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Racconti sulla tristezza

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Il volo per la fine

Ho scalato tutto il giorno per arrivare in cima.
Non so perchè fra tutte le montagne ho scelto questa, forse perchè è abbastanza alta per porre fine a tutto. Fine alla mia vita.
Oggi non sbaglierò tornando indietro, questa è la volta buona.
Oggi sono consapevole di quello che sto facendo, e mi sento bene come non mai.
Eccomi in cima alla montagna, stanco, distrutto ma contento.
Giusto il tempo di una sigaretta, l'ultima, e poi... si aprono le danze.

Ho sempre amato le montagne, non chiedetemi il perchè.
Solo che qui vedo il mondo in un altro verso, da qui il mondo è un libro aperto.
La città è padrona di noi e della natura stessa. Padrona.
Il traffico, le luci, la musica, la gente, il frastuono da emicrania.

Odio tutto questo.
" Ascolta queste parole.
La pace si ottiene con la morte."

La pubblicità è padrona della mente, che ti porta a pensare ciò che pensano gli altri che ti porta ad avere dubbi che ti portano all'inganno di tutto questo.
La televisione è padrona del nostro tempo. Quattro stronzi in bianco e nero che ci mostrano la loro vita rinchiusi in una scatola contenente il mondo.
La fede è padrona della vita. L'uomo ha creato Dio per darsi una risposta e non dare di matto.
La guerra, la fame, la religione, la scienza, la tecnologia, le razze. Il progresso di questa merda

Odio tutto questo.
" Pensa a chi eri quando sei nato e all'uomo che sei diventato.
Cerca di respirare, cerca di uscire da questo fumo tossico."


Gente di basso livello, criminali, sono schiavi di questa città.
Sui loro volti vedi la disgrazia, la sfortuna, l'ignoranza perpetua.
Il governo, la politica. Solo soldi, soldi e soldi, e delle promesse neanche l'ombra.
Il cinema è arte, l'arte è fantasia, la fantasia è l'immaginazione, l'immaginazione è bla bla bla.

Odio tutto questo, anche i bla bla bla.
" Guarda il mondo come va e chiediti se sei veramente felice.
Quel soffio freddo d'inverno ci ha portati via con sè."


Ades

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Tra le pagine di un vecchio libro

Sfogliando oggi un vecchio romanzo giallo del 1974, comprato per tre euro da un bancarellaro estivo tanti anni fa, tra le pagine ingiallite ho trovato un foglio di quaderno, giallo anch'esso, riempito fitto fitto... una brutta copia, forse; ho letto: lo sfogo di un anonimo: increscioso, e triste (mai arrivato al destinatario, forse) però meritevole d'esser letto. Eccolo.

Monza, 24 ottobre 1976

"Oggi son sconvolto, giovinetto, oggi giovane uomo, che mi rubasti l'anima.
Amico, mi allontanai (speravo, solo temporaneamente) da te, quasi vent'anni fa, rassegnato all'idea che quell'incontro fisico inconfessabile, che solo la fantasia mi consentiva di compiere, era impossibile da ottenere: anelato solo da me, credo... era indispensabile, per sopravvivere, interrompere quella tortura; e che taglio doloroso, fu! Non mi volesti vedere mai più.

Col trascorrere dei lustri, sempre sperando di rincontrarti, tuttavia sempre più libero dalla morsa dell'infatuazione, mi son convinto nel profondo che quell'atto piacevolissimo, mai tradotto in realtà, così da me tanto desiderato e da te giustamente rifiutato, sarebbe stato sbagliato e fuorviante. Per lungo tempo, ed in parte ancor oggi, mi son vergognato e colpevolizzato per averlo desiderato, e, soprattutto per aver cercato di irretirti, di preparare il terreno. Il danno maggiore era tuttavia evitato. Credo. Potrai mai perdonarmi?

Ho poi capito che quel tipo di mie pulsioni (Oh Dio mio, perchè m'hai fatto co 'sta brutta sbrecciatura?) potevano, e dovevano, esser controllate e contenute nelle fantasie da cameretta, per ridar spazio, nel mio cuore e nel mio tempo libero, alle ragazze: pur sempre quasi inafferabili, corrispondenti all'identità di genere cui apparteniamo.

E poi? Tu, ragazze e fidanzate a volontà, chè quella bellezza scultorea non soltanto nel mio cuore faceva facile breccia! Tu, quasi solo disgusto e riprovazione, pe' quelle mie mi

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La risposta

Io lo guardo senza dire una parola.
Flavio ha gli occhi chiusi, ma so che in realtà è sveglio. Guardo la flebo di morfina. È quasi finita.
Tutto è quasi finito, penso.
Mi volto verso la finestra e vedo che piove. Che sta quasi diluviando, che il cielo è nero ma squarciato ogni tanto da lampi che risplendono terribili in quell'oscurità.
Nessuno dovrebbe andarsene così, con questo tempo, penso.
Flavio apre gli occhi e abbozza un sorriso. Stanco, ma è pur sempre un sorriso bellissimo.
E io non capisco il perché, ma mi viene da incazzarmi. Mi verrebbe da gridare "Ma che cazzo c'hai da ridere? Non lo capisci che stai morendo?".
Ma non dico nulla e gli sorrido di rimando. Ho il sospetto che fra i due sorrisi, quello del mio amico sdraiato in un letto d'ospedale del reparto di oncologia, sia l'unico sincero.
«Come va? », chiedo. Mi rende conto quasi subito dell'assurdità della domanda.
«Cioè no, lascia stare - cerco di sviare il discorso - lo immagino come puoi stare».
«Ah si? E come posso stare» dice Flavio.
«Bhe... insomma», bofonchio, ma non so cosa dire.
«Sto», dice semplicemente Flavio.
«Stai? ».
«Sto. E tanto mi basta. ».
Io annuisco, non convinto di aver compreso, ma contento che lui sia ancora lucido.
Flavio inclina la testa verso la flebo appesa al supporto vicino al letto: «Questa roba è favolosa. Davvero. Vuoi farti un giro anche tu? », dice, con un passabile entusiasmo.
«Grazie, magari dopo».
C'è una frazione di secondo in cui penso che magari si, un giro me lo farei anche, se servisse a non sentire tutto questo male. Ma so che non è un male fisico il mio, è qualcosa dentro che si sta crepando, come la superficie ghiacciata di un lago.
«Ti va di parlare? », domanda Flavio.
«Se va a te, e se non sei stanco».
«No, te l'ho chiesto io, no? ».
«Allora va bene. Di cosa vuoi parlare? ». Ma temo la risposta.
«Secondo te che cos'è la vita? ».
Non rispondo. Abbasso lo sguardo e mi fisso i piedi.
«La v

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MRS. SKAKO

Dolce il ricordo del nostro primo incontro:
tu una palla di pelo arrotolata e con la coda ti sei soperto gli occhietti furbi.
Timido.
Mi hai fatto tanta tenerezza.
ti portai a casa, ti trovai subito una sistemazione:
col passare del tempo sei diventato il principe!
Tu semplicemente un furetto, il mio bimbo...
sei stao trattato su un piatto d'oro.
Le prime notti in bianco...
Le nostre prime passeggiate per il centro...
Le giornate al parco...
Le serate nelle piazze...
Il vederti dormire su un'amacana...
Il bagnetto, profumavi di latte di mandorla...
Il vederti gustare un pezzetino di mela...
I tuoi leccherini...
Il tuo farti coccolare...
Ricordo ancora quando ti sei "ubriacato",
leccando una goccia da una bottiglia di birra...
Hai dormito per quasi un giorno intero.
Quando giocavamo a nascondino...
Quando volevi entrare a tutti i costi nella mia cameretta:
solo a te consentita fin dal primo minuto!
Tu, così anarchico, ma di una dolcezza impressionante!
Venni tra le mie braccia il 14 aprile 2002
Avevi appena 6 mesi di vita
Ero già innamorata di te!
Fu proprio un colpo di fulmine!
All'inizio dì, un po' difficile la convivenza:
era tutto nuovo per me e sicuramente anche per te!
Ma ce l'abbiamo fatta!
Il 29 novembre era/è la data del tuo compleanno:
si festeggiava con torta e regalini!
Non ti consideravo come un animale eri il mio bimbo!
D'estate quando io partivo per il mare, quanto avrei voluto portarti con me, ma ogni volta era già una incognita per me,
non potevo permettere che ti succedesse qualcosa!
Mia Sorella o mia Mamma, Zia e Nonna (ovviamente)
si prendevano cura di te!
La gioia al rientro nel rivederti e scambiarci coccole e bacetti!
Il legame di un amore si interruppe:
mi lasciai con il mio fidanzato colui che ti portò a me come
simbolo del nostro amore datato 25 aprile 2001!
Il mondo crollò...
La cosa peggiore è che lui mi ricattò con un baratto:
ti lasciava a me in cambio di un giaccone di pel

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   5 commenti     di: Jina Sunrise


Senso di desolazione

Con questo termine si possono intendere svariate cose. Nel caso della depressione può trattarsi di uno dei modi per provare a definire quella sensazione di vuoto esistenziale che induce molti a farla finita, insieme alla sofferenza che l'accompagna. Bisogna anche tenere a mente i vari livelli di depressione. In caso di depressione grave quel senso di desolazione lo si prova indifferentemente da qualsiasi fattore esterno, altrimenti sono proprio questi fattori a far si che la desolazione raggiunga livelli similmente critici. Io soffro di una depressione persistente da circa un decennio, ma solo la mia situazione personale può aver contribuito a scatenarla e protrarla fino ad oggi. È desolazione quando intorno a me è rimasta solo mia madre: nel giro di una dozzina d'anni ho avuto diversi lutti familiari, la perdita definitiva di qualunque amico, lo sfumare di qualsiasi ambizione sentimentale (almeno in merito a quelli che dovrebbero essere gli anni della gioventù), la perdurante disoccupazione che tinge il mio futuro di tinte sempre più fosche. Mi sento un peso morto della società, un fallito troppo svuotato di energie per tentare solo di continuare a tentare d'imboccare l'ennesima via d'uscita. Se mi guardo intorno vedo fin troppe persone realizzate, con vite complete e con un senso compiuto.

Ogni volta che rifletto lucidamente sulla consistenza effettiva di questo senso di desolazione, sento che non dovrei più esitare a prendere un coltello e affondarmelo in gola, ma mi trattiene sempre il senso di colpa nell'infliggere ulteriore dolore a mia madre, che già soffre a sapermi infelice, ma che non può fare a meno di spronarmi a reagire come ha sempre fatto: a suon di pungolate risentite e inducendomi a moltiplicare gli sforzi per cercare lavoro (anche se spesso si tratta della prospettiva di lavori schifosi, che ridurrebbero gli anni universitari a mero tempo sprecato). Ogni volta che accade finiamo col litigare e l'impulso di farla finita torna irruent

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   2 commenti     di: Luigi Lucantoni


Sperare ferisce

Rumore di motori e il mio cervello si risveglia.

Mi ero quasi dimenticato del luogo dove mi trovavo, mi ero assopito incurante di ogni dimensione temporale o spaziale. Di fronte ai miei occhi il portellone del veicolo nel quale ero stato rinchiuso per un qualcosa del quale non mi sentivo minimamente responsabile: non provavo alcun rimorso, forse la mia giovane età mi rendeva più spavaldo di quel che ero. Sapevo benissimo quali sarebbero state le conseguenze della mia azione; mi avrebbero atteso tanti anni di reclusione, abbandonato a me stesso. Se solo avessi pensato... Il veicolo si fermò, e dopo un lasso di tempo nel quale dovevano essere sbrigate le pratiche di accettazione, mi fu assegnata la mia cella fredda e tetra. Era isolata da ogni lato, nell'ala più esterna dell'edificio; come la mia ve ne saranno state cinque o sei, ed erano tutte collegate da un lungo corridoio che era diretto al centro dello stabile. La prima volta che misi piede in quella stanza era buio, e da quella grata, che tutti erano tutti soliti chiamare finestra sembrava che stesse per iniziare un forte temporale ma non mi ci soffermai più del dovuto. Nelle ultime due settimane prima di arrivare qui avevo davvero toccato il fondo, per fame e stanchezza; avvertivo forti crampi allo stomaco e il sonno perso era davvero troppo per essere recuperato, gli occhi gonfi e le occhiaie profonde e marcate. Essendo pomeriggio inoltrato, attendevo con ansia il pasto serale seduto sulla mia branda, e incominciai a percepire un rumore sempre più forte dall'esterno. Allora mi alzai di scatto e mi voltai verso la grata per vedere se effettivamente vi era qualcosa. Notai che infatti aveva cominciato a piovere e nello scroscio mi sembrò di sentir echeggiare una melodia conosciuta e mentre fuori pioveva, lacrime cominciarono a cadere dal mio volto colpito dal vuoto di questi giorni; più osservavo la fredda pioggia invernale infrangersi sul terreno, più le mie lacrime scivolavano verso il basso co

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   0 commenti     di: Andrea Guidi


Fortemente fragile

Non ci si rende mai conto di quanto siamo fragili, finchè non ci si guarda allo specchio. E non è il viso stanco a far la differenza o le occhiaie di cui neanche ci preoccupiamo di coprire o quei capelli che, appena svegli, paiono tanti cactus impazziti. È il sorriso la goccia che fa trabbocare il vaso. È il sorriso che mente, che è fuori posto su quel viso sciupato, vicino a quegli occhi ingenui, inespressivi e lontani. Persi.
Hai fatto più volte la prova davanti allo specchio : ti sei detta < rilassati >, hai fatto un sospiro di incoraggiamento, poi hai cominciato a mentire a te stessa, dicendoti < va tutto bene > e via a sorridere. Il primo esce sempre una smorfia, sempre meglio il secondo che viene spontaneo dopo aver guardato la faccia nel fare il primo. Il terzo è quasi sempre quello più originale, perfetto, a prova di urto di persone, direi. Le lacrime le hai ingoiate a forza, gli occhi lucidi vanno sempre di moda - pensi - perchè cambiano il colore della tua iride e ti rendono irresistibile. Per il rossore, invece, non c'è nulla da fare, tocca tenertelo, puoi sempre dare la colpa all'allergia, ce n'è sempre una in ogni stagione, la scusa è sempre valida.
Okay. Sei pronta per il mondo. Puoi uscire allo scoperto.
La porta del bagno si apre e tu esci come nuova, come una modella che esce dal suo camerino pronta per essere fotografata da sguardi indiscreti.
< Ehi, Ashley, va tutto bene? > Prima occhiata strana, primo sorriso di battuta.
< Sì, certo > Man mano che lo ripeti ti senti più convincente e la recita va avanti senza intoppi. Puoi procedere così per tutta la giornata, i crampi allo stomaco del cuore per la fatica di trattenere le emozioni, denti stretti, pungi in mano, puoi sempre farcela, basta crederci.
Intanto ti consoli pensando a sera : all'esplosione che potrai finalmente avere, alla libertà che ti sarà concessa, lontano dagli sguardi indiscreti, a essere quella che sei, fragile. Persino un po' bambina. E ti sforzi perc

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   14 commenti     di: Argeta Brozi



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