Non lo riconosco, ma un viso mi appare.
È una nuvola che piange sul lago,
o una musica, più lontana,
ascoltata di notte, d'inverno.
Non lo riconosco, è un fuoco
che non è più sole, nè più peccato,
e che non è tempio.
Il vecchio asceta l'ho ucciso, ridendo.
Mi brucia, quel viso, ora piccolo ed umile.
Non mi guarda. Non è più terra nera,
capra e sangue.
Ora è donna da letto, che brucia.
E i pensieri ardono, fumano:
un comizio divorzista, il mistero della vita,
il computer che sbaglia, una notte a Calcutta.
Una birra gelata di notte.
Poi Dio: l'elettrone nel tempo,
l'emoglobina per sbaglio.
E la musica che ascolto: io
vittima, testimone, interprete, autore.
Del mistero orrendo e sublime.