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Racconti surreale

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Un flusso tra i passi

terre senza nome. si avvicendano, sul mio cammino. terre di nessuno, o meglio di persone ignote, senza importanza. il peso degli sguardi da sostenere; l'innocenza di formalità obbligate. il giorno del giudizio è ogni giorno. il resto non ha peso: dio, dei, astri. inferno o paradiso? continuo a camminare e sfioro anime di marmo. impassibili, come la mia del resto. la regola dell'indifferenza ci ha giocato un tiro mancino, lo vedo nei vostri occhi stanchi, nei nostri sospiri sempre più privi di vita. ho udito abbastanza grida; ho gridato abbastanza. ho bevuto abbastanza lacrime; ripulito abbastanza sangue. un bivio mi confonde -essere o non essere- cerca di lacerarmi -vivere o non vivere- mentre si nutre dei nostri dubbi -fidarsi o non fidarsi- e ci fa credere di essere liberi -legarsi o non legarsi- nelle nostre gabbie dorate. ho ascoltato: la speranza è l'ultima a morire - la morte è l'ultima a sperare. imputiamo la colpa alla vita, come se questa sia ente di mali che si diverte a donarci ricoperti del più dolce miele. (la paura della scelta, la paura della responsabilità, la paura.) bé, non ne sono più così certo; la vita ci rovina o noi roviniamo lei? (destra) ho fatto del mio meglio. e ho trovato una risposta: non c'è alcuna risposta. ho fatto del mio meglio - credetemi; non ci riesco proprio. (sinistra) ormai le mie gambe proseguono per inerzia. ho sprecato passi. (attraversare) le macchine corrono - vorrei essere veloce come le macchine. vivere velocemente. eliminare ogni sofferenza sterile. soffocare ogni pensiero inutile. (persone, persone!) continuo a resistere; non ho più molta forza. prendo coscienza dei miei limiti infiniti. resisto! [ora] oh, vano pensiero. (ancora un passo..) ho fatto del mio meglio. non ho più forza. mi lascio trascinare dalla corrente.

È come un fiume in piena.



La brutta fine del Dottor Paolini

"Lo sà, che il suo stile, dico alla lontana, con tutto il rispetto per l'Autore... mi ricorda Vasco Pratolini? E poi talvolta quel suo descrivere, mediocre si intende, ha un che di Luigi Pirandello... e forse anche di un moderno contemporaneo, ma qui probabilmente stò volando troppo alto, ho appena letto di sfuggita le sue cartelle, sà... per gli autori emergenti non abbiamo tempo, sopratutto quelli autodidatti sconosciuti come lei che pubblicano avanzatempo, senza un idea precisa se non talvolta quella di scrivere per far riflettere, dico riflettere! Che cosa assurda oggi, oserei dire eversiva, su cose anche astruse, di cui non si capisce il senso...
"Quindi quello che scrivo io secondo lei non ha senso? Ma ha letto quello che io scrivo?


"Ma certo, la mia non è una critica nei suoi confronti, lei, con il suo modo di scrivere talvolta dà come delle pennellate descrittive simili anche ad autori contemporanei, come ad esempio Stefano Benni, Stephen King, ma non ha un suo stile, un impronta filologica precisa come scrittore anche futuribile, fruibile tramite notebook, i phone, e-book.. non ha le poppe, non è personaggio.. capisce? Per essere autori oggi si deve avere una personalità forte, appartenere ad una élite, seguire una corrente precisa, scrivere su giornali che purtroppo sono sempre più rari, di critica letteraria, avere una laurea in letteratura, un master in lingue antiche o moderne oppure aver partecipato a che so, un talk show per minimo tre serie di seguito su imbeccata di uno che ti raccomanda a un grande della televisione, o aver assassinato qualcuno in modo davvero atroce, e scrivere le memorie sulla propria redenzione... Per l'amor di Dio, ci sono anche autori dalle spalle larghe, ne sono rimasti pochi...


"Quindi ne deduco che sia il caso di lasciar stare le mie velleità di scrittore, non valgo una cicca...
"Ma come. Pure una sigaretta, mezza accesa e non di marca, che dà l'idea della sigaretta ma non se la fuma nessuno...
"

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   0 commenti     di: Raffaele Arena


Kafkiana

Drin, drin, drin...
- Sto arrivando... smettetela di suonare!
Drin, drin, drin...
- Un momento, perdiana! Ho aperto, non vede? La smetta dunque.
- Va bene, smetto... voglio essere gentile, oggi.
- Chi è lei, cosa vuole?
- Mi faccia entrare, l'attrezzatura pesa maledettamente.
- Cosa vuole da me, cos'è tutta quella ferraglia?
- Non mi va di discuterne qui sulla soglia.
- Entri, allora, basta che si spieghi.
- Dove posso posarla?
- La metta dove vuole... no, la metta là, attento a non sporcarmi il tappeto!
- Ci sto attento, non si preoccupi. Sono un professionista... io!
- Adesso che ha sistemato la sua roba, vuole spiegarsi alla buon'ora!
- Lei è il signor Clovis Guardabuoi?
- Nemmeno per sogno... non ha letto la targhetta sul campanello?
- Non le leggo mai, potrebbero non dire la verità.
- Questa è bella! Perché non dovrebbero dire la verità?
- Le persone a volte hanno dei segreti da nascondere, caro signor Guardabuoi.
- Mi chiamo Rossi... Enrico Rossi... e non ho segreti di nessun genere. Per chi mi prende?
- Lo vede... si sta arrabbiando. Abbiamo degli scheletri nell'armadio, forse?
- Piantiamola una buona volta con questa storia. Le dico che mi chiamo Rossi e voglio sapere cosa vuole da me, subito!
- Dovrebbe saperlo, non è lei che ha chiamato?
- Chiamato chi? Per che cosa?
- La F. K. D. per un lavoretto urgente. E io mi sono precipitato, trascurando altri impegni. Non è contento?
- Mi faccia capire... io le ho telefonato di venire a casa mia?
- Non è precisamente così... lei ha telefonato alla sede centrale e loro hanno avvisato me di venire qua.
- E chi l'avrebbe avvisato?
- Ah, questo non lo so. Facciamo tutto per telefono. Io quelli della sede non li ho mai visti.
- Ci sarà stato un equivoco, uno sbaglio di persona... io non ho chiamato nessuno di questa fantomatica sede centrale.
- Questo lo dice lei... io ho un nominativo, un indirizzo e quindi devo procedere.
- A far cosa?
- La disinfestazione! Non vede q

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Una morte di carta

Mi ritrovo sola in questa stanza bianca, immacolata come una sala operatoria. Ma anche se sono sola riesco a vedere il tuo volto. Hai una smorfia severa.
Sembri talmente "vivo" e "presente" che inizio a parlarti. Voglio spiegarti la mia "verità". Anche perché, benché tu debba, per nostre ovvie ragioni, conoscerla già, so già che non è così.

Lo so, mi ero ripromessa che non avrei più pianto, ma come puoi vedere in questo momento io sto piangendo. Non posso farne a meno. Mi sento vetro. Vetro calpestato.

"Diamante! Ricordati che sei speciale. Un diamante!"

Mi dici, mi dico.
Ma chi vogliamo prendere in giro? Guardami! Ho il trucco sfatto. Non ho più una faccia.
Sono come la "Marchesa De Merteuil" de "Le relazioni pericolose" di Laclos. "Il mio dentro è uguale al mio fuori". Mi faccio un po' schifo.

Mi sento anche un po' una Carmen Consoli qualsiasi in pieno "Stato di necessità"... " Reggo con fatica le orrende e infondate accuse di ieri. Non volermi male..."(ma questa è un'altra canzone!).
Mi hanno riaperto la cicatrice, quella che mi fa più male. E non so se reggerò.

Mi vedi vacillare nuda e percossa da mille e più brividi davanti a te.


"Oh dolore! Mio unico padrone e signore mi prostro d'innanzi a te! Sono tornata..."

Volevo essere più forte, completamente immune al tuo potere. E invece mi riscopro sempre ancora troppo umana.

Mi chiedi, e mi chiedo: "Perché la metti giù così tragica?!"
Perché sono un personaggio di carta. La mia memoria è una memoria di carta. E ogni volta che la vita vera si insinua nel mio "pellicola protettive" di parole, che mi sono costruita da sola, mi brucio.

Tu hai ragione. Non è lei ad aver sbagliato. Sono io ad essere sbagliata. Sono diventata così trasparente che ora chiunque può infrangermi.
Siamo come "cane e gatto" io e quest'altra persona. Io metto la coda in mezzo alle gambe convinta di comunicarle una cosa, quando invece le comunico l'e

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   0 commenti     di: frivolous b.


La paura ringiovanisce

Naturalmente non l'ho ucciso io, ma non nego di non aver sorriso vedendo la sua bella faccia da culo sul necrologio di questa mattina.
Al funerale quel ghigno l'ho tolto, ovvio, non voglio mica che il nuovo capo mi licenzi, e so per certo che il mio essere felice per un avvenimento così tragico è un sentimento comune tra i colleghi, perché era uno stronzo, ecco perché, un vecchio, bavoso, porco, pezzo di merda. E ci vado anche leggera, ho sentito di peggio uscire dalla bocca dei miei collaboratori e soprattutto dalle fauci delle collaboratrici.
Durante la cerimonia funebre ho spesso tenuto aperti gli occhi nel vento gelido, per farmeli lacrimare decentemente, effetto ottenuto con grande soddisfazione personale.
Passata una settimana, abbiamo tutti tolto il lutto al braccio, vi giuro, io mi ci asciugavo la bocca dopo pranzo, ed infatti le macchie di sugo al pomodoro con la luce giusta si vedevano parecchio... Vi chiederete, cosa avrà mai fatto Alfons Von Krauenberg, il dirigente dell'azienda tessile più grande della città? Quel delizioso vecchietto che ad ogni festa di beneficenza era il protagonista, con tanto di assegni giganti in cartone? Palpeggiava, ecco cosa faceva, e se eri precaria (come me) non potevi nemmeno permetterti di fartelo piacere (si mormorava che a qualcuno piacesse pure farsi toccare dove neanche tua madre avrebbe avuto l'immaginazione di sfiorarti, naturalmente questi elementi sovversivi venivano licenziati in tronco)... perché LUI godeva nel farti stare male, nel vedere l'umiliazione negli occhi, se ne cibava, assimilava la tua vergogna e ne usciva giovato, rinvigorito, voci di corridoio sostenevano addirittura che ringiovanisse dopo ogni scorpacciata di molestie.
Spesso mi chiedevo, soprattutto dopo aver pianto per 15 interminabili minuti in bagno, se qualcuno o qualcuna (palpeggiava e molestava chi gli capitava a tiro, uomo o donna non faceva differenza) avesse mai denunciato questo depravato alla polizia. Si scoprii che nessuno

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   2 commenti     di: David Gruber


Si fa quel che si può - quarta parte

Fu un risveglio traumatico. Tutta la famiglia entrò in camera sua, tutti in veste da notte, eppure tutti con un'andatura solenne. Fu molto strano.
Mary non capiva niente, fra la nebbia scorgeva solo le figure del ragazzo che appare e scompare e della bambina pazza. Ma quando suo padre parlò, tutto si dissolse.
"Mia cara Mary, tu tra quattro giorni ti sposerai, e così facendo, sarai la salvatrice della casata dei Fudgericks."
Mary non era sorpresa. Indispettita sì, ma non sorpresa: doveva succedere, prima o poi. Cionondimeno, fece la finta incredula.
"Non scherziamo su queste cose."
Lord Fudgericks scosse la testa, le ficcò un biscotto in gola ("Prendi un biscottino, vedrai tutto più chiaro") ed iniziò un lungo noioso e terrificante discorso.
"Tu sei graziosa. Non tutti lo sono. Il primogenito dei Maycourse non lo è affatto. Siamo sempre stati la famiglia più potente di Scozia, ma i Maycourse stanno prendendo terreno, impossessandosi dei territori delle famiglie più deboli. Ben presto diventeranno nostri avversari per il predominio. Ebbene, io non lo permetterei mai, ma non posso permettere che il mio esercito si scontri con il suo: perderei di certo e, siamo sinceri, "onore" è solo una bella parola. Quindi, ho proposto un'alleanza con Lord Maycourse: un accordo secondo il quale possiamo entrare in conflitto con chi vogliamo, ma non fra noi due. Ora, per cementare un accordo del genere, un bel matrimonio è d'obbligo. Lord Maycourse era un po' riluttante ad accettare tutto questo, ma poi gli ho spiegato con tatto e gentilezza che suo figlio non è affatto una gran bellezza, non avrà mai un'occasione così buona per sposarsi (o forse non ne avrà mai un'altra!), e quindi è obbligato a sposarsi con te. Sì, mia cara, tu sposerai Robert Maycourse, e così facendo fra le due famiglie scenderà la pace."
Silenzio. Tutti rimasero zitti a guardarla, in attesa di una risposta, che non venne. Spazientiti, a poco a poco abbandonarono la stanza e, dopo che

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Il Fiore della disperazione

Molte rughe sono comparse sul mio viso
da quando, come un tuono che romba,
l'ombra mi attanagliò in modo improvviso
e mi tenne sveglio come una tromba.

A quei tempi la mia più grande passione era il giardinaggio, ed anche il mio lavoro era incentrato sulla flora. Pensate, la mia fidanzata, Beatrice, l'avevo conosciuta proprio mentre mi accingevo ad occuparmi dei gigli.
Poi, d'improvviso, tutto cambiò...
Era una giornata come tante, l'aria era tiepida ed il vento soffiava allegramente, quando notai che il mio fioraio preferito aveva finalmente aperto la sua bottega dopo un periodo di pausa. Entrai, anche se non volevo realmente comprare nulla, lo feci più che altro per dare un'occhiata. Nel mezzo della stanza, su un piccolo ripiano, stava in mostra la più bella creatura che i miei occhi abbiano mai visto; il gambo, liscio e fino, era lunghissimo e la corolla era di due colori: la parte bassa era nera come la notte, ed anche di più, mentre la parte alta era bianchissima, tanto da ricordare il candore di un abito da sposa. Improvvisamente, fui spinto da qualcosa di più forte della semplice bellezza; con un sussurro, un richiamo, mi attirò a se, e si fece accarezzare. Cominciai con la parte più alta (la bianca) e fui colto da puro piacere, come se le cose più belle di sempre mi stessero accadendo, come se sogni e desideri, profondi o meno che fossero, si stessero realizzando. La parte bassa (la nera), invece, mi fece tremare, gemere, piangere, urlare, soffocare, quasi morire; gli incubi, i timori, le sgrida, l'odio affiorò in me, mi attanagliò, mi soffocò, tanto che le dita, per istinto, si ritrassero. Come avrei mai potuto lasciare che tale miracolo finisse nelle mani di un individuo qualunque? M

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   2 commenti     di: Fabio Previti



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