E venne la pioggia
a sciogliere
le zolle strette a nodo.
E venne.
Si era fatta precedere
da editti di tuono,
aveva inviato missive di folgore
e tutti i giardini l'attesero
come sovrana
che visita il suo feudo.
E venne
con l'irruenza del turbine
e tutti i rami dei frutteti
furono scossi
da sferzate d'inattesa energia.
I passeri, presagita l'ora,
si misero al riparo sotto le grondaie
rassicuranti come braccia materne.
I poderi, dai loro recinti di attese,
ora rinvigoriti,
levavano al Sommo Giardiniere
lubriche risonanze di lode.
Da mille turiboli si levavano incensi
odorosi di afa
vapori/odori che solo la pioggia
riesce a staccare dai pori della terra,
dalle cose.
E più di rado, il tonante paggio,
che precede il regale passaggio,
suonava la sua grancassa
sempre più oltre.
Poi la terra
dei poderi,
dei cortili,
dei giardini,
del mio cuore,
piegò il capo sazia d'energia.
Anche i passeri,
usciti in franchigia,
si ristorarono
con le gocciole rimaste sulle foglie,
come acqua nella conca della mano.