quando conobbi il sesso, sentii la folla,
il vociare incatramato della furia dei popoli.
il sesso era una cosa da ragazzi svegli
e io lo presi, all'età di quindici anni
con quella che ancora oggi
posso considerare il mio unico vero amore.
la folla seguitava a dire sconcezze
"sventrala... vienigli sulla faccia
... riempila di sperma e gonfiala di botte".
la folla ci invitava a ballare una danza funebre
e senza ritorno; voleva vederci odiare
quello che avevamo sudato per conquistare,
voleva vederci odiare l'un l'altro,
sottostare al ritmo meccanico
di un miserevole e infimo gioco perverso.
la folla inveiva e si trastullava,
la potevi scorgere nelle discussioni tra vecchi nei bar,
nelle code al supermercato, nei rifornimenti,
negli ospedali, dove portantini in là con gli anni
consigliavano a giovani pazienti come muoversi
e cosa architettare per godere. la folla aggrediva
le orecchie, ci cacciava dentro tutta l'angoscia
e la morte del vivere quotidiano,
ma io, poco più che un bambino,
conservavo ancora la grazia e il pudore
che hanno reso quel momento,
quando conobbi il sesso, un momento
etereo ed incontaminato.
ero ancora puro
e lo sono rimasto,
mentre la furia resta furia
e i popoli invecchiano
con in testa un unico chiodo fisso.