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Racconti surreale

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Addio

Una mano la sfiorò.
Sentì il braccio scattare: era il momento di muoversi. Si abbassò lentamente e con delicatezza cercò un contatto. Non era più giovanissima, aveva compiuto quel percorso centinaia di volte; ma ogni volta le era sembrato diverso. A capo chino iniziò il suo giro, con un'andatura regolare. Le piaceva quell'occupazione: sentiva sprigionarsi energia vitale intorno a lei e le vibrazioni che trasmetteva parevano scaturire dalla sua testa. La strada andava restringendosi piano piano, ma sempre più; portava verso il centro: là, si sarebbe riposata. Qualche volta rimaneva pigramente inerte per un po', adagiata e immobile. Era sicura comunque che sarebbe tornata indietro e, affidandosi al suo braccio, avrebbe trovato il giusto appoggio. Quella era la sua strada e l'avrebbe solcata fino alla fine, senza incertezze. Ricordava ancora quel giorno in cui il figlio dei proprietari della casa, rientrato insieme ad alcuni amici, teneva in mano qualcosa e canticchiava. Erano tutti agitati ed euforici. Il ragazzo si era diretto subito verso di lei, l'aveva svegliata in modo deciso e aveva continuato a farla andare avanti e indietro per ore. Intorno a lei, nella stanza c'era trambusto e anche se non riusciva a decifrare bene le parole, le parve di sentir parlare di scarafaggi: la casa doveva essere stata invasa! Nonostante la stanchezza, a fine giornata si sentì soddisfatta: c'era un'energia positiva e lei, in qualche modo, se ne sentiva l'artefice. Aveva portato avanti il suo lavoro a lungo adeguandosi ad ogni ritmo, senza scontentare nessuno; ma era passato tanto tempo e il tempo, prima o poi, porta cambiamenti. Così un giorno una luce fortissima, accecante e precisa le si parò davanti con la forza della gioventù. Sicura e arrogante, decisa a combattere e a vincere. Lei era ancora capace di far sentire la sua voce ma, ormai anziana, si rese conto di essere entrata a far parte del passato: cedette il passo. Nessuno sentì più neanche un suo frus

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"Amore reale... da incontro... virtuale"

Ci siamo incontrati a metà strada, Firenze, appena due ore dalle nostre abituali dimore. Al casello di Firenze Nord, siamo scesi dalle auto, con il cuore che ci scoppiava in petto. Impacciati, come due adolescenti al loro primo giorno di scuola. E si che ne abbiamo di vita alle spalle. Ci siamo guardati, stretti la mano per i convenevoli; sembravano due pezzi di marmo, fredde, timorose.
Mi sei piaciuta subito, nel reale, più bella di quella foto stampata su messenger - Ciao... Michele! - Ciao... Margherita! - Pure la voce tradiva il nostro imbarazzo; ma forse era la piacevole constatazione che la persona che ci stava davanti, era più di quello che ci aspettassimo, andava oltre i nostri sogni. Siamo rimasti lì, impalati, con la mano nella mano, incapaci di staccarle; il contatto ci era piaciuto.
Dicono che lo stare bene di due corpi, è questione di pelle, e le nostre si scambiarono un grande brivido.
- Che facciamo? - Restiamo quì impalati? - Ridesti di cuore.
Restai affascinato dal tuo ridere. - Deve essere mia! - Pensai; anche tu lo pensasti, me lo confidasti dopo.
Lasciammo le auto in un parcheggio e ci incamminammo verso il centro. Parlavamo del più e del meno, argomenti futili; il mio solo pensiero era fare all'amore con te, forse pure il tuo.
Certo, sapevamo il perchè di quello incontro; ci accompagnava la voglia di noi.
Su Ponte Vecchio ti presi la mano, colsi un piccolo tremore nella tua.
Nel grazioso ristorante, seduti, uno di fronte all'altro, continuavamo a parlare del niente, con in mente solo il momento magico. Ogni gesto, ogni piccolo addentare cibo, era un assaporare parte di pelle e corpo dell'altro, in un voluttuoso e libidinoso gioco, che faceva crescere a dismisura il desiderio.
Chiamai il cameriere e sottovoce chiesi: - Avete una stanza per un pisolino dopo pranzo? - Quanti giorni vi fermate? - Oggi! - Forse anche domani! - Si! - Però dovreste essere precisi! - Intanto facciamo per oggi, poi vi facciamo saper

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   8 commenti     di: Ezio Grieco


Ulisse ( parte 2 )

Buio e silenzio, un calore rilassante, un materasso comodo, sdraiato ad occhi chiusi. Poi all' improvviso come per magia, il vento che mi scuote i capelli, l' odore dei pini e il rumore di acqua che cade violentemente sulle rocce: e aprendo gli occhi la luce di un sole Ke sembra appena sorto: " non mi ci abituerò mai a questo!. Dal buio al sole, dallo stare sdraiato sul letto nella propria stanza allo stare in equilibrio su un roccia in mezzo al fiume, che gran cosa la mente umana!
Per anni ho vissuto senza memoria, disprezzandomi per il mio carattere e la mi persona, ogni giorno mi chiedo come sia possibile che sia così cinico, freddo e menefreghista con tutto il mondo, tranne che con lei. Lei, l' unica che che sia riuscita a farmi esser me stesso...
Cercavo risposte, e all' orizzonte vidi un obelisco, " probabilmente è una città!" pensai. Così sapendo che in questa dimensione, in cui nulla è e tutto è lecito, spiccai il volo, volando al fianco delle aquile, sfidandole e guardandole dritto negli occhi.

   1 commenti     di: Daryl


Notte insonne

Notte insonne per David, si girava e rigirava nel letto. Il pigiama doveva essersi incagliato nelle lenzuola perché non riusciva a muoversi liberamente. Odiava i pigiami proprio per questo. Scese nel salone, erano esattamente le 00. 00 del 3/1/2008 accese la tv e seguì una trasmissione che parlava di ragazzi disadattati. Si parlava di alcuni stermini commessi da giovani fuori di testa. Riportavano l'esempio di come molti di questi amassero i videogiochi fps, dove il personaggio si ritrovava a dover sterminare quante piu persone possiblile. Ed è proprio qui che scattava la scintilla della follia, poichè il gioco e la morte si sfioravano e scaturivano in fatalità.
Dopodichè parlarono di un ragazzo che come David soffriva di allucinazioni uditive durante la notte. David lo ascoltò con occhi grandi. Questo ragazzo era ora rinchiuso in un manicomio dove gli veniva somministrata una grande quantità di risperidolo, farmaco comunemente adoperato per curare le psicosi. Dicevano che questi fosse un ragazzo intelligente, nonostante intrattenesse dei dialoghi con lucifero ed annessi diavoletti.
La trasmissione si concluse e David tornò a letto. Ora l'orologio segnava le 02. 00 del 3/3/2008. Queste cazzo di batterie!!! Dannazione!!!
La notte ebbe un incubo ; si alzava dal letto e andava in bagno, si guardava allo specchio e rideva, rideva. Crepava dal ridere, lo stomaco gli si contorceva, la mascella gli si tirava fino allo spasmo, l'orologio continuava a segnare le 00. 00 del 3/3/2008 e lui tornato in camera si ritrovava in una stanza con materassi sulle pareti e sul pavimento...

   1 commenti     di: Giulio


Paradiso all'alba

Parecchio che Marco non viaggiava in treno, meglio, così aveva tempo per pensare alla sua vita anche se lo faceva spesso, per rimanere, ancora una volta, con l’amaro in bocca.
Ma non si lamentava mai in modo eclatante. Certo, sarebbe stato bello se le cose fossero andate in un altro modo.
E poi oggi era una giornata diversa. Dopo aver consegnato i plichi al Ministero, aveva preso la pazza decisione di fermarsi alla Scuola Militare frequentata da ragazzo, quasi quaranta anni prima. Veramente una pazza idea, ma in fondo lui amava vivere di ricordi e quella Scuola era un piacevole ricordo di giovinezza.
Chissà perché, dondolato dal rumore del treno, gli era così dolce e congeniale ricordare tutta la sua vita.
Gli tornava puntuale alla mente il pensiero di non essersi fatto una famiglia. Gli sarebbe piaciuto tanto, una donna, dei bambini, ma non c’era mai riuscito. Non aveva mai provato e dentro di se ammetteva di non avere avuto coraggio, in questo come in altre cose.
Quando si era arruolato i suoi genitori erano ancora vivi, la famiglia unita, i parenti in armonia. Come era bello, quando tornava a casa, giovane, pieno di belle speranze, come erano belle le feste di Natale e Pasqua e quelle del Santo Patrono, tutti uniti, davanti alla chiesetta bianca che si affacciava sul mare!
Per non parlare dei battesimi, comunioni e cresime, dei matrimoni all’antica, che duravano una settimana, con le file di spiedi che arrostivano nei cortili e i vecchi che parlavano di cose memorabili! I nonni tenevano unita la famiglia. Morti loro, erano cominciati i primi screzi, i litigi fra zii e cugini sulla spartizione dei terreni, cause in tribunale, voltafaccia, smettere di rivolgersi anche la parola.
Ricordava i giorni che tornava in licenza, i genitori tristi, abbandonati dagli altri figli, che erano andati a trovare lavoro lontano, come lui. Ma lui tornava sempre a casa appena poteva.
Anche dopo che i suoi morirono. Tornava sempre e guardava con dolore l’e

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   3 commenti     di: alberto tosciri


Solo fuliggine

La famiglia Dormilla, lui, lei, la figlia, il figlio e il cane, andò al Multisupermegamercatotecnologicodituttelemarchedatuttoilmondo, poco fuori dalla megalopoli, un super iper mega mai visto Store. Un grattacielo per ogni settore merceologico: quello giallo delle Radio antiche, contemporane e in costruzione da ora al 2025, quello rosa dedicato a televisori antichi, contemporanei e in costruzine da ora al 2044, quello rosso infrarosso con Robot antichi, contemporanei e in costruzione da ora al 2057, di quelli che alcuni modelli ne vedi in giro di già e ti fanno un paiolo così. E ancora il grattacielo verde per telefoni antichi, contemporanei e in costruzione da ora fino al 2068, telfoni fissi, mobili (alcuni portatili ma davvero grandi come un mobile, per gente supermuscolosa) e soprammobili, l'intrasportabile portatile il telecomandato e quello che telecomanda, dal mare, ti prepara il caffè a casa, sperando di non registrare per sbagilio un film sit com americano che di tanti non se ne può più. E comunque l'ultimo trillo ce l'ha sempre lui. Perchè queste date? Non lo so, sono sponsorizzato dal lottoperdisempre. E il ricilco del materiale scartato? Venticinque discariche atomiche più avanti il Mostro mercato che vo a descriverVi.

Destinazione della famiglia Dormilla il grattacielo rosa per i televisori, ogni grattacielo è composto di dieci piani, con tutti i micro settori di tutte le marche possibili, come una fiera permanente, di tutte le aziende immaginate, immaginabili e che saranno trasformate ma che saranno poi un giorno, una sola, ma divise come in scatoloni amministrativi con sede legali in Cina, Honk kong, Corea del Nord e del Sud e Isole dei caraibi. La famosa multinazionale "?" che supera per di miliardi di fatturato tutte le altre multinazionali del mondo, meno quella delle armi, come la "!" o la "XY" la "Colt 38", che così và il mondo, che sembra rotondo ma non lo è. È di nuovo piatto e digitale, sottilissimo come l'ultimo mot

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   0 commenti     di: Raffaele Arena


Rabbia repressa

"Ehi, voi!", gridai qualche metro più in là.
Quelli si voltarono, risero tra loro, e si scambiarono un segno d'intesa. Poi uno dei due fissò la ragazza che aveva davanti e che teneva per la gola. L'altro venne verso di me.
Passo tranquillo, quasi indifferente.
"Vuoi prendere parte al gioco?", mi chiese.
Mi avvicinai al tizio col sorriso da stronzo stampato in faccia e inclinai la testa come fanno i cani.
Gli afferrai delicatamente una mano. Poi con l'indice feci un disegno astratto sul suo palmo.
"Mi fai il solletico", disse ridendo.
Sempre con la mano nella sua, mi avvicinai all'orecchio e sussurrai: "Perché non sai cosa ti faccio adesso."
Mi fissò quasi sconcertato, senza capire bene. Gli sorrisi a mia volta e con tutta la forza di cui disponevo, ricalcai il disegno astratto fatto in precedenza con l'unghia piantata dentro la sua carne. Poi gli tirai indietro le quattro dita della mano.
Si mise a gridare dal dolore ma non mi bastò.
"Vuoi ancora giocare?", gli domandai.
Afferrai alla mia destra, una pistola. Con un calcio lo fiondai a terra e lo costrinsi a guardarmi.
"SEI IMPAZZITA, TROIA?", urlò.
I miei occhi s'illuminarono.
Lo afferrai per i capelli con una mano, con l'altra gli sferrai un pugno in pieno viso e sentii le mie nocche schiantarsi violentemente contro l'osso del suo naso.
"Ti piace passare il tempo a stuprare ragazze indifese? Ora sono io a divertirmi."
Mi fissò col sangue al naso, la bocca e il lembo della maglietta sporchi.
Buttai lontano la pistola e cominciai a riempirlo di calci e pugni. Prima al ventre, poi alle gambe ed infine al viso, e ad ogni colpo sentivo la mia rabbia sfogarsi.
Quando vidi una quantità consistente di sangue sull'asfalto pensai potesse bastare.
Se ne stava a terra, ma respirava ancora. Volevo che rimanesse vivo. Sarebbe stata la sua punizione.
In lontananza l'altro urlava qualcosa e teneva per un braccio una ragazza con la maglietta strappata e che piangeva.
Mi avvicinai.
"Ch

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   11 commenti     di: Roberta P.



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