Ciao, nonno. Ti ricordi di me? Lo spero tanto.
Sai, a me capita spesso di pensarti. Vedo ogni giorno i sedili della mia auto imbrattati dai tuoi pensieri bianchi e vischiosi. E dire che io ci ho provato a pulirli, lo giuro davanti al tuo miserabile dio. Ho finito col consumare intere fabbriche di vetro nel tentativo di cancellare il passaggio della tua lobotomia per niente frenata da candele in lattice.
Quando cammino mi fanno male le ginocchia. I jeans scivolano sulle cicatrici che mi sono rimaste da quella volta che mi volevi insegnare ad andare in bicicletta e io sono caduto. Un rullo compressore da venti tonnellate mi è passato sopra e io sono morto. Non è mica fico come dicono quei cantanti con la faccia pitturata e tutta quella roba appuntita addosso. Ma che ne sanno, loro.
Ma io provo ancora a volerti bene. Ho preso i tuoi documenti, stamattina. Sai, quelli in cui hai la faccia giovane e nemmeno un'arteria occlusa. Ho preso una penna color incubo e ti ho truccato come Eric Draven. Solo che la tua foto si è incazzata un casino. Mi ha mangiato la penna e io adesso non so più come fissare le date sull'elenco telefonico.
Adamo non nacque in tempo per venire al tuo funerale. La bara era vuota, tu sorseggiavi succo d'ananas in un bar lontano dal fiore di loto mentre Caronte a quadretti ti traghettava verso una riva che non hai mai voluto raggiungere.
Quella vecchia bicicletta è ancora in garage, sepolta da qualche parte sotto lucciole e gufi. Di notte la sento gridare, ma io stringo forte il mio carro Katjusha e aspetto l'alba senza piangere. È stato Satana a insegnarmi a guidare la Katjusha. Lo ricordo ancora con un Arbre Magique appeso al collo e una rosa tra i capelli. Mi sono beccato anche 30 euro di multa per non aver investito una comitiva di turisti marziani in visita al ricordo quando presi posto dietro alla cloche per la prima volta.
A volte mi sento strano. Le lapidi lanciano le liane dai polsi, ma io sono diventato bravo a schivarle e non mi faccio più fregare. Dovresti essere orgoglioso di me, nonno.
Magari uno di questi giorni passerò a trovarti come ai vecchi tempi, che ne dici?
Dei fiori, una preghierina, un grazie al cielo per la tua buona mira. Non chiederesti altro, io lo so.
Ed invece io e Billie Joe saremo lì davanti a ridere.
I suoi occhi socchiusi e le labbra tormentate, mentre piscio sui resti della tua esistenza di bollette e schedine. Mai realmente scollato dalla sua sedia-velcro, eppure in viaggio per il Paradiso.
Sorridi, nonno, finalmente sono riuscito a trovarti un posto.