Vuoto il corridoio bianco neon
come un budello sterile respira
la sua inquietante insonnia dalle porte
verdi socchiuse, in Lunga Degenza
vegliano le facce luminescenti
dei monitor, litanie di bip
e lunghi fili bianchi trasparenti
intorcigliano il silenzio delle cose
dalla sala centrale, chiusa bene
la porta sul carnaio agonizzante
sussurri di risa, le tre infermiere
della notte si passano il caffè
nel letto
candida fra il candido dei lenzuoli
la mia bambina di novanta anni
respira. Nulla più. Chiusi gli scuri
sul mondo digitale, ella sogna.
Rivede scalze stagioni d’amori
e di carrozze, e corse a piedi nudi
quando il tempo, come il senso d’umane
vicende, in armonia sotto il sole
andava lento e profumava pane.
Mia nonna dorme, io sono qui
mi stiro sulla sedia in similpelle
aspettando l’alba. Dalla finestra
(un allegro profumino sa di piscia)
una luna gialla fra il fogliame spìa.
nonna, nonnina
la morte si avvicina
la fiamma traballa…
dal vetro un gran fragore di serranda
mi cattura: è l’edicola che apre
e gira il cigolìo della veranda.
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Castelnovo Monti, ospedale S. Anna, camera 218. Il 29 luglio 2007.
Io e mia nonna Stellina Chierici.
Endecasillabo sciolto con qualche buco, sottofondo “Sonata (op. 27 n. 2) al chiaro di luna” di Ludwig Van Beethoven eseguita dal maestro Arthur Rubinstein, nell’aria vago odore di alcool etilico.