un imbecille, qualche signora sembrava addirittura contrariata per il mio vociare poco educato, ma improvvisamente avvenne il miracolo. L'onorevole Ferratoni, l'unico politico e l'ospite più importante della compagnia, scoppiò in una sonora risata. Tutti cambiarono atteggiamento nei miei riguardi. Il geometra comunale Amleto Pancaldo si congratulò con me e mi diede una pacca sulla spalla: " Bravo" mi disse " si vede che sei un uomo di mondo.". Le signore cominciarono a sorridermi, il ragionier Frattini mi versò ancora da bere, e, il sindaco in persona, mi disse di passare in municipio il giorno dopo. Il meccanico Benfanti mi chiese sussurrando se potevo raccomandare suo figlio per un posto in comune: " Si è laureato in ingegneria a pieni voti" mi disse- " Ma, sai com'è, il giorno d'oggi una buona parola può essere più importante di tanti pezzi di carta.". Non so come, ma mi trovai anche tra le mani un bigliettino profumato, dove mi si chiedeva di andare ad un appuntamento misterioso. Ero divenuto improvvisamente un uomo di successo. Mia moglie, come il solito invidiosa, mi disse subito: " Non ti mo

[continua a leggere...]



... e se un giorno incontrassi Gesù?

Me lo sono sempre domandato: come mi comporterei?

Ci hanno insegnato che a Dio bisognerebbe dare del voi; ci hanno sempre fatto conoscere quel Dio di giustizia del Vecchio Testamento che, diciamolo francamente, ancora oggi incute un po' di timore nel credente: Quello dell'Occhio per occhio"...; ci hanno insegnato di rivolgerci a Lui con adorazione e devozione.
E, come se non bastasse, ci hanno sempre detto che Dio non Lo si può guardare in viso...

Ma cosa vuol dire adorazione e devozione? Vuole forse dire inginocchiarsi carponi, baciarGli i piedi e implorare?

Io, che sto cercando di vivere il Nuovo Testamento, così lontano dal Vecchio, ho conosciuto e amo quel Dio di Misericordia che tutto sostiene; quel Dio che si è fatto Uomo per sapere cosa affligge il genere umano, per provare di Persona cosa questo mondo offre nelle sue meschinità, nei suoi compromessi, nel dolore d'una agonia terminale, nelle violenze giornaliere d'ogni tipo, nelle assurde battaglie quotidiane per un pezzo di rispetto... quel rispetto che dovrebbe essere l'"alfa " e l'"omega" del reciproco rapporto interpersonale.

Questo è il Dio che conosco: quel Dio che se m'apparisse strada facendo nel mio tormentato cammino, come penso quello di molti, non mi butterei ai suoi Piedi, non Lo ossequierei come si fa con un dio pagano, non Lo adorerei come insegnano i suoi ministri di culto, ma gli butterei le braccia al collo e Lo stringerei forte come farei con il mio amico più caro...

E sono sicuro che in questo mio contegno apparentemente impertinente, come si fa fra veri amici, con una strizzatina d'occhio anche Lui sarà felice di spogliarsi di quel certo contegno pari alla fama che gli hanno costruito attorno, e appoggiandomi il braccio attorno al collo valicheremmo unitamente quel tratto di strada, che ancora ci separa, facendomi raccontare quelle barzellette che, irriverente, e a volte anche un po' blasfemo, ho sempre detto su di Lui per riderne assieme.

Poi, parl

[continua a leggere...]

   29 commenti     di: Bruno Briasco



Pagine: 1234... ultimatutte



Cerca tra le opere

La pagina riporta i titoli delle opere presenti nella categoria Surreale.