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Il mio Dio è fragile

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Il mio Dio non è un dio duro,
impenetrabile, insensibile,
stoico, impassibile.
Il mio Dio è fragile.
È della mia razza e io sono della sua.
Lui è uomo ed io sono quasi Dio.
Perché io possa gustare la divinità,
Egli ama la mia insignificanza.
Fece l'amore fragile, conobbe
la gioia umana,
l'amicizia, la felicità di questa terra
e di ciò che contiene.
Il mio Dio ebbe fame, sognò e conobbe
la fatica.
Il mio Dio fu sensibile, andò in collera,
conobbe la passione e fu dolce
come un bambino.
Il mio Dio tremò dinnanzi alla morte.
Conobbe il seno di una madre.
Bevve tutta la tenerezza della donna.
Non gli è mai piaciuta la sofferenza.
Non fu mai amico della malattia:
per questo guarì i malati.
Il mio Dio patì l'esilio, fu perseguitato
ed acclamato.
Amò tutto quanto è umano: le cose e
gli uomini, il pane e la donna; i buoni e i peccatori.
Il mio Dio fu un uomo del suo tempo.
Vestiva come tutti, parlava la lingua
del suo paese, lavorava con le sue mani,
gridava come i profeti.
Il mio Dio fu debole con i deboli e
severo con i superbi.
Morì giovane perché era sincero.
Lo uccisero perché ai loro occhi
tradiva la verità.
Ma il mio Dio morì senza odio,
morì perdonando.
Il mio Dio è fragile.
Ruppe con l'antica morale dell'"occhio
per occhio, dente per dente",
della vendetta meschina,
per inaugurare un amore e
una violenza totalmente nuovi.
Il mio Dio si è trascinato al suolo
con la faccia a terra.
Tradito, abbandonato, incompreso,
continua ad amare.
Per questo il mio Dio vinse la morte.
E dalle sue mani nasce un frutto nuovo:

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