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A Zacinto

Né più mai toccherò le sacre sponde
ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell'onde
del greco mar da cui vergine nacque

Venere, e fea quelle isole feconde
col suo primo sorriso, onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque

cantò fatali, ed il diverso esiglio
per cui bello di fama e di sventura
baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura.

 


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7 commenti    

7 commenti:

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  • David Di Meo il 21/09/2014 20:11
    una bella poesia finalmente... farai strada!
  • giuseppe gianpaolo casarini il 05/09/2012 08:41
    Nostalgia per l'amata e la natia Zante (Zacinto).. accorati e struggenti i versi finali.. qui la poesia raggiunge il Parnaso e l'Elicona!
  • il 15/10/2011 17:30
    Ricordi di un tempo che fu, di spensierata giovinezza.
  • Andrea Raineri il 09/11/2009 00:01
    hai fatto una bella scelta!!!
  • ELISA GINANNESCHI il 06/09/2009 15:51
    oddio quanto mi ricorda le medie :'(
  • Roberta P. il 23/08/2009 09:15
    La adoro.
  • Luigia R. T. il 02/04/2009 17:28
    Personale recupero memoriale, mito e leggenda mirabilmente si intrecciano in questi versi, la cui cifra è l'inattingibilità dell'isola natale che - metafora della felicità vanamente cercata - circolarmente apre e chiude il sonetto.