Case di pietre rubate alla collina
da ruvidi omoni,
pietre arse levigate dal vento.
Uguali
eppur tutte diverse
piccole e malmesse
ferite dal tempo,
come è raggrinzito il volto
sdentata la bocca
infossati e perduti gli occhi
dei miei compaesani
ormai vecchi e soli
senza speranza
di una nuova primavera.
La casa che mi vide bambino
è nascosta
dispersa nella piccola massa
imbellettata di calce bianca
come un rossetto che stona.
Un tonfo al cuore me la presenta
corrosa svuotata rimpicciolita
come le mie gambe tremule.
Tutto è piccolo anonimo
senza i mobili di castagno
usciti dalle callose mani di mio padre
senza l'odore acre di un focolare sempre acceso.
C'è solo quel balcone sull'orizzonte marino
un antico profumo
un'anima
presenze e ricordi tanti.
Mi sento smarrimento
perduto
confuso in un turbine di pensieri.
Questa non è la casa
fredda
calda
mia,
nemmeno io appartengo
più a me stesso e alla mia casa.