È che son legati i nostri raggi
i paggi del pavone di colore
dei nostri abbracci
uscito da un quadro seppur in ritardo
esco espulso nel redimere il nostro sguardo
Le mie fragilità sono il grigio di questo cielo qua
le mie ardenti volontà sognano una speciale irrealtà
e si sentono e si nascondono
dopo che muoiono, vivono
dopo che nascono
Si masturbano con i peccati
sgorghi invani cadono
ingorghi di parole si aprono a me
flotti e frangiflutti flussi capovolti
e vagabondi
come la tua vitrea farfalla, s'allinea
puntella rosso porpora che si apre a me
mentre fai giri pindarici
E si sente la mia mantide
cosparge alito di neve nel fuoco
ormai bruciante e voglioso
cosparge sale sulla neve che
salati fiocchi tintillano nel tentativo
della mia gestazione d'intrinseca mistica essenza
della tua gestione delle cose
che rarefatte cadono rinascono e rivivono
per inventarsi e reinventarsi
quella rosa ancor più spumosa
di un onda di prua
di mille ed altre rose
che non sono più mie
dell'abitudine e dell'amore
dell'abitudine del mio pudore
dell'abitudine e dell'ardore