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Racconti surreale

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Ossigeno al fuoco

Le ho chiesto di sposarmi, avrei voluto farlo per la meraviglia di essere per sempre, la meraviglia dell'inganno.
"Ma riesci a immaginarlo?" dissi, quasi assente naufrago in un mare dove milioni di pesci erano i miei pensieri.
"Mi vestirò di bianco." Mi rispose con gli occhi lucidi di lacrime discrete e vere.
Decidemmo la data e fu come ossigeno al fuoco nell'immutabile bruciare del tempo.
Autunno, nel colore dei viali di foglie cadute, ad accompagnarmi mia sorella al mio fianco, incontro alla mia promessa.
I suoi passi non spostano una foglia, leggera, in armonia mi tiene la mano, la sento fresca, sicura, è come un bacio
li dove fa più male li dove solo lei sa salvare.
Il ricordo è di visi noti e cosmeticiabiti di mezza stagione ed io fermo in piedi, la sensazione delle mani ingombranti e sempre fuori posto, una smorfia che è il sorriso di nervi matti.
Ancora nessuno, io ancora in un mare di pensieri d'acqua.
Così passa un'ora che non ha ossigeno, che non respira finché ancora mia sorella, la mano fresca e perfetta come rami di seta viva protesi verso il sole mi riporta al movimento del corpo e dell'aria sul viso. Un finale senza alcun inizio.

   5 commenti     di: yuri deriu


Il Volo della Fenice

L'uomo era alto e così magro che sembrava sempre di profilo. La sua pelle era scura, le ossa sporgenti e gli occhi ardevano di un fuoco perpetuo che gli avevano regalato il soprannome di "Fenice".
Da Sao Tomè a Rio. Finalmente per lui, unico tuffatore della nazione, la soddisfazione della competizione olimpica. Doveva essere solo una partecipazione simbolica per entrare nella storia dello sport del suo piccolo paese.
Ultimo, ovviamente, dopo il primo tuffo, osò sul secondo l'inosabile. Quintuplo salto mortale e mezzo in avanti.
Voleva passare alla storia come l'unico che l'avesse tentato: riuscirci non era necessario.
Salendo la scaletta sentiva l'emozione che aumentava come la brezza dal basso verso la piattaforma della piscina con l'atlantico immenso di fronte. Sotto di lui non c'erano parole, soltanto rumori come voci sospese.
C'erano ora solo lui e l'oceano infinito.

Il vento caldo aumentava d'intensità. Aspettò ancora un momento e poi si lanciò nella storia.
Un due, tre, quattro, cinque... il vento fortissimo lo sosteneva nel suo sforzo rallentandone la discesa, permettendogli le evoluzioni previste dal tuffo impossibile.
Newton contro Eolo, gravità contro vento ascensionale con l'acqua in attesa del corpo leggero.
Davanti al suo paese, migliaia di sogni distante, ebbe il punteggio più alto mai visto in una gara di tuffi tra l'acclamazione del pubblico carioca.

Non volle esagerare e lasciò la gara dopo quel tuffo.
Si era spento il fuoco che gli ardeva negli occhi.



La battuta di caccia

Non caldo ma afa. Già da cinque giorni l'aria
irrespirabile flagellava il "divertimento" dei cacciatori
di frodo sulla collina.
"Ehi Dario, per poco non mi colpivi!"
L'uomo fu avvolto dal panico e con il cuore sottosopra si
precipitò verso il cugino.
Alex aveva solo 32 anni e mai si era avvicinato al pericolo
di una morte improvvisa.
"Non so proprio cosa possa essere successo... io..."ansimò l'uomo.
"Ho sentito il fischio del proiettile quasi dietro l'orecchio, come hai
fatto a non vedermi??"
"Non te lo so dire, davvero..." ma forse lo sapeva... da tempo non era
più lui da quando gli era stato diagnosticato un tumore benigno da
tenere sotto controllo e lui ogni tanto aveva timore di eventuali complicazioni.
La vita da allora gli divenne più precaria e aleatoria, lui che di solito
cercava di fare progetti. Questo ad Alex non lo avrebbe mai rivelato, era il
suo nipote preferito... rifletteva del fatto che tutti possono essere egoisti
e sovrapporre i propri conflitti sopra quegli degli altri... in effetti
il proiettile mancò il bersaglio di pochissimo... brutto affare. Il ragazzo
sudava freddo ed era ancora sotto shock. Era solo alla sua terza battuta di
caccia e per lui questo non era altri che un passatempo... e per colpa dei suoi
"forse" infondati timori stava per compiere una tragedia.
Tornarono subito verso casa avvolti in un lugubre silenzio. La cena era pronta
e Normase ne stava già seduta. Era la madre di un cugino che anni fa fece perdere
le proprie tracce. Da llora la donna divenne sempre più malinconica e taciturna.
Del figlio non si ebbe più notizia, anche se il gesto era prevedibile da un tipo come
lui, affetto da turbe psichiche... un giorno decise di andarsene per sempre, dopo
una vita non facile in seno alla famiglia. La madre però non lo aveva dimenticato
anche se ci litigava spesso per via della sua instabilità.
La cena si svolse in assoluta silenziosità. Nessuno, per i propri motivi, a

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   0 commenti     di: Linda Tonello


Genesio racconta

Non nevicava più, però quella sera incrociai pochi passanti e ognuno mi superava frettoloso nonostante il ghiaccio avesse trasformato gli Champs Elisées, come le altre strade di Parigi, in una lastra di olio.
Il freddo pungente non mutava la mia andatura lenta, tanto che mi fermai sotto la smorta luce del lampione a guardare la locandina del teatro la Renaissance che annunciava Sarah Bernardt in La dame aux camelias. Tuttavia quando svoltai in Rue Royale quasi rimpiansi di essermi fatto lasciare dalla carrozza così lontano, per cui entrando da Maxim's mi sentii risollevato.
Il maitre mi accolse con la solita deferenza e intanto che mi accompagnava al tavolo, mi disse: "Voi, siete il primo della brigata". Il principio d'irritazione che mi attraversò (di regola, mi presentavo in ritardo) si dissolse vedendo apparecchiato per cinque.
Mi sentii onorato, gratificato avrebbe espresso in modo più preciso la sensazione che provai ma a quell'epoca la parola non veniva usata, constatare che il buon Alain mi aveva incluso nel suo ristretto gruppo di amici carissimi e m'intrigava conoscere gli altri che si sarebbero seduti al tavolo.
Passò qualche minuto appena, che parte della mia curiosità fu soddisfatta: entrarono Jean e Guy. Di frequente al Club, incontravo quei miei coetanei un po' eccentrici: due dandy trentottenni con cui mi trovavo a mio agio, anche se la loro ricercata eleganza non poteva competere col mio stile eclettico.
I consueti convenevoli stavano uscendo dalle nostre bocche, allorché comparve il buon Alain con al braccio una donna bellissima.
Quella splendida quarantenne, mi rapii. Il suo corpo effondeva raffinatezza a cominciare dal serico abito color pesca, al florido decolleté ornato da una collana di smeraldi, ai verdi occhi incastonati in un ovale perfetto, ai capelli biondi raccolti dietro la nuca.
Tossicchiavo per nascondere la mia sorpresa di avere a portata di mano tanta armonia ma la mia esultanza scomparve quando il buon Alain

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Un giorno vedrai

Era una bellissima giornata d'estate; il lago era riscaldato dal sole che risplendeva e i fiori colorati sul prato profumavano che era una meraviglia, ma lei camminando da sola pensava alla sua triste vita noiosa.
Era una ragazza di diciotto anni di nome FIORDILUNA, viveva in una casa vicino al parco e così portava spesso la sua cagnolina lì a passeggiare, le voleva molto bene ed era l'unica che l'ascoltava piangere con dispiacere, ma purtroppo era un cane e i cani non parlano. Fiordiluna desiderava tanto sentire i suoi pensieri quando lei la guardava con gli occhi teneri e profondi. In quel momento sentì che stava arrivando un temporale, così corse subito a casa per non bagnarsi. A casa si annoiava, aiutò la sua mamma e finalmente il temporale finì, terminarono anche i lavori e visto che c'era il sole, decisero di partire: Fiordiluna, i suoi fratelli e i suoi genitori andarono al mare e iniziarono così le vacanze.
Al mare Fiordiluna si divertiva a fare il bagno, l'acqua era limpida, azzurra e fresca, all'improvviso vide un pesciolino, si avvicinò, ma lui non scappò. Gli disse: " vorresti esplorare il mare con me e conoscere una sirenetta?" Fiordiluna accettò, così andarono sott'acqua e iniziarono l'avventura.
"Che bello stare in fondo al mare!"Vide tanti tipi di pesci che gli sorrisero dolcemente e finalmente arrivarono al castello reale, lì poté conoscere una graziosa sirenetta che aveva una voce meravigliosa, vide lo spettacolo e la sentì cantare. Poi però dovette risalire alla superficie perché la sua mamma, preoccupata, la stava cercando e vedendola si calmò; Fiordiluna salutò il simpatico pesciolino ringraziandolo.
Ad un certo punto vide una barca con un uomo che, con la mano, le faceva segno di raggiungerlo, così si avvicinò e una luce abbagliante le fece chiudere gli occhi, quando li riaprì, vide davanti a sé proprio lui, il suo migliore amico GESU'. Solo lei lo poteva vedere e rimase molto sorpresa, perché era da tanto che deside

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   4 commenti     di: sara zucchetti


Royal il guerriero

Royal era un abitante di un villaggio molto ricco ma che un giorno venne assaltato da zombie, scheletri armati di freccie e mostri verdi che esplodono chiamati crepeer.
Tutti morirono ma Royal riuscì a sopravvivere e giurò vendetta. Allora si armò di spada di diamante e cavallo. Così si dirisse verso il castello di Herobrine, il capo di tutti i mostri e dopo una battaglia a forze eguali, Herobrine venne sconfitto e da quel giorno regnò pace sulla terra, chiamata anche VITA

   1 commenti     di: vladimiro


Un'esperienza indimenticabile

Quella mattina avevo preso il solito ascensore (quello intelligente!) ma anziché pigiare il quinto piano, premetti erroneamente il sesto.
Ero appena uscito dall'ascensore, quando immaginai davanti a me il brutto grugno della signora Torquemada che gesticolando mi ordinava di scendere al più presto. Ma l'eccitazione di stare al piano degli Dei, unitamente all'idea di fare arrabbiare la Santa Inquisizione, mi fecero resistere e quindi avanzai lungo il corridoio scarsamente illuminato.
Avevo fatto pochi passi ed il silenzio era interrotto di tanto in tanto dalla donna delle pulizie che si muoveva chiassosamente, sicura che a quell'ora di primo mattino non ci fosse nessuno. Quasi misteriosamente mi trovai davanti alla porta dell'ufficio del Dirigente capo, colui che comandava tutto e che nessuno di noi, inquilini del piano inferiore aveva mai incontrato.
Capii che quello era un segno del destino. Forse la mia vita lavorativa e non, sarebbe dipesa dagli attimi successivi. Bussai. Attesi un poco, poi mi parve di udire un sommesso: "Avanti!". Nell'istante in cui pigiai il pulsante centrale della maniglia, mi sentii per la prima volta come un romeno o un albanese che viola una villa isolata del Nord.
Dunque, anch'io come uno di loro, potevo portare a termine il mio colpo!
"Dottor..." balbettai, poi l'emozione mi bloccò.
Lui era lì: ben vestito, seduto al suo posto con i capelli lunghi e grigi, mentre un paio di occhiali da sole gli coprivano gran parte del viso. Mi feci coraggio e ripresi: "Dottore... ero troppo curioso di conoscerla. Qualcuno sostiene che lei nemmeno esista! Invece io la vedo benissimo!".
Pensai che dopo la mia battuta, Lui scoppiasse a ridere. Ma Lui non rise, né disse nulla. E a dire il vero cominciai a sentirmi in imbarazzo.
"Forse ho esagerato, anzi senza il forse. Sicuramente le sto dando troppa confidenza, Dottore. Ci rivedremo in un'altra occasione..." dissi.
E mentre stavo per abbandonare l'ufficio, mi accorsi che la testa del

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   2 commenti     di: Fabio Mancini



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