Seduto sul mio scoglio,
a pochi passi dalla spiaggia,
sento la brezza fra i capelli,
mentre respiro umida salsedine;
seguo le onde che una dopo l'altra,
in un ritmo costante, quasi di musica arcana,
vengono a lambire il sasso,
inondandolo di candida schiuma,
per poi ritirarsi a riprender la rincorsa.
Cullato da quel suono cadenzato,
incurante degli spruzzi sul viso,
penso a quanti occhi prima dei miei
si sono posati su questa azzurra immensità,
a quanti come me hanno ascoltato
l'incessante fragorosa risacca,
hanno sentito questo profumo di alghe,
persone svanite ormai nel tempo,
senza più volto, nè nome, nè ritorno.
E lui sempre lì, immutabile,
col suo perpetuo spumeggiante moto,
con la sua perenne voglia
di giocare e carezzare il mio masso.