username: password: dati dimenticati?   |   crea nuovo account

Racconti sulla tristezza

Pagine: 1234... ultimatutte

IL VINCITORE.

Quella sera aveva bevuto veramente troppo, ma la sua mole statuaria gli permetteva di stare immobile, come se niente fosse, con la nuca appoggiata sulla parete, in fondo alla stanza e con le gambe divaricate ma saldamente piantate sul pavimento. Erik era un gigante, una massa di muscoli ben torniti, forse per questo motivo la quantità di alcool ingerita, che avrebbe spedito a dormire chiunque altro non lo aveva ancora steso. Non era solito bere, si; ogni tanto si concedeva delle bevute con qualcuno al bar degli irlandesi, ma niente di speciale. Eppure quella sera aveva deliberatamente esagerato, era entrato in tutti i bar che incontrava nel suo cammino e in ognuno di questi aveva bevuto in maniera smisurata. Alla fine decise di acquistare una bottiglia di vodka e farsi compagnia con quella fino a casa. Nella sua stanza il buio era interrotto da una pallida luce proveniente dall’esterno, che rischiarava uno stretto e lungo rettangolo di pavimento e arrivava quasi alle sue scarpe, laggiù, in fondo alla parete. Erik stava in quella posizione da un pezzo, ma quando si è così ubriachi la percezione del tempo è alterata. Forse un’ora forse meno, chissà. La stanza gli ondeggiava davanti agli occhi, leggermente, forse in un’altra situazione avrebbe trovato anche piacevole quel sibilo sottile che gli stazionava nelle orecchie. Pensava Erik, ripercorreva gli ultimi sei mesi trascorsi in maniera confusa, pescando nella sua memoria volti, discorsi, ma soprattutto se stesso.
Eravamo a maggio ormai e da dicembre, ogni giorno, Natale e Capodanno a parte, dove da buon cattolico irlandese aveva festeggiato, si era rotto il culo come un matto, pensando alla giornata di oggi. Venerdì 28 maggio. Era sei intensissimi mesi che pensava a quella data, era il suo obbiettivo che doveva raggiungere a tutti i costi. Aveva trascurato un po’ tutti in quel periodo, parlava solo di quello, e solo di quello gli parlavano le persone che gli stavano attorno. L’unica che per qualche

[continua a leggere...]



La clessidra

La vita è come una clessidra, tanti granelli che scivolano via
uno dopo l'altro, inesorabilmente
C'è ancora tempo! ti ripeti e vorresti fermare quella lenta caduta
vorresti che qualche granello s'incastrasse, creasse un ingorgo.
Perché a volte sei felice, perché vorresti afferrare quella felicità anche coi denti
per trattenerla eternamente.
Vorresti attaccarti a quella felicità con la pancia, come un antico cordone ombelicale
che ti da vita e speranza.
Ma alla fine, maledirai quel dio impietoso o indifferente, perché non hai più tempo
o aspetterai quell'ultimo granello, che come una pioggia nel deserto ti tolga la sofferenza
quale unica compagna di vita.
Purtroppo quando l'ultimo chicco di vita si sarà depositato, nessuna mano
pietosa rovescerà la clessidra per te.

   6 commenti     di: Marco Uberti


Lene ha coraggia

Lene: Ti pregooo basta! Non ho più voglia di ascoltare queste stronzate, lasciatemi tutti in pace!
Aveva chiuso la porta della sua camera spingendo con forza la madre e il padre che cercavano di entrare, aveva girato la chiave nella serratura e si era buttata nel letto a piangere. Aveva sempre avuto tutto, apparentemente, soldi vestiti, popolarit?? , bellezza, ma mai nessuno che la volesse bene per quello che era, una giovane ragazza di 16 anni sola in cerca di qualcuno che la guidasse in un percorso difficile. Tutti la vedevano perfetta e lei doveva sempre mantenere quell’immagine, costantemente sotto pressione, sempre al centro dell’attenzione di tutti.
Le lacrime non smettevano di scendere, si sentiva scoppiare, avrebbe voluto urlare, spaccare tutto ma l’unica cosa che riusciva a fare era soffocare il pianto col cuscino. Dall’altra parte della porta i genitori non ci misero molto a smettere di urlare e andare via, credendo fosse solo una semplice arrabbiatura giovanile, ma non era così, Lene era stanca, troppo stanca per continuare a sopportare, così smise di singhiozzare apri il cassetto accanto al letto e come molte volte aveva fatto prese una lametta, si asciugò le lacrime con la manica e poi portando il polso alla lametta si taglio, un taglio profondo più delle altre volte, molto più profondo. Provava dolore ma non era un dolore fisico perché si era tagliata, ma era qualcosa di più profondo, qualcosa che veniva dallo stomaco, si sdraio nel letto e taglio anche l’altro polso ancora di più del primo, poi porto le mani al petto e raccolse anche le ginocchia. Chiuse gli occhi e penso che se ne avesse avuto il coraggio questa volta tutto sarebbe potuto finire e sarebbe potuta finalmente essere felice!
Mamma: Lene dai e tardi ti ho lasciato dormire un po’ di più adesso alzati che hai danza poi devi andare alle prove della recita e dobbiamo andare a comprare un vestitino da invidia per la festa della tua amica …
Ma Lene era coraggiosa!

[continua a leggere...]

   5 commenti     di: Marika Rig


Incontri di spiriti.

Il Fato aveva deciso, dovevano incontrarsi. E così fu. Il primo contatto avvenne come era stato deciso, in modo inaspettato, casuale.
Lei era uno spirito solare, libera, fantasiosa, aveva scoperto il modo di guardarsi intorno applicando una specie di filtro mentale, riusciva a vedere tutto in modo positivo, la sua positività irradiava amore e bontà, altruismo e amicizia. Si era creata un mondo tutto suo in cui permetteva solo a pochi fortunati di entrare ed i prescelti erano veramente pochi, speciali, unici, come li pensava lei. Lei amava tutti gli animali, gli uccelli in particolare, per la loro libertà di muoversi, di vedere tutto da sopra, di essere più vicini al sole.
Lei aveva una carica di amore che distribuiva intorno a sé senza richiedere nulla in cambio, solo un poco di amicizia. Questa carica si rigenerava velocemente, non vi era momento in cui lei non fosse in grado di elargirla al momento giusto e nelle quantità necessarie, il tutto ovviamente senza alcun calcolo, così, naturalmente.
Ma lei aveva anche due nature: era soprattutto una Madre, premurosa ed affettuosa, gli amici vedevano questo suo essere non come un evento normale, ma come un attributo. Lei era La Madre. Tutti erano i suoi cuccioli, anche se più anziani di lei e come tali li trattava, con amore e sollecitudine. Li proteggeva.
Era curiosa della vita, del mondo, amava la natura in tutte le sue molteplici forme, era attirata dal sole, dal mare, dal silenzio degli spazi infiniti. Avrebbe voluto volare lontano lontano, ma in quanto Madre non poteva farlo, si accontentava di volare con la fantasia, o di rivivere la stessa esperienza di chi lo aveva fatto.
Lui era uno spirito vagabondo, in altri tempi sarebbe stato un principe nomade o un navigatore, aveva girato tutto il mondo, più volte, sempre da solo. Era un inquieto, alla ricerca di qualcosa, forse la conoscenza. Si interessava di tutto, aveva provato tante emozioni, aveva affrontato guerre, rivoluzioni, terremoti, tifo

[continua a leggere...]



L'unica destinazione

Harold correva ogni giorno. Correva contro la solitudine, che lo stava divorando.
Ogni pomeriggio saliva sulla sua bici da corsa, convinto di poter sconfiggere quel mostro. Convinto che sarebbe tornato a casa da uomo nuovo, una persona migliore.
Quello che però Harold non capiva è che la solitudine era la sua migliore amica.
Harold ancora in bici. Il vento in faccia, ad aumentare la sofferenza. Da diversi km non si vedeva l'ombra di una casa, era la prima volta che si era inoltrato in quella strada. O forse ci era sempre stato, apparteneva a essa.
Altri km con sole rovente e vento contrario sul viso. Finalmente scorge qualche casa e Harold pensa che magari, con un po' di fortuna, troverà anche una fontana per rinfrescarsi. Un senso di sollievo lo attraversa.
Entra in un paese, e il cartello che lo accoglie attira la sua attenzione. Benvenuti a "Isolation" vi era scritto.
"Bene", pensa Harold.
"Penso proprio che mi fermerò qui".

   0 commenti     di: davide1


Lettera di mastro Geppetto al suo Pinocchio

Caro figliolo,

Ti chiedo scusa per il cuore che ti ho negato, ma sotto consiglio della barba bianca che ha nascosto in questi anni migliaia delle mie lacrime dolenti, ho dovuto farlo. Forse non mi capirai mai;per te sono avaro ed egocentrico, una ladro delle tue emozioni. Geloso ed egoista, per molti fuori di testa, scagliato lontano dalla verità come i tuoi giochi rotti dalla voglia di crescere, del cuore ti ho privato:ho privato te che sei la mia creatura, il mio burattino- bugiardo prediletto, né per amore né per odio;l'ho fatto per difesa, prima della mia persona e poi della tua.
Non avrei sopportato di vederti soffrire, perché il cuore è fatto solo per quello. Lascia stare che ti fa compagnia sentirlo battere forte nel buio della notte infestata dai tuoni di un temporale lontano:ha un prezzo la sua presenza;l'amore e la gioia e l'affetto e la commozione che ti fa provare è una mollica rispetto al pane amaro ed ammuffito( il dolore) che ogni giorno dovrai ingoiare, pena morir di fame.
Poi sai il mondo è diffidente;cerca le prove dei tuoi sentimenti. Ti provoca per scoprire se il cuore lo hai anche tu. Ti punge in modo subdolo e quasi non te ne accorgi;la gente si finge tua amica ed intanto dà inizio al tuo stillicidio. A lui basta una goccia per firmare la tua condanna. La gente ci prova gusto poi a prendere di mira il tuo cuore con l'arco del rancore e del vittimismo. Saresti entrato in un circolo vizioso di sentimenti funesti e crudeli a tua insaputa.
Ed io ho prevenuto questa iscrizione.
E ti ho fatto bugiardo;di un legno finto e gelido, perché fingere è l'unica soluzione. Mentire, fare finta di stare bene e che tutto è fantastico come nella nostra favola, è un atto di intelligenza. Ti ho regalato sopravvivenza;vita no, ma a cosa sarebbe servito se poi la vita l'avresti rifiutata?. Fingendo amore, gioia, e amicizia, affetto e comprensione almeno ti ho permesso di annusare nell'aria un profumo che non esiste, ma che ti spinge alla sua ricerc

[continua a leggere...]



Aiuto a me stesso

Mi sto chiedendo dove sia finita la mia forza, perché proprio non riesco a trovarla.
Non riesco a superare niente, mi sento sempre più debole e sconfitto. Avevo ripreso a dormire regolarmente, a mangiare regolarmente, ad essere più sereno.
Ma tutto ciò è durato solo pochi giorni;ogni volta questi problemi si ripresentano sempre più forti, più grandi, più duri da far scivolare via. Ho deciso di combatterli e forse farmi sconfiggere da essi, o meglio da esso. Negli anni ho creduto di essere diventato così tanto lucido, forte e duro da poterne essere all'altezza;e invece mi rendo conto che sono sempre un po' più piccolo e debole del mio passato, per quanto io mi sforzi di non esserlo. Mentre scrivo questo, tremo dalla paura, dal timore, dalla tristezza. La tensione ormai è parte di me in questi giorni. Non vedo spiragli di luce pronti a scaldarmi. Mi sento così debole da non riuscire nemmeno ad arrabbiarmi, nemmeno a fare qualcosa che sappia darmi forza. Mi sto perdendo sempre di più;sto precipitando in questo profondo burrone e non trovo mani vicine a me per tirarmi su. Sto mollando la corda che mi tirerebbe su da questo pozzo in cui sono caduto.
La mente vorrebbe reagire ma non riesce, il corpo vorrebbe combattere ma non riesce, la voce vorrebbe urlare ma non riesce. Non ne esco fuori, non ci riesco, non ci sto riuscendo. E questo mi fa tremendamente male, perché crescendo ho sempre avuto la convinzione che avrei saputo vincere più facilmente sui problemi che mi si sarebbero presentati. Ma sto dimostrando a me stesso che non è così. Non dico che mi sto perdendo dentro me stesso, perché forse mi sono già quasi del tutto perso.
Chiedo aiuto a me stesso perché non so a chi altro domandare. Chiedo aiuto a me stesso perché mi conosco meglio di chiunque altro.
Ma davvero non ce la faccio, non ci riesco.
Vi prego, mi prego, salvatemi... Non riesco a sopportare questa cosa troppo grande per me. Più cresco io più aumenta quest'agonia che mi lace

[continua a leggere...]




Pagine: 1234... ultimatutte



Cerca tra le opere

La pagina riporta i titoli delle opere presenti nella categoria Tristezza.