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La chiesa di Polenta

pagine: 123

Agile e solo vien di colle in colle
quasi accennando l'ardüo cipresso.
Forse Francesca temprò qui li ardenti
occhi al sorriso?
Sta l'erta rupe, e non minaccia :
in alto guarda, e ripensa, il barcaiol, torcendo
l'ala de' remi in fretta dal notturno
Adrïa: sopra
fuma il comignol del villan, che giallo
mesce frumento nel fervente rame
là dove torva I'aquila del vecchio
Guido covava.
Ombra d'un fiore è la beltà, su cui
bianca farfalla poesia volteggia:
eco di tromba che si perde a valle
è la potenza.
Fuga di tempi e barbari silenzi
vince e dal flutto de le cose emerge
sola, di luce a' secoli affluenti
faro, I'idea.
Ecco la chiesa. E surse ella che ignoti
servi morian tra la romana plebe
quei che fûr poscia i Polentani e Dante
fecegli eterni.
Forse qui Dante inginocchiossi?
L'alta fronte che Dio mirò da presso chiusa
entro le palme, ei lacrimava il suo
bel San Giovanni;
e folgorante il sol rompea da' vasti
boschi su 'I mar. Del profugo a la mente
ospiti batton lucidi fantasmi
dal paradiso:
mentre, dal giro de' brevi archi l'ala
candida schiusa verso l'orïente,
giubila il salmo In exitu cantando
Israel de Aegypto.
Itala gente da le molte vite,
dove che albeggi la tua notte e un'ombra
vagoli spersa de' vecchi anni, vedi
ivi il poeta.
Ma su' dischiusi tumuli per quelle
chiese prostesi in grigio sago i padri,
sparsi di turpe cenere le chiome
nere fluenti,
al bizantino crocefisso, atroce
ne gli occhi bianchi livida magrezza,
chieser mercé de l'alta stirpe e de la
gloria di Roma.
Da i capitelli orride forme intruse
a le memorie di scalpelli argivi,

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