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Snuff

È il rombo della neve infuriata che sorprende lo sciatore impegnato in un fuoripista. È il momento in cui il paracadutista tira la cordicella e si rende conto che il suo angelo custode in poliammide ha deciso di prendersi un giorno di ferie. Il ghigno che appare sullo schermo del TomTom mentre ti sussurra all'orecchio "Beh, che ti aspettavi? Te l'avevo detto che era meglio andare a Rimini come tutti gli altri. Ma tu no, hai preferito fare lo stronzo. E allora divertiti, coglione, io me ne torno a dormire."
Il buffer overflow di associazioni (lasuorailpreteglisposilamarijuana) che mandano in pappa il cervello mentre Manny Calavera affila la falce e con timbro baritonale promette percosse ad una strada non abbastanza innocente.
Forse si ripercorre il viale dei ricordi a velocità superluminale come nei film, forse si vede solo la striscia bianca dell'asfalto che si avvolge in bizzarre piroette fino a proiettarsi nel cielo.
Alle quattro e mezza di un sabato notte passato a divorare curve e lasciarmi divorare da memorie mai realmente vissute fermo la macchina sul delta di una strada non asfaltata. Morgan rantola in sincrono con la voce del lago ("... Ma ora ho vent'anni, mi sembra una vita, son rimaste poche cose... E ho molti meno amici. Qualcosa mi è nuovo: è la paura di esser solo... E il mio amore dov'è? Chi c'è al posto mio?") ed io guardo l'ultimo centimetro della sigaretta scomparire in un pigro sbuffo di fumo.
Qualche macchina mi passa vicino di tanto in tanto, ansiosa di raccontare la sua storia l'indomani agli amici del bar, nel tentativo disperato di gridare al mondo "sì, ci sono anch'io". Nel tentativo disperato di affermare la propria esistenza scavando solchi più o meno incolmabili nell'animo altrui.
Un paio di volte pensieri distanti trenta chilometri veicolati in codice binario attraverso l'etere fino al display di un piccione viaggiatore Nokia si aggrappano alle mie gambe e mi trascinano via. Penso che in fin dei conti a volte sia bello sapere che che il proprio canto non sia andato perduto e che qualcuno lo ricordi nel suo dreamtime.
Se siamo costretti a esistere semplicemente in quanto proiezioni di sensazioni altrui, beh, tanto vale dare loro la forma arcuata di un sorriso.

 

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6 commenti:

  • Phlebas Il Fenicio il 01/01/2012 12:55
    Ecco, allora è meglio aggiungere che "parvissima" non so nemmeno se sia latino corretto, era solo per aumentare il concetto di umiltà da parte mia nei confronti di quelli che per me sono due mostri sacri xD Ciao!
  • mariateresa morry il 01/01/2012 12:51
    Caro Marco, con il latino me la cavo assai bene, gli altri due autori invece non sono nella mia confidenza letteraria. In ogni caso l'importante è scrivere se stessi... procedo a leggerti, Ciao!!
  • Phlebas Il Fenicio il 01/01/2012 12:49
    Per quanto riguarda le tematiche tecnico/mediatiche le influenze maggiori sono da ricercare (si parva, parvissima, licet) soprattutto in David Foster Wallace e Thomas Pynchon
  • mariateresa morry il 01/01/2012 12:13
    Dicerto lo stile è molto particolare, la comunicazione dei concetti un poco ostica, cerco di leggere altre tue cose prima di dare una mia modesta opinione... mi sovvengono alcuni autori americani, un poco William Burroughs, anche se allora non c'erano le tematiche tecnico-mediatiche di oggi.
  • Phlebas Il Fenicio il 30/12/2011 20:33
    Grazie ^^ E complimenti per aver riconosciuto Bill!
  • Anonimo il 30/12/2011 20:15
    "nel tentativo disperato di gridare al mondo "sì, ci sono anch'io". Nel tentativo disperato di affermare la propria esistenza scavando solchi più o meno incolmabili nell'animo altrui."
    Mi piace il tuo stile...
    p. s. bill hicks

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