Una valigia si srotola
arrancando affannata
dietro a gambe svelte,
distratte, perse nella nuvola
dell'indifferenza dell'io.
Un cartone, un giornale,
il sogno tramontato
di un futuro senza pena,
di un futuro normale.
Confinato nella terra di confine
dove l'aria ha l'odor stridente
di ferri, plastica e urina,
non c'è abito per la cerimonia.
S'incrociano i binari all'orizzonte
distendendo gli arti,
come quel fagotto rigido dalle braccia tese,
le stesse che ieri invano aveva protese.