Ode di impalpabile freschezza
della mia anima rosa talvolta
da lacerante,
pungente indolenza,
fosti ristoro e basaltico naviglio.
Ribollono le mie notti
di parole ipocrite
della maledizione specchio
di averti onorato, Dio
senza onorarti davvero.
Nella mia rilucente tonaca
rinchiuso giaccio
di fasci di preghiere ricolmo
tra annaspanti labbra deboli.
Soldato tuo volli essere
per svergognare la povertà
ma seppi mai essere io stesso
povertà che adorava l'umiltà?
Fedele fui,
sconvolto ascoltatore d'ogni male,
che rantolava e rantola
di perdono supplice
da voci che frusciano dal confessionale.
Elargire seppi
succo ristorante di perdono
ma seppi io stesso perdonare
il mio uman fallire?
La tua luce inventa
o Signore,
sul mio sguardo di prete tremante
che or si svela or si cela
dietro il fumo aspro e complice
d'una timida candela.
Tuo servo davvero sarò
e sempiterno
se mi saprò legger anche peccatore.
Viaggiano le mie orazioni
su una tenue carrozza di fiato.
Mai potrai perdonarmi
se uman sostegno non seppi essere
per un ragazzo solo e abbandonato?
Mai potrai aver pietà
se supporto non fui
ai sogni argentati di rinascita
di un povero immigrato?
Dio,
d'intangibile purezza volto e nome
mai chiederti oserò
di ritrovarmi santità
in questa malferma vita
che qualcuno vuole eterna guerra,
un solo grido proclamo,
essenziale e di lealtà,
"sii la mia voce per chi voce non ha
e sia fatta, ora e sempre
la tua volontà".