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La Deriva degli Incontinenti ed il Ritorno dei Tellurici Titani

Li giro
e
li rigiro nei miei occhi

come fanali d'istanti
ogni vissuto
ha una sua eternità

rivedo
volti amati
luoghi sacri
infanzie perdute

incendi e boschi

ma
se guardo in fondo alla nostra anima

capisco la differenza che scorre tra lo scodinzolare di un nero girino e il saltar fuori dallo stagno di una verde ranocchia

quante eternità
hanno avuto solo il pallido biancore di un loro vissuto

infinite

Mentre si arrovella la mente per rendere la sua rossa cipolla una meta caramellata

la prendo tra le mie braccia
come se fosse una placca tettonica
e la inchiodo su un fondale marino

di magma
e di incandescenze divine

crebbero le stolide montagne

 

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5 recensioni:

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  • Don Pompeo Mongiello il 15/12/2014 18:13
    Un plauso sincero per questa tua stupenda.
  • franco picini il 23/11/2014 17:56
    Molto bella l'idea di una eternità fatta di singoli e separati istanti; forse resi tali dal ricordo che sembra, lui sì, capace di dare l'eternità a ciò che tocca. Ma i versi vanno oltre. Con un volo pindarico, travalicano i ricordi e investono l'evoluzione e la deriva degli/dei "incontinenti", fino alla nascita delle "stolide" montagne. Tra il serio e il faceto una bella e raffinata armonia di versi.
  • Anonimo il 23/11/2014 16:53
    Sublime, metafore preziose, personificazioni ardue... Grande Vi!!!
  • Rocco Michele LETTINI il 23/11/2014 10:18
    Versggio da recepire... Metafore da maestro... Serena domenica.
  • Luca il 23/11/2014 07:56
    Guardare con i nostri occhi il mondo esterno ed il mondo interno(la nostra anima), dove a volte quest'ultimo è più distrutto di quello esterno...

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