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Da: Cupio Dissolvi

Risveglio traumatico.
L'ansia percuote il corpo sfibrato dalla ginnastica
nevrotica del maledetto.
Consumo avidamente il pasto dell'oblio,
ma non rallenta la tachicardia, sono
letteralmente annichilito dal dolore
acherontico del castigato.
Sono triste come il fiore che appassisce
sotto il peso della sua disillusine.
Forse era l'insonnia della notte,
o l'affanno di questo cuore guastato
dallo spleen a spingermi fuori casa
in preda alla smania di eroina.
E correvo lungo la strada infernale
del reietto, e arriuvavo tutto fremente
alla stazone dell'obio, e compravo
il rimedio al mio dolore, poi correvo
lungo la stradina di campagna, e lì,
alla luce della luna donavo il battito
straziante del mio cuore all'assenza
di esistenza: immerso nella dimenticanza
del drogato assumevo la posizione fetale
del conforto.

E mi risvegliai dopo un pò, le cicatrici
ardevano al posto dell'ali bruciate.
Cercavo l'ultima pietrina di eroina,
e insieme ad una birra tedesca e ad una
pasticca addolcivo il mio tormento.

E la Morte sembrava l'unico rimnedio veramente
efficace per lenire il mio supplizio prometeico

E vago nella tana labirintica del matto,
aspetto il mio sodale con la dose nella tasca,
preparo l'arnese al mio mmalanno, prendo
il cucchiaino, apro la pietrina di eroina,
la posiziono al centro, allungo un po' d'acqua
da iniezione; accendo l'accendino e faccio
scorrere la fiamma verso il centro finché
la polvere marrone non trasmuta nel liquido
leteo dell'abbandono.
Tiro verso l'alto lo stantuffo, cerco la vena
libera, inietto il preparato, e sprofondo
nel sonno lenitivo del drogato: e tutto si spegne
insieme alle mie palpebre che lentamente si chiudono
sul mondo ghettizzante del diverso.

 

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