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Amici miei

un tempo m'intrattenevo con i barboni.
barboni che stavano vicino alla mia scuola.
"vuoi che ti porti del vino, Andrija?"
"certo" diceva lui.
questi uomini se ne stavano
seduti tutto il giorno
sotto il ponte in una scalinata.
erano uomini interessanti,
uomini duri, vissuti
e avevano una cultura fatta nella strada
e raccontavano parabole di vita
dal senso spregiudicato e
molte volte profondo.
ci sedevamo il sabato pomeriggio
e bevevamo Tavernello da 1, 49€.
il sole, un'ottusa palla gialla di niente,
disegnava fugaci schizzi di bellezza
nelle loro facce malamente rasate.
erano belli, dannatamente vivi,
e avevano compiuto una scelta:
esistere nell'anarchia dello spazio e del tempo
invece che puntare a una comune rispettabilità.
i passeri,
i marciapiedi,
il vento caldo delle 3 del pomeriggio
erano cose soprattutto loro,
non posso credere di aver venduto
me stesso
alle braccia di un'esistenza comune.
oggi coltivo la creatività,
è un modo meno pericoloso
e assai più vile
di restare attaccato al carro
della libertà.

 

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1 commenti     2 recensioni    

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2 recensioni:

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  • roberto caterina il 04/10/2016 05:00
    Hai ragione, è un modo più vile e meno pericoloso e spesso piagnucoloso... Piaciuta.
  • Anonimo il 03/10/2016 10:20
    Meravigliosa. Il mio sogno è sempre stato quello di andarmene su per i boschi a scrivere poesie in perfetta solitudine. Un caro saluto.

1 commenti:

  • Gianni Spadavecchia il 05/10/2016 10:09
    Poesia affascinante. Sicuramente questo nostro scrivere, con o senza viltà, ci rende liberi!

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