Null'altro s'ode,
che sinfonie stridule,
di cortecce e foglie
schiave di urla diluviali,
pelle ignobilmente scottata,
dalla bifronte creatura di Prometeo.
Geme in lontananza,
d'una sigaretta l'anonima sagoma,
appartenuta a labbra
di ruscelli ramati,
di perfidia e follia imbevute.
Acqua giungerà
nobile e fraterna
a chiudere il tetro sipario
sul triste volto e consunto
di alberi che sorrisero timidi e maestosi
a una teoria di giorni di Natale,
e oggi primattori impotenti sono,
di un mesto,
vigliacco funerale.