Così
per un istante avevo creduto di vivere
come quando un giorno d’estate ti portano al mare
la prima volta
ora che tu non ricordi più
neanche il preciso momento
guardavi il verde dallo scoglio toccare il palmo del sole
distante un’idea
ed era tutto lì
secchiello e paletta e
castelli di noi
come un maglione pronto per l’inverno da indossare
quel profumo che ti porta chissà dove
il vento sulla strada
così ho assaporato la crostata di mele
fatta da mia nonna
il gelato al pistacchio che dal cono
piangendo si squagliava sempre
eppure non esiste una finzione più atroce
quel corto cannocchiale per bambini
con mondi di vetro e colori ed
uomini che ruotano nella camminata
di pazzi idioti sullo sfondo
così come esiste un inizio e una fine
il tempo della telefonata e dell’addio
dovuto
come il gambero rosso che torna ridendo
in dietro
la tazza per la colazione
e i fiori nella stanza
quando è ancora mezzanotte
e la luna è alta sulle spalle del cielo
quando i grilli d’improvviso non cantano
ed i corpi si fermano
sul crinale di un’azzurra
follia
allora tu mi baciasti
in quel letto di sfatto silenzio
una domenica di maggio tra le formiche
e negl’occhi tutta sola la tristezza
dell’amore.