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Racconti sulla tristezza

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Pensieri nella notte

Pensieri nella notte, dove tutto tace e la mente corre veloce in questo folle tormento che mi scoppia dentro, che impazza in me come una furia incontrollabile!
Silenzio ovattato dove le uniche note di questo notturno pentagramma, suonano solo per te, che vivi nel mio mondo che ti desidera e ti cerca.
Accarezzarti l'anima, solleticarti il cuore per farti innamorare,
per sentirti solo mio e donarmi in questa dolce ossessione, mentre questo tempo ingrato e crudele mi stritola in una feroce morsa!
Come una spada nella roccia, tu mio dolce sogno, vivi ed accompagni il lento e solitario scorrere di questo cammino terreno, che spero, mi condurrà all'Eternità!
Nel frattempo combatto questa spietata ed impari battaglia che, giorno per giorno, mi trova in prima linea, perennemente in 'trincea'.
'Destino crudele'!, direbbe qualcuno, sicuramente difficile da gestire, in cui niente scivola via, ma anzi, rimane con tutto il peso e l'amarezza che mi sembrano proprio cuciti addosso.
Pensieri nella notte..., che affollano la mente, mentre un micio insonne miagola disperato chissà poi perché, ed io sono sola con questo fardello di dolore ed amarezza, ma con la speranza del tuo amore e con questa vita vissuta combattendo!
Mi giro e mi rigiro, ma non riesco ad addormentarmi: la vita mi scorre davanti, portandomi ricordi e sensazioni vissuti altrove,
tanto tempo fa...



Una ragazza triste

Ero seduta sul letto. Il mio sguardo puntava fuori alla finestra. Guardavo la pioggia cadere, era una mia abitudine. Mi piaceva. Ogni goccia era come una lacrima, ma a sua differenza non faceva male al cuore.
Mi alzai e mi affacciai. Una folata di vento mi tirò indietro i capelli, e mi portò a guardare dall'altro lato. Ma non c'era niente di bello da vedere. Solo strade e palazzi. L'aria era fredda, e ciò era positivo. Odiavo il caldo.
Tornai al letto e guardai l'ora sul cellulare che avevo lasciato sul comodino. Le 7. 30. Dovevo vestirmi in fretta, altrimenti avrei fatto tardi a scuola. E di acchiapparsi le ramanzine dei prof proprio non mi andava. Almeno non quel giorno.
Aprii l'armadio. Presi una di quelle felpe maschili che mi piacevano tanto e un paio di jeans scuri. Misi le scarpe da ginnastica e presi la matita per occhi. Mi truccai poco, poi cercai di aggiustare i capelli. Erano castani, lunghi e mossi, incorniciavano perfettamente il mio viso pallido formando un evidente contrasto. Mi odiavo. Odiavo i miei lineamenti spigolosi e miei occhi anonimi e inespressivi. Odiavo il mio non riuscire in niente. Ero sempre sbagliata, sempre troppo bassa, sempre troppo grassa o troppo magra. Sempre sola... nessuno sembrava trovare qualcosa di interessante in me. Mi ritenevano noiosa e deprimente.
Ma potevo benissimo cavarmela da sola, non avevo bisogno di nessuno.
Presi il mio zainetto viola e uscii dalla stanza. Mentre percorrevo il corridoio sentivo i miei genitori urlare... il rumore di un piatto rompersi... altre urla... un pianto, di una voce troppo dolce per essere di mio padre...
Respirai profondamente e mi affrettai ad uscire di casa. E subito ero in strada, camminavo a passo veloce con le cuffie nelle orecchie. Nel mio lettore mp3 solo brani di musica classica. Secondo me quella era la musica migliore. Riusciva a comunicare senza dir parola. Era capace di farti provare emozioni incredibili...
C'erano studenti davanti a me, e dietro. Ne ero cir

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   4 commenti     di: Roxy xD


Confessione d'amore

... a Te sacrifico ogni mio pensiero, mentre come scintilla silente trapasso la profondità del tuo cuore affinché, goccia dopo goccia, sgorga Amore. Stringere la tua mano, morire dei tuoi baci... bramo le tue labbra, sospiro nel desio delle tue verità occulte! Fammi Paradiso, fammi Inferno. Modellami con la tua Passione!
Non temere i miei occhi, non temerli ora che li hai visti e in essi hai letto; e prova ad ascoltare la loro voce. Son l'Eterno che si frantuma in mille istanti figli del tempo. Sono il tuo dio, sono il tuo demone. Per te divento luce. Per te divento ombra.
Ho cavalcato in mezzo a diavoli affamati, sprezzante delle fiamme che non conoscono spengimento. Ho sopportato con fierezza il bollore del sangue che impietoso mi inondava le vene. Ancor' oggi bramo i tuoi morsi, più che mai voglio che mi graffino le ossa, squarciandomi le carni e bruciando il mio corpo. Immagino e sogno l'umido del tuo tocco, allorché come cagna appassionata, perennemente votata alla ricerca di una dignità oramai per sempre smarrita, mi lecchi l'anima.
Ti penso e ne soffro. Ti penso e non riesco a non farlo. Mi consumo, nella mente, in tutto me stesso. Nulla di me è immune da tale dolore. Mi fa male. Ovunque.
Ti cerco, come tenero infante senza malizia. Ingenuo e illuso. Ti sogno. E maledico l'attimo del mio risveglio. Provo a riaddormentarmi, mentre inesorabile mi sfugge l'ultimo barlume di un romanzo ad arte creato dalla mia immaginazione...
Non mi chiedo più il perché. Non osteggio più questa mia follia d'amore. La sento amica. La sento parte della mia persona. Non è cosa estranea alla mia vita, ma mai, fin ad ora, mi ero mai accorto di lei. Sono troppo preso da te. Dalla felicità che puoi donarmi. Dalla tua magica arte nel fare sentire libero questo povero schiavo del tuo cuore, di quella carne sanguinante che lo riveste, tenendolo stretto, in una morsa che lascia senza respiro, che cattura e ingoia anche il più impercettibile suono del suo battito.

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   9 commenti     di: Duca F.


Amore perduto

Non riesco a dimenticare il vuoto che mi hai lasciato, quando mi hai detto addio...
Senza ragione e senza un perché... e adesso per amore sto morendo...
Ê stato un'amore breve, ma il dolore é immenso. Così come si dice l'amore é spesso amaro. Tu eri per me la stella della sera e quella del mattino, eri la mia gioia, quando stavo con te mi sentivo vivo, amato, ma il tuo ricordo non é necessario, non basta per farti ritornare da me...
È difficile guarire di colpo da un'amore così... non esiste medicina... non esiste rimedio, se non amare di più!
Muoio al pensiero di saperti con un'altro...
E vivere senza di te, é vivere senza felicità!
Vorrei essere per te il più grande amore mai provato, con la consapevolezza che non potrà mai ripetersi!! Ma quando il tuo amore non é ricambiato, é solo sventura...
E scrivere é inutile...
Ma ho capito che in amore il solo fallimento consiste nel non tentare più... perché Tu solo sei la mia Felicità!!



Un giorno arriveremo...

- Da Quanto tempo non senti l’odore del mare? -
Saverio si prese un po’ di tempo prima di rispondere
- Da 6 anni Jack, sono 6 anni –
- E da quanto non ti senti libero? –
- Non mi sono mai sentito libero Jack, in un modo e nell’altro questa vita è sempre stata scritta da qualche parte –
Jack si accese una Lucky Strike e fece un lungo tiro.
- E se provassimo ad andarcene? Saresti pronto a mollare tutto, a rimetterti in gioco? –
- Mollare tutto? Io ho solo una madre che non ha mai saputo dirmi chi è mio padre. Non ho niente da perdere Jack –
- Non dovrai avere paura, lo sai questo? –
Saverio sorrise e senza guardare l’amico rispose
- Lo so, ma non avrò paura –
Jack fece una lunga pausa nella quale finì la sua sigaretta.
Era una bella giornata resa tersa dal vento che soffiava.
- Sarà dura, dovremo sopportare giorni di fatica e superare non so quante colline, e in tutto questo la buona sorte non viaggerà quasi mai insieme a noi –
Saverio annuì senza interrompere l’amico
- Nei giorni d’arsura, quando il sole rovente inaridisce i campi, ci saranno mercanti di liquore che ci offriranno da bere, ma spesso saranno solo un miraggio, uno scherzo della nostra mente stanca. -
Jack si accese un’altra Lucky Strike, fece tre tiri e passò la sigaretta all’amico, e dopo qualche secondo di silenzio riprese il suo discorso
- Dovremo viaggiare sui treni come clandestini, tra polvere e zanzare, e non avremo pistole per difenderci.
Spesso dovremo sopportare la fame, ma sono sicuro che prima o poi arriveremo –
Saverio buttò la sigaretta e guardò l’amico
- Arriveremo dove Jack? –
- Dove non dovremo più scappare, dove ci sarà odore di terra, tequila e libertà. –
- Ho voglia d’innamorarmi Jack, ho voglia d’amare una donna come non ho fatto mai in vita mia –
Jack si voltò a guardare l’amico e si accorse che i suoi occhi erano lucidi e pieni di sogni, gli sorrise con quel sorriso sporco che aveva fatto tre

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Il bastardo abbandonato

Il bastardo abbandonato

C’era una volta… già, in effetti, c’era… chi può negarlo? Ma…

(Non è detto che non si corra un rischio quando si comincia col dire: “C’era una volta…”, infatti si può dare la fondata impressione che una volta, c’era… e che adesso non c’è più.
Pertanto non inizieremo in questo modo, lettori cari (anche se i fatti narrati, ormai, magari li ha già, da gran tempo, dimenticati forse anche il protagonista di questa storia), poiché ancora c’è. Eh, sì, poverino, c’è.
Non diremo in che condizioni, per riguardo alla sensibilità delle lettrici più compassionevoli.
Si va a conoscerlo. Pronti? Bene, allora mano ai fazzoletti, ché forse, più avanti, ci si intenerisce un poco).
***
Insomma, c’era un omettino piccolo (e maluccio in arnese, ma maluccio assai, eh!), corredato di tutte le principali malattie, tra le quali alcune di importanza internazionale, che cercava un posto di lavoro.
E lo cercava nella sua divisa ufficiale: una giacchetta a quadrettini, di quelle che usavano?" una volta dismesse dal fratello più grande o dal cognato facoltoso?" qualche decennio orsono, un paio di calzoni in tinta, di due taglie più grandi come la giacca, berrettuccio di pelo accartocciato d’animale (e di colore) indefinibile ma certamente suicida, mocassini la cui consunzione era solo parzialmente velata da uno strato simbionte di polvere antica, un borsello, infine, in finta pelle di bue morto di crepacuore, ch’era l’immancabile complemento della sua livrea di ragioniere computista provetto.

(Si dirà, inoltre, ma solo allo scopo di restituirgli un poco del bagliore incerto della sfilacciata dignità, ch’egli aveva un nome. Ah, sì! Eccome! Il fatto poi che l’Autore non lo ricordi in questo momento, nulla toglie, nondimeno, all’integrità morale dell’omino in questione…)
***
Ma insomma, come fu, come non fu, un giorno si presentò, rigirandosi il berrettucci

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Senza esserti accanto (storia di una donna malata)

Caro mio, luce dei miei occhi... sono qua che scrivo sotto la pioggia, ferma alla fermata del bus; Avrei voluto chiederti tante cose.. ma io sono troppo debole e stanca per farlo.
La malattia mi sta consumando piano piano e ormai sono allo strenuo delle mie forze...
Spero che questa pioggia, ti ricordi me.. la tua donna per 2 mesi e poi mi hai scaricato come fossi immondizia, solo per il mio handicap che non mi permetteva di parlare; queste parole, anche se non le posso dire, vengono dal cuore e riporto tutto sulla carta affinchè quello che pensavo su di te ti potesse arrivare nella tua buca delle lettere.
Nonostante fossi malata, tu hai abusato di me.. mi hai lacerato l'anima come fossi una mela... e se anche ti chiedevo di smettere tu continuavi imperterrito a picchiarmi.
Ho passato almeno un mese in ospedale... e ogni volta dovevo dire ai medici che ero caduta dagli scaloni... e tu non sei neanche passato a trovarmi.
Ho capito da poco quello che tu sei... un mostro arrogante che si diverte a distruggere le speranze di ogni persona...
Alla faccia tua, adesso sono fidanzata con un uomo che mi apprezza per quello che sono e che accetta la mia malattia..
Ma... se vivo ancora con il ricordo di te che mi butti sul letto, Alzi le tue mani verso di me e subito dopo che sono buttata a terra con solo una coperta addosso e con un agonia strappata, allora preferisco morire...
Infatti... Guarda sta passando un'autobus proprio in questo momento...
(A questo punto si interrompe la lettera)




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