Quella mattina avevo preso il solito ascensore (quello intelligente!) ma anziché pigiare il quinto piano, premetti erroneamente il sesto.
Ero appena uscito dall'ascensore, quando immaginai davanti a me il brutto grugno della signora Torquemada che gesticolando mi ordinava di scendere al più presto. Ma l'eccitazione di stare al piano degli Dei, unitamente all'idea di fare arrabbiare la Santa Inquisizione, mi fecero resistere e quindi avanzai lungo il corridoio scarsamente illuminato.
Avevo fatto pochi passi ed il silenzio era interrotto di tanto in tanto dalla donna delle pulizie che si muoveva chiassosamente, sicura che a quell'ora di primo mattino non ci fosse nessuno. Quasi misteriosamente mi trovai davanti alla porta dell'ufficio del Dirigente capo, colui che comandava tutto e che nessuno di noi, inquilini del piano inferiore aveva mai incontrato.
Capii che quello era un segno del destino. Forse la mia vita lavorativa e non, sarebbe dipesa dagli attimi successivi. Bussai. Attesi un poco, poi mi parve di udire un sommesso: "Avanti!". Nell'istante in cui pigiai il pulsante centrale della maniglia, mi sentii per la prima volta come un romeno o un albanese che viola una villa isolata del Nord.
Dunque, anch'io come uno di loro, potevo portare a termine il mio colpo!
"Dottor..." balbettai, poi l'emozione mi bloccò.
Lui era lì: ben vestito, seduto al suo posto con i capelli lunghi e grigi, mentre un paio di occhiali da sole gli coprivano gran parte del viso. Mi feci coraggio e ripresi: "Dottore... ero troppo curioso di conoscerla. Qualcuno sostiene che lei nemmeno esista! Invece io la vedo benissimo!".
Pensai che dopo la mia battuta, Lui scoppiasse a ridere. Ma Lui non rise, né disse nulla. E a dire il vero cominciai a sentirmi in imbarazzo.
"Forse ho esagerato, anzi senza il forse. Sicuramente le sto dando troppa confidenza, Dottore. Ci rivedremo in un'altra occasione..." dissi.
E mentre stavo per abbandonare l'ufficio, mi accorsi che la testa del
In un giorno, passato
e oramai lontano,
ho sentito il calore con cui
mi hai preso la mano.
Impotente era il mio corpo,
ma cosciente la mia mente.
La voglia era tanta,
così come il vento
e tornar giù, non volevo,
Vedevo dall'alto,
tanti campi d'asfalto,
ma un po' più in la,
poca traccia di civiltà.
Insieme ad altri son saltato,
incurante del cosa avrei trovato.
La vela era aperta,
ma ho capito in un momento,
che prendevo quota,
anziché perderla controvento.
Quante le cose che si pensano lassù,
pregando per il solo voler venir giù.
Un po' su, un po' giù,
un po' la, un po' qua,
pensando a come e quando finirà.
di colpo il vento sparisce,
e l'aria si alleggerisce,
Sorrido infelice,
e mi guardo intorno,
pensando che oggi,
e forse il giorno.
Ma un attimo dopo,
la vita è rinata,
un caldo e forte
soffio di vento,
ha messo fine al mio tormento,
adagiandomi violentemente,
ai forti rami,
di un albero forte e possente.
Chiuso nel suo bozzolo, confortato dal dolce riparo che quella corazza gli offriva, e forse anche spinto dalla noia, meditava sul senso della vita, sul suo carattere inesorabilmente effimero.
Ne aveva passate tante per arrivare dov'era.
Dopo aver preso coscienza di sé, una forza irresistibile lo aveva spinto a nutrirsi con avidità di tutto quello che c'era attorno. Seta, seta. Doveva produrre seta.
La vita era semplice allora: il pasto successivo era la più concreta e semplice ragion d'essere che si potesse immaginare. Lì era tutta la sua vita, senza pericoli né dubbi particolari.
Un giorno sereno, con la luce del sole a picco sull'albero, aveva smesso di essere affamato.
Il mondo era sospeso, mentre nel suo cervello di bruco crollavano le fondamenta della sua identità.
Era stordito, nauseato. Vomitò.
Un lungo filo di seta dura, pallida, uscì in un fiotto dalla sua bocca.
Si sentiva già meglio, a parte per una certa stanchezza. Esausto per la frenetica ricerca di cibo, desiderò per la prima volta avere un riparo per riposare.
Iniziò a manipolare con maestria il flusso della seta. Il filo, duro ma ancora malleabile e aderente, ben presto lo aveva completamente imprigionato in una morbida corazza.
Si era addormentato, e al risveglio si era trovato diverso.
Pur non potendo muovere la testa per guardarsi, percepiva le sue nuove forme distintamente.
Non provava un'emozione definita: gli sembrava di aver corso a lungo per arrivare a questo traguardo, per poi esserne infine deluso.
Era in perfetta salute, certo, ma una strana malinconia gli riempiva il cuore. Anche adesso, come quando aveva vomitato la seta, non sapeva cosa fare, e la sua testa era capace di produrre solo un sordo ronzio.
All'improvviso, gli fu chiara una cosa: presto il bozzolo si sarebbe rotto, e lui sarebbe stato libero.
Come fosse stata una conseguenza logica di questo concetto, capì che una volta libero gli sarebbe rimasto solo un giorno di vita.
Sapeva che le sue e
Ragni di minime luci arrampicati sulle facciate affrante dei palazzi a far da cornice alla solitudine stanca della strada, che non sembra interessata all’aria di festa natalizia, così come il silenzio non si cura della musica.
Pochissime erano le stelle risparmiate dalla voracità delle penzolanti luci cittadine, annoiate, quando tutti le credono felici. Così monocromatico il cielo sembrava più del solito una semplice toile de fond.
Sapevo benissimo?" era scritto ovunque?" che sarebbe stato inutile sperare di trovare qualcosa di diverso dagli altri giorni in quella strada che ormai conoscevo bene, ma seguire il buon senso non mi sembrò stimolante e decisi di cercare.
Le aureole rosse delle insegne fuocolorate, l’asfalto che sparisce per un po’ sotto le scarpe, la striscia bianca impassibile a trasportarmi gli occhi. Guarda dove vai, dimmi con chi... e ti dirò chi. Chi va con... va sano e lontano. L’ontano, ma sono platani. Chissà se le lampadine sanno che cos’è la luce? Niente di nuovo stasera, sul fronte… quel soldato grigio in copertina. La professoressa con gli occhi dipinti di blu cattedrarrabbiata, signora potrebbe, ma non.
Era la sera adatta per un addio indimenticabile. “Non farla passare invano” mi disse non so chi altro e mi convinse a lasciare un pensiero in una zona d’ombra che si mostrò felice del regalo che le stavo facendo?" basta (con) il pensiero -.
Prima di entrare in casa sua lasciai alcune velleità nel portaombrelli, un sorriso mi aprì la porta a quell’ora di notte. “Accòmodati!”, dovevo solo farmi strada tra l’imbarazzo e gli oggetti sul pavimento che la penombra faceva del suo meglio per nascondermi.
Non potei far altro che limitarmi ad osservarla sedersi sul letto, sistemare i cuscini ocra abat-jour nell’impossibilità di ignorare le parole che i suoi baci di saluto avevano da dirmi.
Avrei voluto regalarle delle parole nuove, nuove note da accordare alla serenità con la quale mi guardav
Il telescopio inviava una enorme mole di informazioni che venivano elaborate dal centro spaziale internazionale, a decine di chilometri di distanza. L'osservatorio, situato in alta montagna, risultava praticamente privo di personale. Tutte le funzioni erano state automatizzate e la sua attività veniva gestita da un computer. Unici due esseri viventi, a parte la rada vegetazione e qualche rapace che volteggiava nel cielo, erano i due guardiani, Mario e Dick. Uomo il primo e cane il secondo. Escludendo questa non irrilevante differenza, tra i due si era instaurata una perfetta intesa, rafforzata dal forzato isolamento che veniva interrotto solo una volta alla settimana dall'arrivo del furgone dei viveri, e saltuariamente dalla visita di qualche tecnico che interveniva per problemi di manutenzione.
- Dick! Dick! Su andiamo, è ora di dormire. -
Il cane, un grande pastore maremmano, sopraggiunse di corsa al richiamo del suo amico, e scodinzolando lo seguì fino all'alloggio. Dick non aveva una cuccia, Mario aveva deciso di condividere con lui la sua stanza, pensando fosse giusto così. Il turno notturno era compito dell'uomo, che amava sedersi su una grossa pietra all'aperto e da lì osservare il cielo stellato. A quell'altitudine, l'atmosfera pura e l'assenza di qualsiasi illuminazione artificiale consentivano una visione talmente nitida che sembrava di toccarle con le mani, le stelle. Faceva quel lavoro da due anni, ma ogni notte provava un'emozione talmente intensa che a volte sentiva il desiderio di piangere, anche se non ci riusciva. Non aveva più lacrime da versare dal giorno dell'incidente. Mario non ci pensava più dopo aver deciso di cancellare i suoi ricordi. Troppo dolore, troppa sofferenza.
Il rumore metallico del motore che provvedeva ad orientare il telescopio lo distolse dai suoi pensieri, ed istintivamente guardò il cielo nella medesima direzione. La vista di quel magnifico spettacolo lo rasserenò, facendolo sentire partecipe di un progetto
Era stata una grande serata. Avevo stracciato i miei amici alla playstation e mi ero aggiudicato l’onore del primo classificato al torneo, che però non era stato dei più semplici.
Il mio girone eliminatorio, nel gruppo B, prevedeva:
PAOLO (milan) ANDREA (real madrid) LUCA (inter)
e io con il Barcellona.
La prima sfida con Paolo è stata molta combattuta e l’ho spuntata soltanto nel finale con una punizione capolavoro di Ronaldinho. Mentre Real madrid e Inter finiva con un netto 3 a 0 in favore dell’Inter. Come da pronostico.
La seconda sfida mi vedeva contro Luca, il più temuto da tutti dopo di me.
Già dopo quindici minuti sono sotto di due gol, doppietta di Adriano. Dopo l’ennesimo pericolo corso mi do una mossa e comincio a schiacciare quei miserabili nerazzurri nella loro area. Alla fine del primo tempo segno con Eto’o e nel secondo tempo mi scateno e finisco per ribaltare il risultato. Finisce 3 a 2. Milan-Real Madrid 4 a 1.
Nell’ultimo incontro sfido Andrea che è già eliminato e pareggio 1 a 1. Partita orribile dove non ho infierito sul povero Andrea, veramente scarso. E poi non mette giù bene la squadra. Inter-Milan 2 a 1.
La classifica finale del girone vedeva:
1. BARCELLONA con 7 punti
2. INTER con 6 punti
3. MILAN 3 punti
4. REAL MADRID con un solo punto
Io e Luca passiamo quindi il turno. Nessuna sorpresa.
Nell’altro girone la situazione finale vedeva passare il turno il Chelsea e l’Arsenal. Vengono eliminate Manchester United e Roma.
Il tabellone veniva a formarsi così:
BARCELLONA-ARSENAL INTER-CHELSEA
Scendono in campo prima Inter e Chelsea. La partita è tiratissima e la spunta Vincenzo col suo Chelsea ai supplementari dopo che i primi novanta minuti (che poi sono dieci al di qua dello schermo) erano finiti 3 a 3. Da segnalare un’altra doppietta di Adriano, che sarà capocannoniere con sette gol. Per il Chelsea decide Lampard.
Io me la vedo con Ciccio. È un o
Vivevano nella foresta oramai da chissà quanto tempo. Alcuni avevano deciso di cambiare le loro vite. Jhon, Antonio, Francesca, Paola e Marisa. Jhon era un banchiere, non nel senso di semplice impiegato, socio fondatore di una banca internazionale, era dovuto scappare dalla Danimarca, per poter salvare la pelle. Antonio era stato un artista di strada. Ma ormai quel tipo di lavoro, il mimo, non rendeva come negli anni ottanta, c'era un'inflazione di artisti di strada e lui davvero non ne poteva più, nè della città nè della sua arte, che poi da quando Elsa lo aveva lasciato, non aveva più stimoli.
Francesca era stata abbandonata piccola in quel luogo, su per quei monti, dove ogni tanto passava qualche auto, che loro, con uno stratagemma riuscivono a bloccare, che le persone scappavano e loro si prendevono il mezzo. Francesca a due anni aveva già cominciato a cibarsi di foglie, e solo dopo Marisa, insegnante universitaria fuggita dal clima invivibile che la sfiniva in quella città metropolitana, dove i baroni delle cattedre imperavano, gli aveva insegnato l'italiano, il francese e il cinese, lingue che lei ben conosceva. Paola infine, fu abbandonata dal marito e la cosa la sconvolse a tal punto che, un giorno, di mattina presto, uscì di casa. E cammina cammina si era ritrovata nella foresta. Aveva imparato a procurarsi il cibo, a cacciare, a sopravvivere.
Ora la convivenza tra queste persone non era facile. Jhon si era innamorato di Francesca appena l'aveva vista, già ventenne. "Stammi a sentire amico, non ci siamo intesi. Già dall'inizio io non sono al centro della storia, e mi viene voglia di... I patti erano chiari: io Jhon dovevo essere il protagonista del racconto. Che storia è questa che mi ritrovo con quattro sconosiuti, che poi mi fai innamorare di Fracesca. Cioè, ma tu l'hai vista Francesca? Non si depila dall'età di due anni, come faccio a innamorarmi di Francesca? No. Io in questo tuo raccontino non ci voglio assolutamente entrare, fammi
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