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Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., poiché un mattino, senza che avesse fatto nulla di male, egli fu arrestato. La cuoca della sua affittacamere, cioè della signora Grubach, che ogni mattino verso le otto gli portava la prima colazione, quel giorno non venne. Era la prima volta che una cosa simile capitava. K. aspettò un poco; col capo appoggiato al guanciale, notò che la vecchietta sua dirimpettaia lo osservava con una curiosità per lei del tutto inconsueta, ma poi, deluso ed affamato ad un tempo, si decise a suonare il campanello. Subito bussarono alla porta, ed entrò un uomo che in quella casa K. non aveva mai visto prima.[...]
Disse "Temo che finirà male. Sei ritenuto colpevole. Forse il tuo processo non andrà neppure oltre un tribunale di grado inferiore. Almeno per il momento, la tua colpevolezza si dà per dimostrata." "Ma io non sono colpevole," disse K., "è un errore. E poi, in generale, come può un uomo essere colpevole? E qui siamo pure tutti uomini, gli uni quanto gli altri." "È giusto" disse il sacerdote, "ma è proprio così che parlano i colpevoli." [...]
Non aveva più scelta, se accettare o rifiutare il processo, vi era dentro e doveva difendersi. Se era stanco, tanto peggio.[...]
Spesso è più sicuro essere in catene che liberi.

 


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