Venere sei di seduzione,
canzone che pelle hai
di antica eppur mai transeunte preghiera
che di stagliarsi si compiace
su "Quella carezza della sera".
Sentinella essere sai
di sogni che svergognano confini,
rifulgente yankee
che sognando va la California,
e aggirarsi sa tra lingue di temibili tenebre,
anche "Senza luce".
E se così amorevole ti sveli
che di noi fai e sempre farai
ciò che ritieni e vuoi
dimmi, ora,
ma "Che colpa abbiamo noi"?
La nostra voce trascendi e trasporti,
fin dove l'uomo a se dischiude
dell'osare la sua scaturigine,
"Nel cuore e nell'anima".
Delle nostre chitarre ti nutri,
come se di noi fossi demiurga e creatrice,
tutti ci troverai a intonarti,
"Nel ristorante di Alice".
Dormono le nostre ugole
logore forse un po' dagli anni
eppur soavemente appagate
carezzate dalla luce di "Aldebaran".
Dovunque ti riveli
fascio di note
inesprimibile oltre l'inesprimibile
"Io ho in mente te",
carovana di mai dome emozioni
che non "Bisogna saper perdere".
Tu ci fosti a rimboccarci
coperte di nuvole e zucchero,
nel primo freddo che ci baciò
in quel "29 settembre".
Te ne prego, canzone,
prima che a coricarti ti accolga la sera,
carezza di luce e speranze sii,
per le anime prigioniere di "Una miniera"
perchè la vita abbia tutt'intera
il fruscio inebriante
di quel "Primo giorno di primavera".